LO SCIOPERO INDETTO DALLA CGIL È PIÙ CHE LEGITTIMO! Si è perso anzi tempo ad indirlo. La pandemia sta diventando un affare per i ricchi (Grandi imprese farmaceutiche, grande industria, banche, ecc.) e sta sempre più impoverendo ed emarginando giovani, pensionati e lavoratori dipendenti. La sanità pubblica si occupa solo di Covid ed il servizio sanitario nazionale, previsto dalla legge 833, non esiste più da decenni. (fv)
LA BELLEZZA DI SCIOPERARE
di Christian Raimo
Si
dice che si viva sempre in un’epoca di transizione, ma quello che
ormai è evidente è che viviamo in un’epoca di fine. Il novecento
è stato un secolo lunghissimo, a dispetto delle sue interpretazioni
affrettate, che non smette di finire.
Stiamo dentro almeno tre
crisi planetarie: il cambiamento climatico, quella del patriarcato,
quella del neoliberismo (ovvero della fase più avanzata del
capitalismo). C’è un mondo che sta finendo e un altro che fatica a
iniziare. Questa fatica è espressa dall’egemonia del distopico: ci
affanniamo a trovare un nuovo realismo. La pandemia ha fatto
deflagrare, ha evidenziato, ha accelerato questi processi che stavano
emergendo anche nella scena pubblica. Quello che prima era
sottotraccia, inconscio, ora è visibile.
Ma
come finiscono le cose? In che fase di queste crisi siamo? Come
vengono distrutte, superate queste forme di dominio predatorio di un
essere vivente sugli altri esseri viventi, di un genere sugli altri
generi, di una classe sull’altra?
All’apparenza in una forma
melodrammatica. Dovunque si piange, dovunque assistiamo alle lacrime
pubbliche di chi finora ha praticato questo dominio e ora sente che
non è più possibile, o allo scioglimento del trucco come in un film
di Luchino Visconti: le lacrime di Elsa Fornero, le lacrime di
Allegra Stratton, la tintura che cola sul volto di Rudolph Giuliani
nella conferenza stampa dopo Capitol Hill…
Ma questa modalità comprende solo una parte della performance della fine. La forma che questa fine prende è nella maggior parte dei casi diversa. Non melodrammatica, ma aggressiva, cinica quando non sadica, indifferente: è la forma del backlash – come l’ha definito Susan Faludi -, del contrattacco, dell’esasperazione parossistica di quel dominio.
Di fronte a una crisi irreversibile, ecco cosa abbiamo: negazionismo, recrudescenza, misoneismo, delegittimazione del nuovo, della critica, del conflitto, del dissenso. Ogni dialettica è negata, quella della storia più delle altre; per questo il distopico è diventato così mainstream, anche nell’entertainment e dilaga: perché è la forma della fantascienza che non apre a un mondo nuovo, ma stira fino alla tensione massima il presente.
Ma c’è un sintomo in più che dobbiamo cogliere in questa crisi multifattoriale. La crisi estrema, la fine che non finisce, si mostra come una ferita narcisistica. Se per il patriarcato sembra essere giunta una crisi irreversibile che tenta di contenersi come una crisi di mezz’età, assumendo forme di reiterazione del dominio in modalità che sembrano meno predatorie: il paternalismo, o il patetico (come chi si tinge i capelli o Weinstein che cammina con il girello); dall’altra parte invece il neoliberismo con le sue promesse mancate e i suoi danni planetari non solo non accetta la possibilità di una sua seria crisi, ma reagisce come un narcisista di fronte alla mancanza di consenso, di plauso. Come è possibile? Come mai non ti piaccio? Eppure finora era così. Come è possibile che un governo dei migliori non solo venga sostenuto da tutto il parlamento ma non abbia le fanfare a ogni angolo di strada? Come è possibile che nonostante tutta la bontà di chi decida i destini collettivi, qualcuno decida di non applaudire e scioperare?
Ecco la ferita narcisistica. Qualcuno che dice: non mi piace. Nonostante quel dominio si presenti in forme più suadenti e dolci: resilienza, educazione alla responsabilità, ripartenza, valore sociale, rigenerazione urbana… Cosa deve fare di più per piacere?
Eppure in massa, ovunque, cominciano a dichiararsi i no. Netti, argentini, rotondi.
Le grandi dimissioni sono un fenomeno globale che si amplierà. È come se un fronte di Bartleby si stesse affacciando al mondo e dicesse, con pacata determinazione, Preferirei di no.
Di fronte a questi no, come nel racconto di Bartleby, si impazzisce: cosa succede? Perché? Bartleby si è ammalato all’improvviso? Tutta questi no sono sintomi di depressione collettiva, di irresponsabilità, di mancanza di buon senso?
Il
conflitto, il dissenso viene così delegittimato.
Ma questa
delegittimazione non è una novità. Margaret Thatcher è la prima a
avere l’intuizione che poteva minare nel profondo la cultura del
lavoro del movimento operaio. Nel 1984-1985 il Regno Unito è
attraversato da un leggendario sciopero dei minatori: dura 51
settimane, coinvolge 165mila lavoratori, e finisce con una resa da
parte del sindacato della National union of mineworkers, sconfitto
dall’intransigenza della iron
lady.
Ma a Margaret Thatcher non basta vincere, vuole delegittimare la
battaglia: uno degli elementi che usa per sfiancare/trattare i
sindacati a la proposta di spesare le spese psicologiche degli operai
che avrebbero perso il lavoro. Il conflitto viene ridotto a disagio,
a trauma.
Il quarantennio del neoliberismo nasce così insomma, come un dominio sociale e sulla psiche. Quale è allora la novità attuale?
Finora
questa delegittimazione attraverso la patologizzazione è riuscita. I
decenni che abbiamo vissuto ci hanno mostrato come questo conflitto
venisse preso in carico e introiettato da
chi subiva il dominio.
Oggi può andare diversamente? Sì. La
pandemia ha slatentizzato sia l’aggressività del dominio nelle sue
forme di backlash, sia ha permesso di fare acting out a chi sentiva
ma non riusciva a legittimare il conflitto, ha dato la possibilità
ai subalterni di emanciparsi non solo dal dominio dalla
patologizzazione della crisi.
È come se arrivato il tempo di ribaltare le diagnosi: ovvero il tempo che la ferita narcisistica del capitalismo sanguini. Si può scioperare, dimettersi, sindacalizzarsi, rivendicare diritti, senza dover minimamente cedere alle lusinghe o alle proiezioni del capitalismo che dice Ma come? Non ti piaccio più? Sei sicuro?
La risposta è un bellissimo no.
Articolo ripreso da minima&moralia domenica, 12 Dicembre 2021 ·
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