12 luglio 2014

SIMONE WEIL SUL FARDELLO DELL'IDENTITA'



Un brano tratto da un libro di recentissima pubblicazione. Una riflessione di grandissimo interesse sull'esoterismo cristiano.

Simone Weil


Cristianesimo misterioso


Il sig. Herrmann, uno dei più autorevoli latinisti francesi (maggiore assai di Carcopino), ha stabilito recentemente, attraverso un significativo raffronto di testi, la piena verosimiglianza di un influsso cristiano nella Roma degli anni dopo la morte di Cristo, non soltanto nelle fila dei giudei, ma tra le famiglie nobili romane, e in particolare negli ambienti stoici. Secondo lui vi fu una propaganda cristiana fra i giudei di Roma nell'anno stesso della morte di Cristo, e tutte le persecuzioni contro gli ebrei sotto Tiberio, Caligola e Claudio ebbero la loro radice nel cristianesimo.

Del resto vi sarebbe stato in Roma, a partire da Tiberio e Caligola, nel ceto nobiliare romano, tutto un ambiente di cristiani o di simpatizzanti. Seneca sarebbe stato un mezzo cristiano, se non perfino un battezzato in segreto. Pisone, figlio adottivo dell'imperatore Galba, destinato a succedergli se non l'avessero ammazzato, sarebbe di famiglia cristiana e cristiano senza dubbio anche lui.

Trascorso poco tempo dalla Passione di Cristo, Erode venne relegato a Lione con un folto corteggio, in mezzo al quale è pressoché certo vi fossero dei cristiani. Il fratello di latte di Erode era cristiano.
 
 

Si comprende in tal modo come abbia potuto nascere la leggenda del Graal, inconcepibile se non nei termini di una mescolanza di druidismo e di cristianesimo. Il fatto che vi sia stata mescolanza è la prova che druidismo e cristianesimo si riconobbero come religioni sorelle. Nemmeno stupisce che un reciproco riconoscimento sia avvenuto fra cristianesimo e stoicismo.

San Giovanni è tutto impregnato di stoicismo e di pitagorismo, senza dubbio ancor più di quanto non riusciamo noi oggi ad accorgercene. I nomi assegnati a due delle tre persone della Trinità derivano dagli stoici. 
Il fatto che sovrani di una grandezza pari a quella degli antonini e specialmente di Marco Aurelio abbiano più tardi perseguitato i cristiani, si spiega solo con la supposizione che la vita catacombale, illegale, e in particolar modo l'attesa imminente della fine del mondo avessero dovuto inoculare fra quei ranghi una quantità di soggetti criminali e rendere il loro influsso autenticamente pericoloso. Ma la cosa più singolare è il segreto serbato a riguardo delle affinità del cristianesimo con le religioni e i filoni sapienziali dell'antichità non ebraica.



Il nazionalismo impediva nei giudei di Palestina fattisi cristiani il riconoscimento di questa affinità. Una pregiudiziale di questo tipo non esisteva affatto in san Giovanni. Ma i testi lasciano ben trasparire che in san Paolo, benché apostolo delle genti, vi era un certo fanatismo nazionale. Per parte sua l'Impero romano, allorquando fece della religione cristiana la religione ufficiale, dovette fingere di averla grosso modo inventata.

La Palestina martirizzata non dava più noia, e del resto l'insieme dei cristiani disconosceva l'antica legge nel momento stesso in cui professava di richiamarvisi. Ma in che modo l'Impero romano avrebbe mai accettato l'aperto riconoscimento di una continuità esistente fra il cristianesimo e il pitagorismo, la religione di Eleusi, il druidismo, il culto di Osiride, le religioni di tutti i territori conquistati da Roma?

Non andava bene che il cristianesimo fosse eterno. L'eternità non giova alla ragione di Stato. Un mistero avvolge i primi tempi del cristianesimo. Strane lacune compaiono nei testi degli storici. Analogamente un certo numero di testi greci si è smarrito, come il Prometeo liberato di Eschilo, e molti altri di cui sentiamo grande mancanza. L'oscurità, molto probabilmente, non si produsse a caso. Genera stupore anche il fatto che la verità non abbia cercato rifugio a Bisanzio.

Tuttavia questa ingerenza governativa non è arrivata a penetrare nel dogma. Nessun pronunciamento della Chiesa afferma che non esistano religioni rivelate, o testi sapienziali, estranei alla tradizione giudaico-cristiana. L'elenco dei libri canonici espunge semplicemente gli apocrifi sottentrati nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Nessun accenno al Timeo di Platone, alle Upanishad o al Libro dei morti egiziano. A questo riguardo, per quale motivo Giuseppe e Maria andarono fino in Egitto? Quale messaggio vi appresero? Qualunque ipotesi è lecita in merito.

Quando il Cristo, in uno dei suoi discorsi più belli e più importanti, parla di coloro che fanno la verità, poiountes alêtheian, l'espressione – salvo errori – non è ebraica né greca (bisognerebbe chiedere a esperti veri dell'ebraico). Viceversa in egiziano Maât significa a un contempo verità e giustizia. «Signore della Verità, ti offro la verità. Ho sconfitto per te il male».


(Il brano è tratto dal volume di Simone Weil, Il fardello dell'identità. Le radici ebraiche, Edizioni Medusa, a cura di Roberto Peverelli. con saggi di Paul Giniewski e Georges Bataille)

il Sole24ore – 15 giugno 2014

Simone Weil
Il fardello dell'identità. Le radici ebraiche
Medusa, 2014
16,00



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