Omicron e la riscoperta dell’Africa
Laura BuroccoC’è molto allarmismo sulla variante omicron, che non è la prima e non sarà certo l’ultima. Per ora sappiamo solo che si diffonde piiuttosto velocemente, come spiega bene la professoressa Penny Moore (University of Witwatersrand, Johannesburg), la persona che l’ha scoperta e caratterizzata (vedi Pillole di ottimismo del 29 novembre). Per valutarne la portata e le conseguenze, bisogna aspettare notizie serie per qualche settimana, quel che qui – soprattutto i media mainstream – non sono abituati, non vogliono e sono perfino convinti di “non poter” fare. Mai. Potremmo invece subito cominciare a ragionare in profondità su quel mondo “misterioso” che chiamiamo “Africa” e sulla relazione che abbiamo con chi ci vive. L’ottimo articolo che ci ha inviato Laura Burocco, rientrata da pochissimo proprio dal Sudafrica, è molto denso di spunti: dal disinteresse all’infantilizzazione, dalla prospettiva neocoloniale a quella caritatevole, passando per la negazione dell’autonomia e dell’ascolto fino all’incapacità di riconoscerla come soggetto con cui cooperare, magari non pretendendo di impartire ma di riceverne qualche lezione
La variante Omicron dimostra come antiche divisioni nord sud siano ancora forti e vive e come in realtà non ci sia nessun proposito, o politica, intenzionata a smantellare le logiche su cui da secoli l’occidente stabilisce le sue inique relazioni di potere. La situazione, vista dal Sudafrica, infastidisce per due ragioni. Una legata allo sproporzionato e tempestivo allarmismo esploso e alimentato da media, Unione Europea e governi nazionali occidentali. La seconda è la continua infantilizzazione del continente, riprodotta anche nei commenti di persone ‘dalla parte’ dell’Africa. Africa?
A cosa ci si riferisce quando si parla di Africa? Agli occhi dell’Europa sembra esistere un paese chiamato Africa il quale sembra dovere alla sua colonizzazione una identità nazionale, nonché una storia. Ogni Paese africano ha invece la propria storia pre-coloniale, coloniale, post-coloniale e contemporanea, così come le proprie diversità che l’Europa non si sforza neppure di considerare. Eppure nel XXI secolo sarebbe ora che l’Europa cominciasse a far pace con la perdita della sua centralità e iniziasse a guardare al continente africano non più come a un sottomesso, ma come a una parte importante della geopolitica globale, smettendola di emettere giudizi che altalenano tra l’interessato e il compassionevole.
Allarmismo. È curioso perché, fino ad alcuni giorni fa, nessuno in Europa – tranne forse alcuni addetti ai lavori – sembrava interessato all’andamento della situazione COVID in Africa. Il dibattito in Italia era troppo impegnato sulla questione terza dose, green pass, super green pass, obbligo vaccinale, bambini si o no, libertà di movimento, manifestazioni no-vax, l’intricata definizione delle diverse anime del movimento no-vax. In più la situazione europea, e il riproporsi insistente dei dati quantitativi riguardanti la pandemia e la divisione del paese in fasce colorate.
Mentre nulla si diceva dell’Africa in Sudafrica, invece, l’onnipresente informazione sulla situazione pandemica europea veniva presentata di forma piuttosto allarmante. Come effettivamente sembrerebbe essere, se non fosse che ora l’attenzione è concentrata sulla disperazione di chi cerca di abbandonare il Sudafrica il prima possibile.
Ma per andare dove? I dati dei contagi riportati dall’OMS nelle 24 ore successive al grido di allarme nuova variante erano: UK: 46.654; Germania 76.414; Francia 33.320, Olanda 22.274, Austria 14.330 la più commentata anche qua vista la decisione del drastico lockdown a tutte le persone non vaccinate, Italia 13.756. Il Sudafrica ha registrato 2.465 nuovi casi.
Non si tratta di essere negazionisti della variante sudafricana. La rapidità con cui si è diffusa nel Gauteng merita l’attenzione che gli studiosi gli stanno dando (da 700 a 2000 casi in 3 giorni), ma non è la prima volta che varianti appaiono. E sicuramente non sarà l’ultima.
E se ha senso essere spaventati, e anche vero che per ora la sola cosa che possiamo fare è aspettare la disponibilità di maggiori dati scientifici. Tale reazione da parte dell’emisfero nord è lo specchio della sua incapacità di affrontare il problema con la oggettività e la freddezza richiesta. Non si tratta di compassione ma di egualitarismo.
Ma del resto non ci si dovrebbe stupire. La forma che l’Europa tratta, ormai da anni, la situazione migratoria è inaccettabile. Non solo umanamente, ma anche legalmente. Obbliga a chiedersi quali siano i contenuti rimasti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ogni pronunciamento di Ursula von der Leyen dovrebbe, al minimo, sollevare dubbi riguardo la sua correttezza politica all’interno di decenti relazioni diplomatiche internazionali. Invece questo non accade. Se il governo Bolsonaro in Brasile ha dato adito alla libera manifestazione di espressioni razziste da parte della società, lo stesso accade in Italia. E lo stesso sta accadendo in tutta Europa. È grave che la comunità europea non solo non lo questioni radicalmente, ma forse neppure ormai se ne renda conto.
