E i morti ci portarono un Faraone
Vincenzo Vasile
Immancabile,
il sottosegretario alla Salute, Davide Faraone, fedelissimo di Renzi,
ha tirato fuori la sua pensata per fare argine al populismo
galoppante. Un referendum per abolire lo statuto di autonomia
speciale, anzi due: ce ne vuole anche uno per il Ponte sullo Stretto,
venghino venghino siori alla riffa delle illusioni,
ha aggiunto con piglio spavaldamente renziano.
Peccato che la
proposta sia assolutamente irrealizzabile, una cosa molto "catalana"
(all'incontrario), perché - come dovrebbe essere noto a un
ex-sottosegretario all'Istruzione, neolaureato dopo tanti anni fuori
corso in scienze politiche -, lo statuto siciliano fa parte
integrante della Costituzione italiana nella quale fu inglobato dai
Costituenti, dopo essere stato promulgato per decreto
luogotenenziale: quando la Sicilia divenne regione l'Italia non era
ancora Repubblica ed era in vigore lo Statuto Albertino. E la nostra
Costituzione non prevede simili referendum abrogativi per essere
riformata e mutilata. La procedura è più complicata assai, come
avrebbero dovuto accorgersi a casa Pd già il 4 dicembre dell'anno
scorso.
Per non dire che l'ex fuoricorso è l'esponente di una forza
politica che viene dalla fusione di due tradizioni, quella popolare e
quella di sinistra, che in Sicilia sono state protagoniste
dell'autonomismo, per cui qualche libro di storia, magari a dispense
nelle edicole, avrebbe potuto sfogliarlo, invece di fare il populista
per contrastare i populismi, inventandosi un paio di referendum
perché non si sa o non si vuole procedere a vere riforme. (L'uso
dell'autonomia speciale che quella classe politica ha fatto, è ben
altro discorso, più serio delle sparate fuoricorso).
Siccome
siamo prossimi al 2 novembre mi è balzato in mente che fino a
qualche tempo addietro in questi giorni arrivavano a casa dei bimbi
palermitani con anticipo di quasi due mesi rispetto al Natale, invece
abbastanza snobbato, i regali delle feste invernali. E si imparava
una poesiola relativamente ottimistica, nonostante la funerea
ricorrenza. Diceva così:
Armi santi, armi santi
Io sugnu unu e vuatri
siti tanti
Mentri sugnu ‘ntra
stu munnu di guai
Cosi di morti
mittiminni assai.
(Anime sante, anime
sante,
io sono uno e voi
altri siete tanti
mentre sono in mezzo a
un mondo di guai
i regali dei Morti
mettetemene assai)
Insomma,
una visione laica, anzi pagana, della morte (e della vita) traluceva
da questa canzoncina popolare che i bambini di Palermo recitavano per
la "Festa dei Morti", il secondo giorno di novembre. Non so
se tale tradizione resista, ma questa filastrocca che veniva
spacciata per una preghiera, era in verità un invito alla speranza:
ci si augurava di ricevere un sacco di regali "portati" dai
morti di famiglia, dagli antenati, e fatti trovare ai piedi del
letto, messi lì per allietare il risveglio dei bambini con una
sorpresa. Solitamente "i cosi ri morti",
le cose dei morti, i loro doni, erano "pupi di zucchero"
che riproducevano ballerine dalle vesti multicolori e cavalieri
dipinti con tinte altrettanto sgargianti, assolutamente in
controtendenza con il luttuoso nero e viola dei paramenti funebri
nelle chiese. E si scherza sui Morti, spesso in Sicilia. Per esempio,
quando spunta qualcuno o qualcosa di sgradito, quando capita una
brutta sorpresa, ci si domanda: "ecché mu misiru, i muorti?"
(me l'hanno messo i morti questo bel tipo?). Ecco: questo Faraone, ce
l'hanno messo i morti?!
Vincenzo Vasile, dal suo Diario FB del 27 ottobre 2017.
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