17 novembre 2017

K. MARX, LA SICILIA E I SICILIANI







Mi sembra interessante proporre la lettura di un articolo sulla Sicilia e i siciliani scritto da K. Marx nei primi mesi del 1860 quando l’isola era ancora sotto il dominio borbonico. L’ articolo venne scritto per la "New York Tribune".
Il testo, segnato dalla cieca fiducia sulle“magnifiche sorti e progressive” del genere umano, pur contenendo diverse inesattezze e tanta retorica sicilianista, è un documento storico di notevole interesse. Il passo più attuale di tutti mi sembra questo:
Attualmente, l'oppressione politica, amministrativa e fiscale schiaccia tutte le classi della popolazione; e queste ingiustizie sono sotto gli occhi di tutti.” (fv)

Marx: La Sicilia e i siciliani

In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani. Quasi dal tempo in cui Polifemo passeggiava intorno all'Etna, o in cui Cerere insegnava ai siculi la coltivazione del grano, fino ai giorni nostri, la Sicilia è stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza. I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni parte del mondo, importati nell'isola per via di traffici o di guerre; e poi di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà.
Più di trenta secoli fa gli aborigeni della Sicilia opposero resistenza come meglio poterono al predominio degli armamenti e all'arte militare degli invasori cartaginesi e greci. Vennero resi tributari, ma non furono mai del tutto sottomessi né dagli uni né dagli altri. Per lungo tempo la Sicilia fu il campo di battaglia dei greci e dei cartaginesi; la sua gente fu ridotta in rovina e in parte resa schiava; le sue città, abitate da cartaginesi e greci, furono i centri da cui oppressione e schiavitù si diffusero all'interno dell'isola. Questi primi siciliani, tuttavia, non persero mai l'occasione di lottare per la libertà, o almeno di vendicarsi quanto più potevano dei loro padroni cartaginesi e di Siracusa. I romani infine sottomisero cartaginesi e siracusani, vendendone come schiavi il maggior numero possibile. Furono così venduti tutti in una volta 30.000 abitanti di Panormo, la moderna Palermo. I romani fecero lavorare la terra siciliana da innumerevoli squadre di schiavi, allo scopo di sfamare i proletari poveri della Città Eterna con il grano siciliano. In vista di ciò, non solo resero schiavi gli abitanti dell'isola, ma importarono schiavi da tutti gli altri loro domini. Le terribili crudeltà dei proconsoli, pretori, prefetti romani sono note a chiunque abbia un certo grado di familiarità con la storia di Roma, o con l'oratoria ciceroniana. In nessun altro luogo, forse, la crudeltà romana arrivò a tali orge. I cittadini poveri e i piccoli proprietari terrieri, se non erano in grado di pagare lo schiacciante tributo loro richiesto, erano senza pietà venduti come schiavi, essi stessi o i loro figli, dagli esattori delle imposte.
Ma sia sotto Dionigi di Siracusa che sotto il dominio romano, in Sicilia accaddero le più terribili insurrezioni di schiavi, nelle quali popolazione indigena e schiavi importati facevano spesso causa comune. Durante la dissoluzione dell'impero romano, la Sicilia fu assalita da vari invasori. Poi i mori se ne impadronirono per un certo periodo; ma i siciliani, soprattutto le popolazioni originarie dell'interno, resistettero sempre, con più o meno successo, e passo dopo passo mantennero o conquistarono diversi piccoli privilegi. Quando le prime luci avevano appena cominciato a diffondersi sulle tenebre medievali, i siciliani avevano già ottenuto con le armi non solo varie libertà municipali, ma anche i rudimenti di un governo costituzionale, quale allora non esisteva in nessun altro luogo. Prima di ogni altra nazione europea, i siciliani stabilirono col voto il reddito dei loro governi e dei loro sovrani. Così il suolo siciliano si è sempre dimostrato letale per gli oppressori e gli invasori, e i Vespri siciliani restarono immortalati nella storia. Quando la casa di Aragona ridusse i siciliani alle dipendenze della Spagna, essi seppero come mantenere più o meno intatti i loro privilegi politici; e fecero la stessa cosa sotto gli Asburgo e i Borboni. Quando la rivoluzione francese e Napoleone espulsero da Napoli la tirannica famiglia regnante, i siciliani - incitati e sedotti dalle promesse e dalle garanzie inglesi - accolsero i fuggiaschi, e li sostennero nella lotta contro Napoleone col sangue e col denaro. Tutti conoscono il successivo tradimento dei Borboni, e i sotterfugi o le impudenti smentite con cui l'Inghilterra ha cercato e continua a cercare di nascondere il fatto di avere slealmente abbandonato i siciliani e le loro libertà alle tenere grazie dei Borboni.
Attualmente, l'oppressione politica, amministrativa, e fiscale schiaccia tutte le classi della popolazione; e queste ingiustizie sono sotto gli occhi di tutti. Ma quasi tutte le terre sono ancora nelle mani di un numero relativamente piccolo di latifondisti o baroni. In Sicilia vengono tuttora mantenuti i diritti medievali del possesso della terra, salvo che chi coltiva non è più un servo della gleba; non lo è più circa dall'undicesimo secolo, quando divenne un libero fittavolo. Le condizioni dell'affitto sono, tuttavia, generalmente così oppressive, che la stragrande maggioranza degli agricoltori lavora esclusivamente a vantaggio dell'esattore delle imposte e del barone, producendo a malapena qualcosa in più rispetto alle imposte e all'affitto, e rimanendo essi stessi o disperatamente, o almeno relativamente, poveri. Pur producendo il famoso grano siciliano e frutti eccellenti, costoro vivono miseramente di fagioli tutto l'anno.
Ora la Sicilia è di nuovo insanguinata, e l'Inghilterra è la distaccata spettatrice di queste nuove orge dell'infame Borbone, e dei suoi non meno infami favoriti, laici o clericali, gesuiti o uomini d'arme. I chiassosi declamatori del parlamento britannico riempiono l'aria di vuote chiacchiere sulla Savoia e i pericoli della Svizzera, ma non hanno neppure una parola da dire sui massacri delle città siciliane. Non un grido di indignazione si leva in tutta Europa. Nessun capo di governo e nessun parlamento chiede la messa al bando di quell'idiota assetato di sangue di Napoli . Solo Luigi Napoleone, per questo o quello scopo - naturalmente non per amore della libertà, ma per rafforzare la sua famiglia o l'influenza francese - può forse fermare il macellaio nella sua opera distruttiva. L'Inghilterra griderà alla perfidia, sputerà fuoco e fiamme contro il tradimento e l'ambizione napoleonica, ma i napoletani e i siciliani saranno alla fin fine i vincitori, anche sotto un Murat o qualsiasi nuovo dominatore. Ogni cambiamento non sarà che verso il meglio.

