05 novembre 2017

L. SCIASCIA, Come combattere la mafia



Nel libro Un onorevole siciliano, pubblicato nel 2009 da Bompiani, Andrea Camilleri raccoglie e commenta le interpellanze parlamentari di Leonardo Sciascia, nel breve periodo in cui lo scrittore di Racalmuto fu deputato per il Partito Radicale, tra il 1979 e il 1983. In uno dei commenti esplicativi di Camilleri ho trovato una secca informativa su Boris Giuliano, il commissario di polizia ucciso dalla mafia nel 1980, e su ciò che avvenne dopo l'omicidio. L'insieme mi pare molto educativo. 
 
Boris Giuliano (al centro in borghese)
Boris Giuliano, capo della Squadra mobile di Palermo, è un giovane poliziotto, acuto, instancabile e dotato di eccezionali qualità: Tra l'altro scopre i canali del traffico di droga tra gli Usa e la Sicilia e porta alla luce gli stretti legami tra la mafia e il banchiere Sindona. La cupola lo ritiene troppo pericoloso e ne decreta la condanna a morte.
La mattina del 26 luglio 1979, davanti al palermitano bar Lux, il commissario Giuliano viene freddato con sette colpi di revolver dal boss Leoluca Bagarella. Aveva 49 anni.
Per rendere più sicura la "normalizzazione" al posto di Giuliano va Giuseppe Impallomeni, piduista, tessera 2213: Questore di Palermo sarà nominato Giuseppe Nicolicchia, anche lui piduista tesserato. ( Andrea Camilleri, op. cit. pag. 63)

Come combattere la mafia

Leonardo Sciascia 



Poco fa mi è stato chiesto di riconoscere quello che avevo detto alla televisione francese, cioè che la relazione di minoranza dell’onorevole Niccolai è una cosa molto seria; l'ho detto alla televisione francese - a Palermo, non a Parigi - perché me lo hanno chiesto. Se me lo avesse chiesto la televisione italiana lo avrei detto ugualmente: non esito a ribadirlo qui.
Ci sono delle cose utili; si evince, per esempio, chiaramente che i marescialli dei carabinieri ed i commissari di pubblica sicurezza quasi sempre hanno fatto il loro dovere, ma è più in alto che non si è fatto quello che si doveva fare.
E voglio parlare di queste cose semplicemente, magari aneddoticamente.
Sono stato molto vicino al povero commissario Giuliano quando indagava sul caso De Mauro; l’ho seguito osservandolo, perché era un uomo discretissimo, non parlava di nulla che avesse attinenza con il suo ufficio. Ho notato però una sorta di diagramma nel suo comportamento; era partito con una certa euforia, credeva ad un certo punto di essere giunto alla meta, poi l’ho visto deluso.
Una sola volta mi ha detto una frase rivelatrice: “Mi creda, il ministro dell’interno dovrebbe essere altoatesino!” Ora, io non credo che i ministri dell’interno debbano essere altoatesini, ritengo anzi che la lotta contro la mafia si debba ascrivere a molti siciliani, non da ultimo a Simone Gatto; ricordo anzi una sua pagina molto interessante, tradotta in un film di Germi. Non credo, dunque, che i ministri dell'interno debbano essere altoatesini, credo però che debbano comportarsi come tali.
Anni fa ho tentato, il più sinteticamente possibile, di dare una definizione della mafia; ho detto che essa era una associazione a delinquere, con fini di illecito arricchimento per i propri associati, che si poneva come intermediazione parassitarla imposta con mezzi di violenza fra la proprietà ed il lavoro, tra la produzione ed il consumo, tra il cittadino e lo Stato. Credo che tale definizione sia ancora valida, malgrado siano cambiate tante forme, malgrado sia aumentato il volume delle cose. Si tratta di un fenomeno senza dubbio in espansione: la democrazia non ha molti mezzi per combatterlo, ma uno è essenziale, importante, vi si può ricorrere senza venir meno ai principi stessi della democrazia. Nella mozione comunista è detto, ad un certo punto, che il fenomeno mafioso si può combattere “riformando il sistema delle misure di prevenzione secondo criteri che introducano forme di controllo sugli illeciti arricchimenti”. Secondo me, è questo il punto: l'illecito arricchimento. Questa proposta va benissimo, ma bisogna allargarla, estenderla; il controllo, cioè, deve estendersi anche a noi, che stiamo su questi banchi, a coloro che siedono sui banchi del senato, a coloro che siedono nelle assemblee regionali e nei consigli municipali, non trascurando nemmeno certi funzionari e certi ufficiali che hanno il compito di prevenire e reprimere appunto il fenomeno mafioso.


Leonardo Sciascia, Seduta della camera dei Deputati del 26 febbraio 1980. Ora in A. Camilleri, Un Onorevole siciliano. Le interpellanze parlamentari di Leonardo Sciascia, Bompiani 2009, pp.58-60.

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