di Mirion Malle. Prefazione di Mar_Lard
[Esce oggi per L’Orma editore Commando Culotte. Scorribande di genere nell’intimo della cultura pop, un saggio a fumetti di Mirion Malle (traduzione di Elena Vozzi e Lorenzo Flabbi) che prende in esame la rappresentazione sessista delle donne e discriminazioni di genere nel cinema e nelle serie TV americane. Presentiamo qui un capitolo del libro, accompagnato da estratto dall’introduzione di Mar_Lard. Cliccando sulle tavole le si potrà leggere e ingrandire in una nuova scheda. Riprendo questo bel pezzo da http://www.leparoleelecose.it/?p=41656 ].
Prefazione
di Mar_Lard
Stai tornando a casa alla fine di una giornata di lavoro: le strade sono tappezzate di immagini di ragazze in pose lascive, photoshoppate e riprodotte in formati di ogni dimensione. Ti butti sul divano davanti a un film: la fidanzata del protagonista viene stuprata e sgozzata sotto i suoi occhi, scatenando la sua furiosa sete di vendetta. Finisci il tuo videogioco preferito: con un bacio appassionato la principessa ti ringrazia di averla salvata. Incappi in una serie tv: il serial killer ha colpito ancora, aggiungendo il cadavere di una sesta giovane alla sua sanguinosa messa in scena erotica. Apri il libro che hai sul comodino: una donna d’affari vi è descritta come «eccessivamente sicura di sé, troppo mascolina, eppure attraente». Sarebbe fin troppo facile cedere alla tentazione di scrollare le spalle e dire «è solo finzione». Ma in fondo cos’è la finzione se non lo specchio della società che la produce? I romanzi, i film, le serie e i media in generale non esistono in un universo separato dal nostro, bensì si evolvono con la nostra società e contemporaneamente contribuiscono a farla evolvere. Ciò che creiamo parla di noi, nutre il nostro immaginario e le nostre riflessioni: chi potrebbe pretendere in tutta sincerità di non essere mai stato influenzato, o quantomeno profondamente scosso, da una storia? Non per niente è proprio con le storie che educhiamo i bambini. La finzione, insomma, colora la nostra visione del mondo.
Allora come spiegare l’uniformità delle rappresentazioni nei media? Corpi femminili sempre giovani, bianchi, magri e innanzitutto desiderabili per gli uomini. Donne sistematicamente sessualizzate dal testo o dalla macchina da presa, talvolta fin nella sofferenza o nella morte. Donne considerate alla stregua di trofei, oggetti da conquistare che gli uomini si strappano l’un l’altro di mano. Donne condannate a restare comprimarie, in secondo piano, accessori romantici per le avventure dei maschi. Donne non bianche ridotte a stereotipi esotici. Madri, sorelle, figlie, amanti vengono aggredite, rapite, massacrate al solo scopo di motivare i protagonisti maschili. Molestie, violenze, abusi romanticizzati ed erotizzati. Lo stupro fantasticato da registi e sceneggiatori, impiegato come strumento narrativo per punire o per spezzare un personaggio femminile. Tutto ciò cosa dice di noi? Quali idee corrobora e veicola? Quella che in fondo alle donne piace essere perlomeno un po’ forzate, che sono eccitanti quando si trovano in situazioni di vulnerabilità, che esistono soltanto in funzione degli uomini e che è nel loro interesse (a costo altrimenti di venire considerate prive di valore) apparire quanto più desiderabili secondo criteri ottusi, razzisti, contraddittori e irraggiungibili.
Nessun commento:
Posta un commento