Riprendo l'intervista - tratta dal libro 'Il cinema brucia e illumina' di Luciano De Giusti - pubblicata da Repubblica, il 13 settembre 2011, dove il grande poeta Andrea Zanzotto parla della sua amicizia e della sua collaborazione con Fellini. (fv)
Zanzotto: "Le mie notti
con Fellini
quando sognavamo il cinema"
quando sognavamo il cinema"
Il Casanova segna l'inizio di un duraturo rapporto di collaborazione con
Fellini. Com'è avvenuto?
"Su ispirazione di Nico Naldini, che in molti casi era suo assistente, Fellini decise di chiedermi una consulenza per la mia conoscenza del dialetto veneto. E io l'avvertii come una grande occasione anche di tentare tutto un campo di espressione, quello del dialetto, che stavo allora sperimentando legandolo all'esperienza del cinema. L'amicizia con Fellini e con il suo mondo, che era un mondo profondamente dialettale, riguardava la nostalgia del parlare primitivo, in particolare quello romagnolo, ma spesso c'erano dei lacerti anche di altri dialetti ".
La collaborazione con Fellini è continuata per molti anni. Anche se non risulta dai credits è stato rilevante l'apporto sotterraneo alla Città delle donne.
"Sì, ho scritto anche un saggetto ".
Nel quale ipotizza l'identificazione tra donna, caverna e cinema.
"È un tuffo verso profondità nuove. In quel film venne coinvolto anche Claudio Magris, come consulente per certe battute in dialetto triestino. Con lui, in viaggio verso Trieste di ritorno da Torino dove allora insegnava, ci siamo incontrati qualche volta alla stazione di Mestre, insieme a Fellini".
A quel punto la collaborazione professionale era sfociata in amicizia.
"Il rapporto era diventato qualcosa di molto più forte. Si affacciano i ricordi di un'amicizia. Per molti anni, ogni volta che mi recavo a Roma, andavo a trovare Fellini con mia moglie Marisa che era amica di Giulietta Masina. E nel periodo del premio Comisso Federico e Giulietta venivano da me e in quel caso si girava per le colline. Ricordo che una volta Federico mi disse: 'Certi punti delle tue colline hanno in sé un'aria di aldilà': Ed è proprio vero. Certi punti defilati, in cui si passa da una valle all'altra, delle vallette, per esempio, potevano proprio dare l'impressione di un possibile spostamento...".
A proposito di aldilà: la collaborazione con Fellini ha toccato anche Il viaggio di G. Mastorna, il leggendario progetto di film che non fu mai realizzato.
"Il Mastorna è un fantasma che ha perseguitato Fellini per tanti anni. Io ne ho anche scritto. Mastorna mi sembrava la deformazione di mai/torna, un film sulla morte, insomma, fondato sui principi d'esistenza di un mondo dell'oltrevita. Ciò che mi stupiva nel grande regista era l'estrema fiducia che riponeva in quel visionario, suo amico, che consultava spesso... Rol. Era uno degli ultrafanici, come li chiamano loro. Me ne parlava spesso e voleva condurre anche me da lui, ma io gli ho detto: 'Già siamo pieni di misteri senza andare a bussare a quelle porte in cui l'imbroglio convive con la ricerca. Lasciamo stare'. Credo che negli ultimi anni non muovesse dito senza consultarlo".
Come gliene parlava?
"Me lo presentava come uno che interagiva con un mondo diverso. Ma io non sono granché entusiasta di quella che si chiama parapsicologia. Credo che certi fenomeni siano possibili, ma che occorra un lungo viaggio mentale per giustificare la loro esistenza. Mentre Fellini ci credeva profondamente".
Con Fellini ci fu anche il progetto di un film su Venezia.
"Sì. Mi pare che se qualcosa è mancato nella parabola di Fellini siano i film su Venezia e sulla morte. Ma allo stesso tempo c'era il progetto su Mastorna che incombeva e che egli fu sempre timoroso di fare perché portava iella".
C'è stato anche un altro progetto di film non realizzato, quello su una vita di Lorenzo Da Ponte per la televisione.
"In tempi recenti, rovistando tra vecchie scartoffie, ho ritrovato quel lavoro. Era tutto pronto, ma la Tv tagliò i finanziamenti. Era anche un bel progetto. Avrebbe significato rendere a Da Ponte quel che era dovuto. La sua grande fortuna fu quella di essere stato chiamato a dar corpo di strofe ai lavori musicali di grandi autori come Mozart. La freschezza di scrittura del nostro poeta lo mostra veramente dotato ".
Come avveniva la vostra collaborazione?
"Lettere, non moltissime. Soprattutto telefono, a volte di sera, fino a notte tarda. Federico mi telefonava per avere qualche indicazione o suggerimento per i titoli. Per esempio, nel caso di E la nave va, sono stato io a proporgli 'Gloria N.' per il nome della nave".
Per questo film lei stette anche un paio di giorni sul set.
