François Jullien, Essere o vivere. Il pensiero occidentale e il pensiero cinese in venti contrasti, traduzione di Emanuela Magno, Feltrinelli, Milano 2016.
Dalla recensione di Mario Porro, Doppiozero, 5 ottobre 2016
… da noi la filosofia, a partire da Parmenide, ha pensato il reale in termini di Essere; le cose sono enti isolabili dotati di proprietà distinte, ogni entità è sostanza, argomenta Aristotele, composta di materia e forma (eidos, l’idea di Platone diventata principio immanente), ed è la forma ad assegnare le caratteristiche agli enti. Si apre qui una diramazione del pensiero, si produce una “piega” che traccia i solchi nel campo del pensabile: a venire esclusa è la possibilità di pensare il reale come processo di continua trasformazione, come fa invece la cultura cinese. Per essa, la forma è solo il provvisorio arrestarsi di un flusso da cui non è isolabile, è solo in trasformazione; e la forma non viene attribuita a una causa esterna al fenomeno, ma a una “propensione” immanente, già implicata in essa. Propensione ci fa uscire dal regime della causalità, tanto caro al nostro sapere (scire est scire per causas), anche scientifico, e dunque dell’“esplicazione”, per introdurci in una logica della costante implicazione. Il che da subito sgombra il campo non solo dalla messa in scena di un Dio che sia “causa” del mondo, ma anche dalla valorizzazione del soggetto, dotato di Libertà e Volontà, che progetta, si prefigge dei fini in nome di ideali da conseguire, e con la sua Azione trasforma la realtà. La Cina, già dai testi relativi all’Arte della guerra, non affida la sua strategia dell’efficacia alla genialità del comandante, al coraggio dell’eroe, non glorifica l’attivismo del soggetto individuale; l’abilità del comandante (e oggi del manager) sta invece nel lasciare evolvere il potenziale di situazione a proprio vantaggio, secondo il principio di Laozi, “agire senza agire”: non restare in attesa o confidare in altro (Dio o chi per lui), ma sfruttare la situazione perché l’effetto desiderato sfoci dalla sua naturale evoluzione.
http://www.doppiozero.com/materiali/francois-jullien-essere-o-vivere
Se provate a pensare la politica a partire da una riflessione come questa, vi accorgete che il mondo, la realtà non sono una scacchiera in cui bisogna muovere dei pezzi e poi registrare le reazioni dell’avversario: altri pezzi che si spostano, altre mosse appunto. Il quadro sia esso una scacchiera o un paesaggio con figure ha una vita propria. E’ abitato da tensioni. Le figure nel loro comportamento non dipendono da noi, hanno una loro ragion di vita e seguono propensioni facilmente riconoscibili. Si può quindi avere un’idea dei cambiamenti in corso.
Pensate ora agli editoriali della stampa italiana. Sembrano scritti da strateghi frettolosi se non da demiurghi. La domanda implicita è: come si può raggiungere un determinato scopo? Secondo l’editorialista, l’attore ritenuto meritevole di un sostegno dovrebbe muoversi in un certo modo. Le controparti si dovrebbero invece adeguare, potrebbero approdare in tal modo a posizioni più realistiche e ragionevoli.
La domanda su dove va il mondo in una certa fase, su quali sono gli obiettivi delle forze in campo, sulle effettive possibilità di vittoria per l’una o l’altra tendenza viene posta molto di rado. L’importante sembra essere il trionfo della ragione sull’errore.
Gli attori politici a loro volta non si conformano a logiche tanto stringenti. Stanno dentro una realtà che include anche le altre forze presenti sul terreno. Piazzano dei colpi e, quando sono bravi, tengono conto dell’ andamento successivo della battaglia, per poter mutare tattica, se occorre, al momento opportuno.
A ben vedere, la Cina è vicina più di quanto ci sia dato immaginare. (Giovanni Carpinelli)
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