Da leggere (o
rileggere): «Le mosche del capitale», un libro fondamentale per
capire cosa è successo in Occidente dopo gli anni '80.
Angelo Ferracuti
Paolo Volponi e le
mosche del capitale
Se si vuole capire
cosa è successo nelle società occidentali
a metà degli anni ’80, «Le mosche del capitale» di
Paolo Volponi è un libro imprescindibile.
Descrive dal di dentro quel capitalismo
italiano votato ai profitti e alla finanza che
abbandonava la sua missione storica, di cui
lo scrittore marchigiano aveva informazioni
di prima mano avendo lavorato prima all’Olivetti, poi alla
Fondazione Agnelli, dalla quale fu indotto alle
dimissioni nel 1975 dopo aver fatto dichiarazione
di voto al Pci.
“Il racconto
è finito. La narrazione, se vuole, è il
bancone del supermercato. Lei non potrà
raccontare mai niente di me!” sentenziava
ancora Bruto Saraccini, quel Don Chisciotte alter ego
dello scrittore che, come ha scritto Massimo Raffaeli,
è uno dei suoi personaggi-uomo, della stessa razza
dell’Anteo Crocioni de «La macchina mondiale»
o l’Albino Saluggia di «Memoriale»: “sono
regolarmente dei derelitti o gli uomini in
estremo pericolo che gli antichi greci definivano
pharmakòi, capri espiatori e martiri di
situazioni conflittuali in cui, annientatisi
o venendo eliminati, squarciano il velo di
falsa coscienza e mettono a nudo la verità”.
Nei suoi libri il
conflitto tra la misura umanistica e il caos
della società neoliberista porta a forti
combustioni . “Siamo infettati, contaminati,
appestati. E corriamo” dice nel dialogo
a due voci con Francesco Leonetti ne «Il
leone e la volpe», libro che rimette in circolo tutto
il pensiero e la sua storia di scrittore
e uomo di industria nato nell’umanesimo
rinascimentale di Urbino.
E, di fatto, insieme
a Pasolini, è quello che più di ogni altro ha
opposto il suo pensiero a quel trapasso che
con il declino della civiltà industriale, passando per
la manipolazione dei media, porta fino all’oggi,
cioè a quel «Finanzcapitalismo»
di cui Gallino ha scritto in un libro di mirabile
lucidità saggistica. La sua interrogazione,
se pensiamo che arriva dal lontano 1994, angoscia
più di una profezia: “Ciò che mi domando è: come
mai siamo giunti al punto che la sola materia materiale
diventasse il denaro. E come si fosse annullata la
profondità del mondo.”
il manifesto - 15 Agosto
2014
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