23 agosto 2014

IL SEGRETO DEL SUCCESSO DC



Lo scudo crociato. Un simbolo medievale nella comunicazione politica del Novecento. Il richiamo al cristianesimo come simbolo di appartenenza e dunque segno rassicurante . Da qui la sua fortuna in un'Italia uscita a pezzi dalla guerra. Un libro ne racconta la storia.


Enrico Bellavia

Scudo crociato il segreto del successo Dc

Sopravvive da un secolo e ancora fino a qualche tempo fa suscitava furibonde dispute legali per stabilirne l'effettiva proprietà. È lo scudo crociato, uno dei più longevi vessilli parlamentari che il Partito popolare di Luigi Sturzo, prima e la Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi, poi utilizzarono come contrassegno. Una croce rossa in campo bianco su un fondo che solo in tempi recenti divenne azzurro mantenendo quel latinismo, Libertas, per dire della vocazione libertaria che il partito, nato nel 1942, intendeva darsi. Marcando così una distanza tanto dall'autoritarismo passato quanto dal temuto blocco socialcomunista.
In quel simbolo c'è la passione e il fermento di un'ampia fetta di intellighenzia italiana, cristiana e cattolica. Spesso in felpata contrapposizione con le timidezze di un papato che subì la seduzione fascista, complice il Concordato ed era rimasto a lungo ostaggio del Non expedit, l'astensionismo politico dei fedeli. Propugnato nell'Ottocento, quel principio era fortemente radicato nelle convinzioni di un Vaticano che intendeva tenersi a debita distanza dalla identificazione di una rappresentanza partitica nella società. E che tantomeno poteva tollerare che un sacerdote fosse l'ideologo e il segretario di una formazione che lo stesso Sturzo voleva sganciata dalla sudditanza pontificia.

Un libro, il documentatissimo saggio Lo scudo crociato. Un simbolo medievale nella comunicazione politica del Novecento ( Armando Editore) di Girolamo Rossi, docente della Pontificia Università San Tommaso "Angelicum", svela quanta storia ci sia dietro quel simbolo che per interi strati della popolazione era tout court la croce. Ovvero la materializzazione del partito della Chiesa, l'unico capace di risolvere con un tratto di matita copiativa il dissidio tra immanente e trascendente, di tramutare adunanze di devoti in movimento di consenso. Con tutto ciò, anche di ignobile, che ne sarebbe venuto. La croce, preesistente come segno al cristianesimo, è per Rossi qualcosa di più di uno strumento di identificazione perché è l'essenza stessa dell'appartenenza, appena insidiato dal fiore bianco della Dc di Romolo Murri, garofano o margherita, che in alcuni momenti storici, anche recenti, fu rispolverato senza la capacità evocativa dello scudo.
Il saggio spiega che la radice di quel tratto è già di per sé una scelta precisa. Tra le tante croci disponibili è quella di San Giorgio a prevalere, emblema della militanza crociata e poi ancora dei Comuni. Un simbolo medievale di radice neoguelfa a dire che il popolo di Cristo Re c'è ed è pronto a combattere, come pure accadde nelle brigate partigiane, ma che è altro rispetto al Vaticano. Così la pensa Sturzo. Dal suo esilio sarà poi il sacerdote a guerra agli sgoccioli a benedire la sintesi di De Gasperi che mette insieme simbolo e nome, recupera il supporto dell'Azione cattolica e della Fuci e prepara il debutto congressuale ed elettorale. Paradossalmente, l'avere assunto il segno di Cristo come stendardo per la propria presenza in politica segnerà una delicata fase nei rapporti interni al blocco cristiano che Rossi ricostruisce districandosi tra le pieghe di ponderose analisi che poco concedono però alla storiografia di simbolo e propaganda.

Nel proliferare di tratti e di sforzi per imporre un segno che sia incisivo, la comunicazione politica non è riuscita a trovare ancora qualcosa di così straordinariamente immediato e pure controverso. Di più efficace e duraturo. E se la nostalgia in politica è un azzardo passatista, quantomeno per il semiologo, è la radice per comprendere il presente.

Girolamo Rossi
Lo scudo crociato
Armando Editore, 2014

Nessun commento:

Posta un commento