22 agosto 2024

LA VIOLENZA DELLO STATO

 


La violenza dello stato


Mauro Zanella
22 Agosto 2024

C’è una storia di repressione alimentata dallo Stato italiano che andrebbe raccontata più spesso. Mauro Zanella lo fa partendo dall’agosto di quarantuno anni fa, con quanto accadde a Comiso, scavando tra le radici che affondano nel Regno del Piemonte passando per le proteste del pane del 1898, ovviamente per la violenza del Regime Fascista, ma anche per Portella della Ginestra (1948), la strage di Bologna (1980), Comiso e Genova 2001. Una storia da studiare soprattutto per riconoscere quei pezzi di società in movimento che, malgrado la repressione, hanno mostrato che è sempre possibile far emergere mondi nuovi

Quarantuno anni fa, in Sicilia, a Comiso, l’8 agosto del 1983, davanti al cancello dell’ex Aeroporto Magliocco, il mio corpo, di diciottenne appena diplomato, all’Istituto Magistrale “Alessandro Manzoni” di Varese, sentì il dolore dei colpi di manganello sui reni e i miei occhi videro, tra la polvere e il sole accecante, il vero volto dello stato ed era un ghigno feroce. Da allora ho capito una cosa semplice e illuminante: lo Stato e la Repubblica democratica, nata dalla Resistenza Antifascista non sono la stessa cosa.

Lo stato italiano nasce nel 1861, quando viene proclamato il 17 marzo, ma è in perfetta continuità con il Regno di Sardegna, che sarebbe più giusto chiamare Regno del Piemonte poiché la capitale è Torino, e la Casa Regnante è quella dei Savoia. Il sovrano, che è Vittorio Emanuele, pur essendo il primo sovrano italiano, mantiene il titolo di Secondo (per indicare il secondo Vittorio Emanuele alla guida del Regno di Sardegna). Immutate nel nuovo/vecchio Regno sono le leggi, il governo e la Costituzione, che é stata concessa dal sovrano Carlo Alberto soltanto tredici anni prima, nel 1848, nel bel mezzo di un’ondata di moti rivoluzionari liberali, ma anche democratici e persino socialisti, che attraversano l’Europa. Il nostro stato è dunque erede dello Stato sabaudo: un regno assolutista, monarchico, aristocratico, reazionario e soprattutto militarista con un vero culto dell’esercito.


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Nel 1848 grazie a Re Carlo Alberto lo Stato sabaudo scende a patti con il liberalismo e concede, bontà sua, alcuni diritti ai sudditi e al tempo stesso regole certe di funzionamento dello stato che anche il sovrano si impegna a rispettare. Lo Stato unitario, il Regno d’Italia, di cui qualcuno ha voluto celebrare il 150° anniversario nel 2011, ben poco ha in sé dei valori democratici, mazziniani e garibaldini del Risorgimento e degli ideali di tanti patrioti come Pisacane. Finita in amara delusione l’epopea dei Mille, le regioni meridionali vengono annesse al Regno Sabaudo con una vera guerra, durata anni contro i contadini briganti e naturalmente non mancano gli eccidi e i crimini di guerra. Il Regno d’Italia nasce attraverso annessioni che non modificano la natura dello Stato sabaudo: uno Stato oligarchico in cui inizialmente sono elettori solo una manciata di ricchi possidenti maschi, l’1 per cento della popolazione, mentre la stragrande maggioranza della popolazione è formata da contadini e braccianti analfabeti.

Le lotte riformiste e gradualiste di democratici e socialisti riescono ad ottenere con il tempo graduali riforme a favore delle classi lavoratrici. Si tratta di miglioramenti nelle condizioni di vita, nell’istruzione e di un graduale allargamento del diritto di voto che nel 1919 diventa universale… a metà, poiché mancano le donne. L’aristocrazia e l’alta borghesia hanno dovuto cedere, riconoscendo diritti alla forza organizzata dei lavoratori, ma non è stato affatto un processo indolore.