(Marx-Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XVII, pagg. 375-377).


1 commento:

  1. Questo pezzo ha suscitato un vivace dibattito sul mio diario fb. Riprendo di seguito alcuni dei commenti pervenuti:

    Bernardo Puleio: Luigi Napoleone e non Luigi Filippo: avevo capito male. Strano l'elogio di Napoleone III in Marx

    Francesco Virga: Oltre a questa ne ho viste altre. Ma la cosa più sorprendente per me è vedere certe forme di becero sicilianismo in un articolo di Marx e mi chiedo ancora come siano potute arrivare fino a lui! Ma dove lo ha visto Marx il "popolo siciliano" combattente?

    Emanuele Cardella: Mi dispiace contraddirla. Ma tutta la storia siciliana, dall’antichità al 900, è costellata di rivolte (ne cita alcune con l’aiuto di Wikipedia)

    Francesco Virga: Le rivolte indicate sommariamente da Marx e quelle citate da Emanuele Cardella - che riprende acriticamente dati Wikipediani presenti anche in tanti mediocri manuali scolastici di storia - non sono state delle vere rivolte popolari. La maggior parte di quelle rivolte - con la sola eccezione dei Fasci del 1894 e del Movimento dei contadini per l'occupazione delle terre dell'ultimo dopoguerra - sono state tutte pilotate dai baroni e dalle classi dominanti del tempo antico. Altro che rivolte popolari!


    Emanuele Cardella: Sono d'accordo qui è difficile non nego che le classi dominanti in alcuni casi hanno avuto dei ruoli fondamentali, ma è anche vero il contrario. Ma a me i fenomeni di riduzione dei processi storici non piacciono, oltre ad essere fuorvianti. Sono argomenti che ho approfondito tanto è non possono essere semplificati. Se si analizzano tutti i casi di rivolta anche quelli avvenuti singolarmente in zone specifiche della Sicilia, ha ragione Marx quando dice che non c'è popolo che ha subito più domini del popolo siciliano e ha ragione quando dice che arrivati ad un certo punto ci siamo sempre ribellati, poi andare a confrontare chi sia stato a far partire queste rivolte e le loro specifiche motivazioni e chi invece le rivolte le ha fatte e quali siano state a loro volta le loro motivazioni è un atto che restituisce dignità alla nostra storia.

    Franco Lo Piparo: Anche i grandi possono dire stupidaggini. Presto ti farò un elenco dello stupidario sulla Sicilia, siciliani complici. L'articolo di Marx è tra questi.

    Rosso Malpelo: Valutare l'articolo giornalistico (perché di questo si tratta, credo) come un saggio storico ritengo sia sbagliato. Ancor di più dare un giudizio sulle conoscenze storiche di Marx, che scriveva quando scriveva, sulla Sicilia alla luce del bagaglio di conoscenze storiografiche del tempo mi pare sia altrettanto sbagliato. Inoltre, mi pare che Marx dimostri una conoscenza incredibilmente dettagliata per uno che non era uno storico specialista. Ancora, sullo spirito rivoluzionario dei siciliani vorrei solo dire che non si può esprimere un giudizio definitivo che copra l'intero arco della storia della Sicilia. Lo spirito rivoluzionario, si piega, purtroppo si piega, proporzionalmente alla violenza della repressione. Il sacrificio di tanti compagni che, in Sicilia, hanno combattuto la mafia e il latifondo sono lì a testimoniarlo. E, comunque, Viva Marx! (che non guasta).


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