non sono madre che per equivoco
di tempi e di spazi
e amante, e figlia (altri nomi non mi appartengono)
per funzione di donna
e non di rito
ho studiato molte mani
(le dita soprattutto)
e molte soglie
ho imparato dalle file in fondo alle quali
poteva non esserci nulla, o un’arancia;
ho ascoltato
ho conosciuto codici, e merci,
e le posture delle vetrine,
e le panchine vicino agli stagni
potrei anche aver amato,
ma non credo di averlo capito,
perché le sincronia è inavvertibile
se non è postuma
e solo una cosa so -
il canto è artificio,
eppure non si vive che per conquiste di inganni
***
stringo la tua mano tra le gambe,
perché cerchi quello che non troverà;
a nessuno si dice l’inaudito,
a nessuno il segreto
se non vuoi che si violi
la casa della memoria
si chiama carne
questo,
essere cosa
per le tue mani
e allora smetti di chiedere
se hanno un nome
le cose,
e un nome ha anche
questa tua mano,
e la lingua,
che si beve
la mia distrazione,
tra le cosce
che sanno di terra
dillo quel nome
prima che sia io a dirlo,
facendone ridondanza
di silenzi
esistono leggi di ritmo,
ma se il ritorno confonde la soglia,
il sonno delle tue donne borghesi
non vale la veglia della mia bocca,
non vale la tua mano
e il suo nome
FRANCESCA TUSCANO
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