21 agosto 2014

FRANCESCO MISIANO E LA RIVOLUZIONE TRADITA






Francesco Misiano, comunista italiano emigrato in URSS, perseguitato come deviazionista trosco-bordighista, fu l’uomo che inventò la “Hollywood rossa”. Dagli archivi del Pcus riemerge la sua avventura


Giancarlo Bocchi

L’italiano della Potemkin


Cosa ci facevano Mary Pickford e Douglas Fairbanks, “la fidanzata d’America” e il “Robin Hood a stelle e strisce”, per le strade della Mosca bolscevica del 1926 inseguiti da uno stuolo di cineoperatori tra due ali di folla in delirio? Chi aveva reso possibile quell’evento incredibile che non vedeva i leader della Rivoluzione d’Ottobre ma i due divi simbolo dell’America raccogliere tanto calor di popolo?

L’autore di quel miracolo era stato Francesco Misiano, un italiano. Il suo nome, cancellato nel dopoguerra e oggi sconosciuto ai più, suonava invece familiare negli anni ‘20 e ‘30 alle orecchie di Sergei Eisenstein, Thomas Mann, Dos Passos, Maksim Gorkij, Bernard Shaw, Bertold Brecht, Vsevolod Pudovkin, Charlie Chaplin, Albert Einstein.

La sua vita straordinaria è indissolubilmente legata alla storia del cinema e in particolare all’“età dell’oro” del cinema russo. Capolavori come La Corazzata Potemkin non sarebbero mai arrivati ad un successo internazionale e epocale senza il suo intuito. Inventore della cosiddetta “Hollywood rossa”, Misiano fu in sostanza il più grande produttore cinematografico dell’Unione sovietica. Riuscì a realizzare quattrocento tra film e documentari.

“Sono nato nel 1884 in Calabria. Mio padre era un sarto, mia madre un’istitutrice. Fino a sei anni ho vissuto a Ardore, il mio paese. Quando ne ebbi nove anni mio padre diventò cieco...” scriverà Misiano nel 1930 in un documento finora inedito presentato a sua difesa davanti alla Commissione di epurazione del partito comunista quando le cose per lui e per tanti altri nell’Urss di Stalin cominciarono ad andare male. Ferroviere, a vent’anni Misiano aderisce al Partito socialista. Pacifista e antimilitarista, diserta e raggiunge Zurigo dove conosce Lenin.

Poi è a Berlino dove, armi in pugno, è al fianco di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht per difendere la sede del Vorwärts, l’organo del partito socialdemocratico tedesco. Dopo sei giorni d’assedio, finite le munizioni, viene arrestato e rinchiuso in carcere per dieci mesi. Eletto deputato nel ’19 torna in Italia, va a Fiume e subisce la “condanna a morte” di D’annunzio: “Il miserabile disertore tenta di entrare nella città per fare opera di sobillazione. Dategli la caccia e infliggetegli il castigo immediato, a ferro freddo!”.

Durante il “biennio rosso” partecipa all’occupazione delle fabbriche e nel 1921, assieme a Gramsci e Bordiga, è tra i fondatori del Partito comunista d’Italia. Viene aggredito da un gruppo di deputati fascisti e nazionalisti che dopo averlo picchiato lo rasano, lo coprono di vernice e di sputi obbligandolo a sfilare con un cartello al collo. Torna a Berlino, dove contribuisce a fondare il Soccorso operaio internazionale e dove gli viene finalmente proposto di aprire una sede dell’organizzazione in Urss e qui di realizzare film e documentari per autofinanziare l’organizzazione. Ecco dunque Mosca, l’Unione Sovietica, il cinema.

L’Urss appariva in quegli anni ancora molto aperta e tollerante, perfino verso quelle avanguardie artistiche che avevano prodotto i progetti più visionari, la pittura di Rodcenko, di Malevic, il teatro di Mejerchol’d, il cinema di Dziga Vertov. Quando la Nep, la nuova politica economica di Lenin, comincia a promuovere l’iniziativa privata anche in campo culturale, Misiano si lancia nell’impresa di creare e dirigere la sezione cinematografica del Soi.

Nasce così la Mezrabpom Film. E si apre per lui una nuova stagione, la più frenetica, la più esaltante.

Sono anni di continui viaggi in tutta Europa a reperire pellicole, a presentare e diffondere i film sovietici e ad importarne dall’occidente, a sovrintendere a nuove produzioni in Russia, a creare un terreno d’incontro tra la nuova cinematografia sovietica e registi come Hans Richter, Erwin Piscator, Joris Ivens, intellettuali come Béla Bàlazs, attori, scrittori, musicisti. La sua malandata Lincoln decappottabile scorrazza per le vie di Mosca con a bordo i maggiori protagonisti della cultura progressista europea, e il suo piccolo appartamento di Mosca diviene meta abituale dei più noti cineasti sovietici e sede di interminabili dibattiti di estetica. Ma il suo cruccio principale è un altro ed è tutto politico: la creazione di un fronte antifascista mondiale, il più largo possibile, per tentare di superare i settarismi.

