Ieri abbiamo abbiamo sommariamente manifestato la nostra sorpresa per la citazione di Don Milani fatta dal Commissario Europeo Sig.ra Ursula von der Leyen. Oggi ci torniamo in modo più riflessivo ed argomentato con un articolo di uno dei migliori allievi della Scuola di Barbiana, Francesco Gesualdi, autore di diversi studi sull'opera di Don Milani. (fv)
L’Europa va a lezione a Barbiana?
Francesco GesualdiPer una volta, diciamo la verità, ha fatto più piacere che scalpore che la presidente della Commissione europea, per l’apertura dello State of the Union all’Istituto universitario europeo di Firenze, abbia citato Don Lorenzo Milani. Le parole pronunciate ieri, 7 maggio, non sembravano vuota retorica. Oggi, però, evidentemente colta da un trasporto inusuale quanto spregiudicato per la cultura italiana, la signora von der Leyen ha corretto il tiro ispirandosi al miglior “gattopardismo” da Prima Repubblica: tutto deve cambiare perché nulla cambi. La leader dei cristianodemocratici tedeschi non è Donald Trump. Ha studiato archeologia, economia e medicina, tra le altre cose, e ha avuto 7 figli cui avrà probabilmente insegnato il valore di un impegno. Se arriva a sostenere che “We Care” deve diventare il motto dell’Unione, è improbabile che non sappia di cosa stia parlando. A scanso di equivoci, però, glielo ricorda qui Francesco Gesualdi, uno degli allievi della Scuola di Barbiana. Noi di Comune lo conosciamo da tempo immemorabile come uomo che sa bene cosa significhi annunciare un impegno rigoroso con un “I care” e cosa, invece, significhi farlo con la demagogia dei potenti. Gesualdi sostiene spesso che l’UE deve decidere se privilegiare i mercati o i cittadini, ma quel che vede non lo rende certo ottimista. La presidente si è assunta una grande responsabilità, scrive, e deve agire di conseguenza. In primo luogo verso i migranti e coloro che, in fuga dalla guerra, vengono respinti e aggrediti dai cani alla frontiera est. E poi verso tutti i cittadini meno protetti dell’UE che, in tempo di austerità, sono stati privati di un lavoro, di cure mediche, di scuola e sacrificati in nome dell’altare del debito. La signora von der Leyen lo tenga presente e, magari, concentri maggiormente il suo entusiasmo per la cultura italiana sull’educazione più che sulla letteratura
Per dovere di cronaca va precisato che don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana, il motto “I care” non lo aveva scritto su un muro, ma sulla porta che separava la scuola dalla sua camera.
Un particolare non secondario perché essendo il punto di ingresso nell’unico spazio in cui a sera si ritirava in privato, voleva annunciare lo spirito che aleggiava in quello spazio e quindi nella sua persona.
Uno spirito di tale assunzione di responsabilità verso le creature che la vita gli aveva messo davanti da avere dimenticato totalmente se stesso e uno spirito di tale coerenza verso la verità da avere saputo accettare tutte le conseguenze che la difesa della verità spesso comporta.
E non lo ricordava per narcisismo, ma come invito a noi allievi a fare altrettanto, ricordandoci che se la società è ingiusta, violenta, predatrice, la responsabilità non è solo del potere che impartisce ordini sbagliati e scrive leggi ingiuste, ma anche di tutti coloro che quegli ordini e quelle leggi le eseguono.
Ed ha fatto bene Ursula von Der Layen a ricordare il motto I care proprio quando, dall’altra parte dell’Atlantico, Joe Biden ha annunciato di voler appoggiare la richiesta avanzata da Sudafrica e India di sospendere le regole internazionali a difesa dei brevetti sui vaccini e ogni altro farmaco utile a sconfiggere la pandemia.
Ha fatto bene perché ciò che in Europa ci è meno noto è che la decisione di Biden non giunge come un fulmine a ciel sereno, ma come conseguenza di una forte pressione popolare organizzata negli Stati Uniti da parte delle organizzazioni umanitarie che hanno fatto arrivare a Biden milioni di messaggi a favore della sospensione.
Per questo la sua decisione è la vittoria di milioni di persone che in cuor loro hanno detto “I care” ed hanno preso l’iniziativa di agire per manifestare il proprio pensiero e insistere finché il loro Presidente non ha deciso di stare dalla parte delle persone piuttosto che delle multinazionali farmaceutiche.
Un’iniziativa ancor più lodevole perché non attuata a favore di se stessi, ma di persone lontane, africani, indiani, latino americani, che rischiano di non poter essere vaccinati a causa degli alti costi imposti dai brevetti.
Ma il vero spirito dell’I Care è proprio questo: si agisce non perché se ne trae un vantaggio, ma perché non si tollerano la sofferenza, l’ingiustizia, l’umiliazione, il sopruso, il latrocinio, a chiunque siano inflitti.
Ed allora Ursula von der Layen deve ricordarsi che, avendo preso l’impegno solenne, per giunta a Firenze, di volere assumere lo spirito di I Care a livello personale e della politica dell’Unione Europea, si è assunta una grande responsabilità.
La responsabilità di agire di conseguenza, applicando l’I Care prima di tutto verso i migranti. Verso tutte quelle donne, quegli uomini, quei bambini che dopo essere fuggiti da zone di guerra si trovano respinti, addirittura aggrediti dai cani alla frontiera est dell’Unione Europea.
E I Care verso tutti coloro che, cercando di fuggire dai lager libici, si mettono in mare per raggiungere la sponda Sud dell’Unione Europea, ma in caso di avaria vengono lasciati annegare o ripescare dalla guardia costiera libica che li riporta nei lager dai quali hanno cercato di fuggire.
Ed I care verso tutti i cittadini meno protetti dell’Unione Europea che in tempo di austerità sono stati privati di un lavoro, di cure mediche, di scuola, sacrificati in nome dell’altare del debito.
Un tema, quello del debito, tutt’altro che superato, perché ora che l’Europa ha deciso di indebitarsi per sostenere la transizione ecologica e la ripresa sociale, sarebbe beffardo se domani, dovesse ripristinare l’austerità per ripagare il debito fatto oggi in nome dell’I Care.
Finché siamo in tempo sarebbe meglio proporre di rivedere i trattati, in particolare quelli che regolano le funzioni e i meccanismi di funzionamento della Banca Centrale Europea affinché la moneta, al pari dei vaccini, sia gestita come un bene comune al servizio della piena occupazione, della promozione dei servizi pubblici e della tutela della natura.
Grazie dunque, signora von Der Layen, per averci ricordato il valore di “I Care”, ma per favore sia un faro per i tanti cittadini che la guardano affinché di quello spirito sia dato l’esempio migliore.
Articolo ripreso da https://comune-info.net/leuropa-va-a-lezione-a-barbiana/
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