Nel 1898, a Milano, la stato assume la forma e il frastuono dei cannoni del generale Bava Beccaris, che lasceranno sul selciato un centinaio di morti innocenti, la “folla che pan domandava”. Nel 1900 l’anarchico Gaetano Brescia, partito in nave dall’America, uccide il Re Umberto I, che aveva decorato il Beccaris. Inutile negare che le riforme vengono conquistate perché l’aristocrazia e la borghesia sperano di arginare la possibile Rivoluzione, che hanno visto all’opera prima in Inghilterra, poi negli Stati Uniti e in Francia e sanno che lo “Spettro del Comunismo” ha iniziato ad aggirarsi per l’Europa. Non è una vera conversione, lo Stato sabaudo è intrinsecamente reazionario e oligarchico: giunti i nodi al pettine la monarchia si allea senza tentennamenti con il fascismo e senza traumi reali lo stato italiano diventa fascista, nonostante il martirio di uomini che pure a uno stato giusto ed equo avevano dedicato la loro vita e la loro opera alle Istituzioni, in primis il deputato socialista Giacomo Matteotti.

Senza neppure bisogno di cambiare il vecchio Statuto Albertino, il Regno d’Italia diventa un Regime Totalitario Fascista, colonialista, guerrafondaio e, con le leggi del 1938, persino razzista. Questo stato, prova dopo lo sbarco degli statunitensi in Sicilia e vista la mala parata di una guerra persa su tutti i fronti, a sopravvivere alla caduta del Regime di Mussolini ritenuta ormai inevitabile. Il re il 25 luglio del 1943 fa arrestare Mussolini e chiama al governo il generale e criminale di guerra Piero Badoglio, che dopo aver fatto sparare sui manifestanti e dato garanzie ai tedeschi, firma in gran segreto un armistizio con gli angloamericani l’8 settembre del 1943. La Resistenza che nasce in quei giorni non nasce su iniziativa dello Stato sabaudo, ma al contrario dalla dissoluzione dell’Esercito Italia o e al tempo stesso, nelle regioni del centro e del Nord dal rifiuto di aderire alla Repubblica Sociale Italiana  e di continuare la guerra a fianco dei nazisti.

Nella Storia d’Italia la Resistenza è paragonabile a ciò che in Francia  ha significato la Rivoluzione Francese: una censura storica. I partiti antifascisti riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale impongono alla monarchia il referendum Istituzionale e l’elezione di una Assemblea Costituente. Gli antifascisti repubblicani: socialisti, comunisti, partito d’azione e cattolici democratici vincono le elezioni del 2 giugno 1946. Il 2 giugno 1946 nasce la Repubblica Democratica e viene eletta l’Assemblea Costituente: tra gli eletti vi sono diverse donne e presidente dell’Assemblea sarà il comunista ebreo Umberto Terracini, liberato dopo decenni di carcere fascista e critico dello stalinismo. Ma il vecchio Stato reazionario non è morto, sopravvive, fa opera aperta di sabotaggio della Repubblica utilizzando i posti di potere conservati, per agire e tramare contro ogni vero cambiamento. I servizi di sicurezza deviati dello Stato sono in realtà i Servizi di sicurezza dello Stato reale, che non corrisponde alla Repubblica, che è ancora un ideale, da realizzare insieme ai suoi valori e al suo programma espresso magistralmente in particolare nell’articolo tre della Costituzione.

