04 aprile 2023

IL CASO TANDOY

 



Il maledetto imbroglio del caso Tandoy, l'ex capo della squadra mobile di Agrigento, ucciso ad Agrigento dalla mafia di Raffadali il 30 marzo del 1960, è al centro de L'ORA LIBRI di domani, domenica 26 marzo. Fu il primo caso di trattativa tra la mafia e lo Stato, e di questo parla L'imbroglio di Sergio Buonadonna e Massimo Novelli edito da Navarra. Con gli autori ne discutono Roberto Leone da Palermo e Luigi Mula da Agrigento.


L'ASSASSINIO TANDOY, IL SESSO E LA MAFIA

IL MALEDETTO IMBROGLIO DI AGRIGENTO

È la sera del 30 marzo 1960, l'ex Commissario della Squadra Mobile di Agrigento Aldo Tandoy rientra in casa con la giovane moglie, l’affascinante Leila Motta. Ad attenderlo quattro proiettili calibro 7,65 sparati da un metro di distanza. Tre lo colpiscono in pieno, l’altro centra il giovane studente Ninni Damanti che lì si trova con i compagni di scuola per ritirare una versione di greco.

Il duplice delitto scuote la città. Un funzionario di Polizia stimato e ammirato da tutti e un ragazzo non ancora diciassettenne freddati nel pieno centro di una città già accarezzata dalla ‘dolce vita’.

Il caso viene subito chiuso, i solerti investigatori non hanno dubbi, è un delitto passionale: Leila Motta e il Prof. Mario La Loggia, personaggio di spicco della società agrigentina e non solo, gli ‘amanti diabolici’ hanno pianificato l’omicidio che per un tragico errore ha coinvolto un ragazzo innocente.

Il caso diventa nazionale, la stampa riempie le prime pagine. L'Ora non ha dubbi: è mafia. A condurre l’inchiesta due cronisti, uno dell'Ora di Palermo, l'altro de La Sicilia di Catania che saranno accomunati dalla stessa tragica sorte: Mauro De Mauro ed Ezio Calaciura.

Nasce così un maledetto imbroglio di mafia e politica che investe la ‘città bene’, che svela retroscena intimi, che si permea di falso moralismo e bieco conformismo.

Un penoso raggiro per colpire le ambizioni politiche dei La Loggia che è stato anche la prima trattativa Stato-mafia, come L'imbroglio rivela.

La lunghezza esasperante delle indagini, favorita dal depistaggio iniziale abilmente orchestrato, ha certamente tenuto lontano almeno i mandanti irriferibili del delitto, il cui processo di primo grado si concluderà otto anni dopo con molti ergastoli e poca verità.

Sergio Buonadonna e Massiomo Novelli





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