“Che diavolo è diventato il nostro partito, che suppone dappertutto compagni in atto di far piani che danneggiano gli altri compagni e il partito? E cosa diventerà, se si trasforma in una serie di persone che si sentono perpetuamente minacciate dal proprio compagno?”. Così scriveva a Terracini, nel 1923. Ad un anno da quella lettera, Misiano subirà il primo processo politico da parte della “Centrale italiana”.

L’accusa è di aver gestito inadeguatamente nel 1922 la distribuzione di aiuti durante la carestia nelle regioni del Volga. “Il caso Misiano” viene smontato in poche settimane dalla potente Commissione di controllo del Comintern che annulla e sconfessa, con grande delusione di Palmiro Togliatti, le decisioni prese dalla Commissione del Partito Comunista d’Italia.

Messi provvisoriamente a tacere i suoi nemici, Misiano impegna tutte le sue energie intellettuali e creative nella Mezrabpom Film. Nel giro di pochi anni produce centosessanta film e duecentoquaranta documentari, da grandi capolavori come La madre, La fine di San Pietroburgo e Tempeste sull’Asia di Pudovkin a pellicole di genere (polizieschi, comici, sentimentali, commedie) più tantissimi film per bambini, soprattutto cartoni animati estremamente innovativi, veri gioielli di tecnica e di creatività.

Le sale cinematografiche di tutta la Russia si riempiono fino all’inverosimile di spettatori incantati da storie in cui riconoscono la loro vita di tutti i giorni, come ne La casa in piazza Trubvaja e ne La ragazza con la cappelliera, o si lasciano trasportare nel mondo fantastico de Le avventure di Mr. West nel paese dei bolscevichi e perfino in mondi alieni come quello di Aelita di J.A. Protazanov che incita all’insurrezione i proletari del pianeta Marte.

La Hollywood rivoluzionaria di Misiano investe in tutti i generi, ma sempre con un livello tecnico elevatissimo, utilizzando sia autori tradizionali che innovatori, sia divi del teatro che volti ancora sconosciuti. I film della Mezrabpom fanno ridere, piangere e pensare milioni di cittadini sovietici. E affascinano le platee di tutto il mondo con le vicende della rivoluzione d’Ottobre, grazie soprattutto alla Corazzata Potemkin che è proprio Misiano a esportare e distribuire attraverso la Prometeus Film fuori dai confini dell’Urss.

Ma sul nascere degli anni ’30 gli spazi di libertà cominciano a chiudersi. A Mosca si apre l’epoca grigia dei piani quinquennali, del realismo socialista, dell’unanimismo, della caccia ai trotskisti e ai “pacificatori”. L’internazionalismo solidale del Soccorso operaio internazionale comincia ad apparire un corpo estraneo, perfino ostile, alle strategie staliniste del “socialismo in un paese solo”. Partono ripetute condanne di “intellettualismo e formalismo” che coinvolgono le iniziative e le produzioni del Mezrabpom.

Quanto ai rapporti con i compagni di partito in Italia, da alcuni documenti da noi ritrovati negli Archivi riservati sovietici emerge che dal nucleo dei comunisti vicini a Togliatti, con cui Misiano aveva continuato a mantenere un rapporto problematico, partono attacchi politici e personali più duri che mai. Quando scrive “Hitler andrà al potere. Il partito comunista sarà distrutto. Per decine di anni la classe operaia tedesca sarà vinta” la sua analisi viene etichettata come “prospettiva opportunistica della disfatta, cavallo di battaglia del troschismo rivoluzionario”.

Agli inizi del 1934, ancor prima dell’assassinio di Kirov e della definitiva resa dei conti di Stalin con gli oppositori interni, Paolo Robotti, cognato di Togliatti e responsabile del Club degli internazionali, accusa Misiano di aver sostenuto in Tenebre, un dramma teatrale d’impronta pacifista del 1918, “una tesi antileninista” e di aver esaltato “la diserzione dall’esercito borghese”, una tesi “massimalista quindi antirivoluzionaria”. Misiano viene pesantemente accusato anche sul giornale murale del Partito con nove articoli e due vignette: “Per sei sere abbiamo discusso inutilmente col compagno Misiano per mostrargli i suoi errori. Ma inutilmente…

Le sue ultime parole sono state una sfida contro il collettivo”. Anche la moglie, Maria, viene presa di mira. Accusata di far “opera di disgregazione…” è sospesa per un anno dal Club degli internazionali. Misiano scrive diverse appassionate difese delle sue idee e del suo operato, ma vengono definite dai suoi accusatori “non operaie... non comuniste… una prova in più della sua mentalità individualistica piccolo – borghese”.

“So bene che nella vita del Partito, una parola mal collocata in una Commissione d’inchiesta può uccidere un uomo”, annotava Misiano già nel 1923 a margine della sua prima autodifesa. La profezia si avvera nel 1936. Viene proposto al partito bolscevico dell’Urss la sua espulsione. Misiano si ammala e muore il 16 agosto del 1936 in un sanatorio. Si diffonde la voce che sia stato assassinato. Tre giorni dopo, a Mosca, comincerà il primo dei grandi processi staliniani.


la Repubblica - 17 Agosto 2014 

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