Braccianti invisibili anche nella protesta. "Ascoltateci o lasceremo campi deserti"
Articolo di SILVIA RENDA pubblicato da www.huffingtonpost.it il 19/5/2021
“Abbiamo
manifestato perché per troppo tempo il sangue che scorre lungo la
filiera agricola, l’inferno dello sfruttamento, si è scontrato
contro il muro dell’indifferenza”. Aboubakar Soumahoro ieri
era a Roma,
a guidare il corteo dei braccianti. Sono arrivati fino a piazza
Montecitorio, per far salire il loro grido di
sofferenza fino alle stanze della politica, per gettare luce su un
“dramma disumanizzante che si sta consumando tra le mura di casa
loro”. “La filiera fa oltre 538 miliardi di euro di valore di
mercato, ma poi ci sono donne che non hanno la possibilità di fare
visite ginecologiche perché non hanno la residenza” dice Soumahoro
ad Huffpost, “Ci sono lavoratori a cui è stato negato tutto:
lavorano 12 ore al giorno per un salario misero, di 3 euro e 50
all’ora. Dormono nei tuguri, nelle baraccopoli, tra le lamiere. Non
possono affittare una casa, non possono permetterselo. Lavorano 20
giornate al mese, ma all’Inps ne vengono notificate quattro, il che
significa che non avranno i requisiti per la disoccupazione
agricola”.
Si definiscono “invisibili” perché è come
se nessuno li vedesse, nessuno si interessasse a loro, nonostante sia
anche per il loro sfruttamento che paghiamo poco il cibo che mettiamo
sulle nostre tavole. E quindi è sparendo veramente che sperano di
far notare la loro presenza: se le loro richieste non saranno
accolte, sciopereranno in piena stagione di raccolto. I campi saranno
vuoti, senza nessuno che zappi la terra, che raccolga i prodotti:
“Condizioneremo la stagione di raccolta. Il ministro delle
politiche agricole dovrebbe venire ad ascoltarci nel fango della
miseria e dello sfruttamento. Andasse il ministro del Lavoro a
zappare la terra e si renderebbe conto che la maggior parte dei
braccianti hanno problemi di schiena. Il presidente Draghi venisse ad
ascoltare le nostre ragioni. I campi, in piena stagione, saranno
deserti”.
Quello che i manifestanti chiedono – trainati da
Soumahoro, italo-ivoriano, attivista della Lega Braccianti – è
anche il rilascio del permesso di soggiorno per emergenza sanitaria e
il vaccino per tutti: “Serve un permesso di soggiorno per emergenza
sanitaria che sia convertibile per attività lavorativa. Uno
strumento indispensabile. Ci sono donne che non riescono a fare
visite ginecologiche. Viviamo una disuguaglianza vaccinale. Perché
non dare l’accesso ai lavoratori, agli invisibili, per metterli in
sicurezza? I senza casa, i precari, devono essere vaccinati”.
Un’altra proposta da tempo portata avanti da Soumahoro è l’introduzione della “patente del cibo”: una riforma della filiera agroalimentare che parta dai semi fino alle forchette, che garantisca alle cittadine e ai cittadini un cibo eticamente sano. Lo Stato deve intervenire per assicurarsi che a zappatori e contadini venga garantito il rispetto dei diritti salariali, previdenziali, di sicurezza sul lavoro. La tutela parte dai contadini, passa dai rider e arriva fino ai cittadini: “Uno strumento messo a disposizione dallo Stato e non dalla filiera delle etichette, che vedono aziende pagare strutture terze per dire che loro rispettano diritti. Lanceremo un’iniziativa di legge popolare per elaborare una proposta di legge di riforma della filiera agricola, con l’introduzione della patente del cibo”.
Braccianti,
italiani e di altra provenienza geografica subiscono miseria, fame,
sfruttamento, caporalato. Gli stessi ai quali durante la pandemia è
stato chiesto di continuare a lavorare, a produrre cibo per le
famiglie confinate in casa. Indispensabili, ma invisibili. Senza
tutele: “Avevamo una norma sul caporalato, la 1369 del 1960,
abolita dal governo Berlusconi nel 2003: riguardava il divieto di
intermediazione e interposizione nella prestazione di lavoro. È
stato distrutto tutto, delegando alla magistratura quello che deve
essere il compito della politica, del sindacato, degli ispettori del
lavoro, dei centri dell’impiego”. Soumahoro cita il sindacalista
Giuseppe Di Vittorio, le sue domande che gli suonano ancora attuali:
“È giusto che in Italia mentre i grandi monopoli continuano a
moltiplicare i loro profitti e le loro ricchezze, ai lavoratori non
rimangano che le briciole? È giusto che il salario dei lavoratori
sia al di sotto dei bisogni vitali dei lavoratori stessi e delle loro
famiglie? È giusto questo?”.
“Accetto
lo sfruttamento perché altrimenti non avrei da mangiare” - I
braccianti senza diritti sono italiani o stranieri. Per entrambi
lavorare in nero significa accogliere un compromesso: lo sfruttamento
in cambio del cibo. Senza quel lavoro non avrebbero da mangiare,
accettano allora quel lavoro nonostante le condizioni mortificanti.
Ce lo racconta Mamadou, 41 anni, partito dall’Africa nel 2015 e sbarcato a Lampedusa. Nella sua terra d’origine ha lasciato la famiglia, i genitori e il figlio sono morti poco tempo dopo che lui se ne era andato. Ora lui vive nel “Gran Ghetto” di Torretta Antonacci, in provincia di Foggia, dove tra container e baracche dormono numerosi braccianti agricoli. Un mese fa un gruppo di individui armati li ha attaccati, due raid nel giro di 48 ore, in cui i braccianti erano come prede per cacciatori. “Avevano in mano pistole. Avevo paura di morire. È stato terribile”, ricorda Mamadou.
Lui si sveglia tutte le mattine alle 4, poi lavora per circa dodici ore: “Il lavoro in nero costa poco per loro. Alcuni non ci pagano proprio: non ho un documento, non ho un contratto, non posso dimostrare di aver lavorato”. Di Soumahoro parla con ammirazione: “Ci insegna cosa sono i diritti e qui mancano. Ci fa avere del cibo ogni tanto. D’inverno c’è poco lavoro, la gente non ha i soldi neanche per comprarsi da mangiare”. Forte dell’insegnamento di Soumahoro, Mamadou è pronto a chiedere di più: “Non sappiamo quando questo finirà, continueremo a manifestare per avere un cambiamento. Anche se non possiamo avere tutto quello che chiediamo, ci basta qualcosa per migliorare”.
Articolo ripreso da: https://www.huffingtonpost.it/entry/braccianti-invisibili-anche-nella-protesta-ascoltateci-o-lasceremo-i-campi-deserti_
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