Una mirabile recensione di un classico del cinema scritta da un caro amico:
Nel 1977 il grande regista francese Robert Bresson
girò il suo penultimo film, “Il diavolo, probabilmente”, una sconsolata
meditazione sugli ultimi riflessi del maggio francese. Protagonista ne è un
gruppo di ragazzi, Charles, Michel, Alberte, Edwige, alla disperata ricerca di
un senso della vita, dopo che la prospettiva della rivoluzione si è ormai
allontanata senza rimedio e si profila all’orizzonte il trionfo di un
individualismo senza freni. Michel, aperto a un realismo ricolmo di speranze, combatte una sua personale battaglia
ecologista, nella quale cerca di coinvolgere le due ragazze, Alberte ed Edwige.
Charles invece è prigioniero di un nichilismo assoluto, non crede più a niente
e con la sua lucida intelligenza smonta qualsiasi prospettiva di futuro.
Alberte ed Edwige lo amano profondamente. Ambedue sono di estrazione borghese;
ma, mentre la dolce Alberte questa origine l’ha rifiutata e vive poveramente,
limitandosi a prendere un po’ di cibo in casa dei genitori quando questi non ci
sono, Edwige vive decentemente in una bella casa. Charles sembra scegliere
Edwige, ma Alberte è sempre nei suoi pensieri. Per altro, Edwige tradisce
Charles con il padrone di una libreria di sinistra e Charles tradisce Edwige
con una ricca borghese, in casa della quale inscena un grottesco tentativo di
suicidio. Sono amori congelati, senza passione, punteggiati da parole rigide e
fredde. Charles intravede quella che è l’unica soluzione: il suicidio. Eppure
il suo nichilismo per tutto quanto appartiene al mondo in qualche modo non
esclude la presenza di Dio. Propone a un suo amico, Valentin, schiavo della
droga,di passare una notte in chiesa con queste parole: “Victor Hugo dice che
le chiese sono sante, che esse sono Dio; ma appena entra un prete, Dio non c’è
più”. Ci vanno, con un giradischi da cui risuonano le note di Monteverdi, ma
l’amico non trova di meglio che scassinare la cassetta delle offerte. Sono
arrestati. Una volta liberati, Charles acquista una pistola e propone a
Valentin di ucciderlo; cosa che avverrà di notte nel Cimitero del Père
-Lachaise. Valentin fruga nel corpo inanimato e prende i soldi che gli
serviranno per comprare altra droga. Chi ha architettato questo orrore? Il
diavolo, probabilmente, commenta un anonimo passeggero di un autobus. Charles
avrebbe potuto essere una persona splendida. Quando si avvia al suicidio,
ascolta le note dell’andante dal concerto in la magg. K. 488 di Mozart,
provenienti da un interno. Per un momento si ferma, attratto da quella luce di
spiritualità; ma poi prosegue, convinto che nulla lo possa salvare.
La tragedia
di un individuo e di una generazione, raccontata con una freddezza che, per
miracolo di arte, non rinuncia a un’intensa partecipazione.
Marco Ninci
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