Un simbolo di queste due realtà antitetiche fu l’incontro a Milano tra l’allora presidente della Camera, e futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini e il questore Guida, ritenuto responsabile della morte dell’anarchico Pino Pinelli. Guarda caso quel Guida, a cui Pertini rifiutò di stringere la mano,  era il commissario Fascista responsabile dei confinati a Ventotene. Stessa cosa vale per la Strage di Ustica quando per coprire le responsabilità Nato i comandi dell’Aeronautica coprono la verità nascondendola alla magistratura e al presidente Pertini che pure è il Capo delle Forze Armate: tradiscono la Repubblica per servire lo Stato, quello reale, reazionario e subalterno alla Nato. Il vecchio Stato è sempre rimasto al suo posto con la forza paralizzante della burocrazia, ma senza disdegnare la forza del terrorismo. Lo Stato reazionario infiltrato nella Repubblica Democratica, che agisce nell’ombra, in funzione anticomunista, e che intende per comunismo ogni progresso sociale delle classi lavoratrici che tocchi i privilegi dell’oligarchia. Lo Stato formato da uomini che erano stati monarchici, fascisti, alleati dei nazisti e fedeli esecutori di guerre, imprese coloniali, repressione politica e discriminazione razziale e che divennero fedeli e zelanti esecutori  della volontà dei governi a Stelle e Strisce, disponibili a convivere con le mafie e al servizio degli agrari e degli industriali, come già erano stati nel ventennio appena trascorso. Lo Stato delle stragi, della strategia della tensione per “destabilizzare per stabilizzare”, perché nulla cambi, dalla Strage di Portella delle Ginestre il Primo Maggio 1948 alla strage di Bologna il 2 agosto 1980. Lo Stato che uccide perfino i più fedeli uomini e donne della Repubblica quando ostacolano i suoi piani: un elenco infinito di magistrati, poliziotti, amministratori che avevano tenuto fede al giuramento di fedeltà alla Costituzione. Lo Stato che riesce a servirsi dei gruppi velleitariamente armati contro di lui, li infiltra e li usa come pedine per i suoi scopi, come accadde durante il rapimento di Aldo Moro e l’uccisione della sua scorta e poi la sua macabra esecuzione.

Quarantuno anni fa anche io ho conosciuto il tuo vero volto, Stato: il tuo ghigno sadico mentre in quattro agenti colpivate un inerme cittadino svenuto e sanguinante, che pacificamente protestava contro i preparativi di guerra atomica. Ho visto il tuo folle odio contro dimostranti inermi, giornalisti, parlamentari, addetti al pronto soccorso. La carica a freddo mentre la gente era seduta in terra davanti al cancello della futura base, per gli euromissili Pershing e Cruise, mentre la gente che si passava bottiglie d’acqua sotto la calura. I lacrimogeni lanciati ad altezza d’uomo, le fughe tra i campi e le compagne e i compagni feriti che vengono arrestati e portati in carcere. Poi ti ho riconosciuto a Genova nel 2001, il tuo capolavoro assoluto, la più grande sospensione dello Stato di Diritto in un Paese Occidentale dal dopoguerra ad oggi: di nuovo il tuo volto feroce. Rieccoti in Piazza San Giovanni nel 2011, resa irrespirabile dai lacrimogeni perché non ci fossero accampamenti di indignados in Italia.

Ma ciascuno di noi ti ha visto, se ha frequentato il conflitto sociale, decine di altre volte, mentre intervenivi con violenza contro i lavoratori, gli studenti, i rom sgomberati, i migranti respinti. Sei riuscito a far strame di quella che dovrebbe essere la tua Carta fondamentale, per fare strage di migranti: stragi pianificate per rendere lettera morta l’articolo 10 della Costituzione, che prevede il diritto d’asilo, su cui pure hai giurato fedeltà, così sei colpevole di migranticidio, nuovo crimine contro l’umanità. Con le guerre in Iraq, in Yugoslavia, in Afghanistan ti sei macchiato di nuove stragi e ora, mentre non sai condannare il genocidio del popolo palestinese, continui ad alimentare la guerra in Ucraina, fornendo le armi di ogni tipo, senza farti scrupoli di bilancio. Tradisci la Costituzione per servire il tuo padrone statunitense e di nuovo l’articolo 11 della Costituzione diventa carta igienica. Sei irriformabile.

Questo stato fascista, mafioso e servo dell’Imperialismo deve essere sconfitto alla radice se si vuole affermare veramente la legalità Costituzionale. In Italia fare la rivoluzione significa, pur con mezzi pacifici e nonviolenti, dispiegare la forza del popolo per rendere viva la Repubblica democratica e antifascista, incarnando finalmente gli ideali della Costituzione nella storia e completando così il lavoro dei nostri partigiani.


Mauro Zanella ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura

Pezzo ripreso da   https://comune-info.net/contro-e-oltre-la-violenza-dello-stato/

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