Infantilizzazione. Esiste inoltre un discorso diffuso secondo il quale la ‘povera Africa’ – questa massa uniforme nera di cui abbiamo paura e compassione – non ha accesso ai vaccini. Per quanto sia legittimo questionare la strategia della somministrazione della terza dose italiana rispetto all’urgenza di vaccinare i cittadini del continente africano è necessario anche riconoscere che il discorso è più complesso di quello che sembra, non solo nella civilizzata Europa. Stiamo parlando del Sudafrica. Appunto, il continente Africano è fatto di enormi differenze.
Dopo le difficoltà iniziali il paese dispone del vaccino eppure, anche in Sudafrica esiste chi non si vuole vaccinare, per svariate ragioni, molte delle quali pure simili a quelle dei no-vax italiani. Non è un privilegio solo europeo. È importante non ridurre il continente a povero, e quindi sottintendere sempre che sia senza autonomia di pensiero e di azione.
Come in Europa, come in Italia, come in qualsiasi paese del mondo, in Sudafrica le persone fino a pochi giorni fa vivevano la propria estate, con la stessa simile sensazione di onnipotenza. La masking policy è soggettiva, variabile, ma direi tendenzialmente debole. All’entrata di ogni locale si legge no mask-no entry, ma molte delle persone non indossano mascherine.
È estate, fa caldo, le persone sono in spazi aperti, il tasso di contagio era bassissimo. Per questo forse una delle prime dichiarazioni pubbliche della Presidenza, in seguito al divieto del Regno Unito, è stato quello di richiamare i cittadini Sudafricani alla ‘disciplina’.
Sottintendendo sia il rispetto delle norme sanitarie sia un richiamo alla vaccinazione. Il governo spera che questa variante serva a fare accorrere i cittadini riluttanti. Prima ancora del discorso sulla eticità della obbligatorietà del vaccino – che ha di per sé causato una opposizione al vaccino – e i relativi rimandi alla costituzione e salute pubblica è importante considerare il ruolo della fiducia data al governo.
Come in Italia, in Sudafrica i media hanno giocato un ruolo importante nel creare timori e incertezze. Esistono dubbi se i vaccini siano sicuri, perché correttamente conservati o perché donati scaduti dal ‘primo mondo.’ Esiste una mancanza di informazione chiara e accessibile oltre al proliferare di fake news nei social media causa del maggiore numero di esitanti tra i 18-34 anni.
Transparency International ha denunciato inoltre il numero crescente di segnalazioni di corruzione legate alla pandemia di COVID-19. Queste denunce avvengono nell’anno dell’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma per corruzione, fatto che a luglio ha portando il paese a vivere due settimane di drammatici scontri interni come non si registravano dagli anni 90.
Inoltre il primo registro di vaccinazione degli over 60 aveva funzionato molto male creando un certo discredito, e le drastiche misure – si pensi alle sparatorie contro chi avevano infranto il lockdown a Johannesburg o al divieto di vendere alcool e sigarette – non hanno aiutato il rapporto con il governo.
Ci sono poi difficoltà di ordine logistico: come le lunghe code ai posti di vaccinazione, la difficoltà di accesso alle strutture, sia per la distanza che il costo di viaggio. E infine esistono le teorie della cospirazione anche in Sudafrica, e le chiese giocano un ruolo importante. Queste sono solo alcune delle ragioni di cui parla il il South Africa COVID-19 and Vaccine Social Listening Report di un mese fa. Come ovunque, non esiste un unico pensiero o una unica azione.
Ma ciò che preoccupa è che invece che applaudire alla forma che gli scienziati sudafricani stanno affrontando la situazione, la denigrazione dell’Africa australe rischia di mettere in ombra il loro contributo.
È grave che l’Europa scelga di ricorrere al proprio isolamento invece che fare cordata e creare sinergia con lo sforzo sudafricano, contribuendo anche economicamente (ricordando che oggi ad 1 euro corrispondono 18.44 rand), per esempio con i tracciamenti interni, ad ora piuttosto scarsi, oppure pensando a finanziamenti di campagne di diffusione di vaccinazioni in aree rurali o l’appoggio infrastrutture sanitarie precarie. Di cui nessuno, in un eccesso di afro ottimismo, vuole negare la necessità.
Il problema attualmente in Sudafrica è la capacità del sistema sanitario di reggere un’eventuale emergenza, a cui si aggiunge la drastica disuguaglianza nel continente in termini di accesso al vaccino. Mentre il mondo presenta il Sudafrica come isolato, l’Europa, con i suoi muri per mare e per terra, forse non appare meno isolata al continente africano.
È una questione di prospettiva. Invece che inutilmente isolarsi l’Europa dovrebbe ammettere la realtà che questo virus sembra essere molto più forte di lei, e che a poco serve scappare da Omicron, perché è ormai con lei, come testimonia il continuo crescere di notizie di casi accertati in vari paese europei. Quindi se non vuole risultare patetica, oltre che razzista, dovrebbe pensare urgentemente ad una nuova strategia di collaborazione con il sud del mondo non solo quando riguarda questioni di avanzo dei propri interessi economico finanziari.
Dato al 30 .11
UK: 46.654; ORA 36.507
Germania 76.414; ORA 29.364
Francia 33.320, ORA 31.642
Olanda 22.274, ORA 22.193
Austria 14.330 ORA 9.732
ISudafrica 2.465 ORA 2.858
Una versione leggermente ridotta di questo articolo è uscita su il manifesto
ARTICOLO TRATTO DA https://comune-info.net/omicron-e-la-riscoperta-dellafrica/
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