"Sì, Fellini faceva ripetere le scene anche dieci volte. Si aveva la sensazione che non esistesse alcun ordine prestabilito. Le immagini che egli creava non erano illustrazioni di una storia preesistente nella sceneggiatura, ma sgorgavano l'una dall'altra. Come se si lasciasse spingere da un'immagine che poi faceva posto a un'altra e così si creava la trama. Si vedeva bene quando si era sul set".
Le sembra che questo abbia qualche somiglianza con la poesia?
"Sì, quando si scrive una poesia è frequente la serendipità: miri a conquistare le Indie e raggiungi l'America".
Qual è l'ultimo ricordo di Fellini?
"Mi ha telefonato dalla clinica, aveva già avuto l'ictus e sentivo che qualcosa non funzionava in quello che mi diceva. Sono rimasto molto addolorato. Di quei momenti felliniani ultimi, io credo di avere anche degli scritti. Perché l'ultimo film di Fellini è stata la sua morte. A Roma c'era continua attenzione a quel che capitava in ospedale mentre lui stava morendo. Quella era proprio un'appendice reale dell'opera di Fellini".
"Su ispirazione di Nico Naldini, che in molti casi era suo assistente, Fellini decise di chiedermi una consulenza per la mia conoscenza del dialetto veneto. E io l'avvertii come una grande occasione anche di tentare tutto un campo di espressione, quello del dialetto, che stavo allora sperimentando legandolo all'esperienza del cinema. L'amicizia con Fellini e con il suo mondo, che era un mondo profondamente dialettale, riguardava la nostalgia del parlare primitivo, in particolare quello romagnolo, ma spesso c'erano dei lacerti anche di altri dialetti ".
La collaborazione con Fellini è continuata per molti anni. Anche se non risulta dai credits è stato rilevante l'apporto sotterraneo alla Città delle donne.
"Sì, ho scritto anche un saggetto ".
Nel quale ipotizza l'identificazione tra donna, caverna e cinema.
"È un tuffo verso profondità nuove. In quel film venne coinvolto anche Claudio Magris, come consulente per certe battute in dialetto triestino. Con lui, in viaggio verso Trieste di ritorno da Torino dove allora insegnava, ci siamo incontrati qualche volta alla stazione di Mestre, insieme a Fellini".
A quel punto la collaborazione professionale era sfociata in amicizia.
"Il rapporto era diventato qualcosa di molto più forte. Si affacciano i ricordi di un'amicizia. Per molti anni, ogni volta che mi recavo a Roma, andavo a trovare Fellini con mia moglie Marisa che era amica di Giulietta Masina. E nel periodo del premio Comisso Federico e Giulietta venivano da me e in quel caso si girava per le colline. Ricordo che una volta Federico mi disse: 'Certi punti delle tue colline hanno in sé un'aria di aldilà': Ed è proprio vero. Certi punti defilati, in cui si passa da una valle all'altra, delle vallette, per esempio, potevano proprio dare l'impressione di un possibile spostamento...".
A proposito di aldilà: la collaborazione con Fellini ha toccato anche Il viaggio di G. Mastorna, il leggendario progetto di film che non fu mai realizzato.
"Il Mastorna è un fantasma che ha perseguitato Fellini per tanti anni. Io ne ho anche scritto. Mastorna mi sembrava la deformazione di mai/torna, un film sulla morte, insomma, fondato sui principi d'esistenza di un mondo dell'oltrevita. Ciò che mi stupiva nel grande regista era l'estrema fiducia che riponeva in quel visionario, suo amico, che consultava spesso... Rol. Era uno degli ultrafanici, come li chiamano loro. Me ne parlava spesso e voleva condurre anche me da lui, ma io gli ho detto: 'Già siamo pieni di misteri senza andare a bussare a quelle porte in cui l'imbroglio convive con la ricerca. Lasciamo stare'. Credo che negli ultimi anni non muovesse dito senza consultarlo".
Come gliene parlava?
"Me lo presentava come uno che interagiva con un mondo diverso. Ma io non sono granché entusiasta di quella che si chiama parapsicologia. Credo che certi fenomeni siano possibili, ma che occorra un lungo viaggio mentale per giustificare la loro esistenza. Mentre Fellini ci credeva profondamente".
Con Fellini ci fu anche il progetto di un film su Venezia.
"Sì. Mi pare che se qualcosa è mancato nella parabola di Fellini siano i film su Venezia e sulla morte. Ma allo stesso tempo c'era il progetto su Mastorna che incombeva e che egli fu sempre timoroso di fare perché portava iella".
C'è stato anche un altro progetto di film non realizzato, quello su una vita di Lorenzo Da Ponte per la televisione.
"In tempi recenti, rovistando tra vecchie scartoffie, ho ritrovato quel lavoro. Era tutto pronto, ma la Tv tagliò i finanziamenti. Era anche un bel progetto. Avrebbe significato rendere a Da Ponte quel che era dovuto. La sua grande fortuna fu quella di essere stato chiamato a dar corpo di strofe ai lavori musicali di grandi autori come Mozart. La freschezza di scrittura del nostro poeta lo mostra veramente dotato ".
Come avveniva la vostra collaborazione?
"Lettere, non moltissime. Soprattutto telefono, a volte di sera, fino a notte tarda. Federico mi telefonava per avere qualche indicazione o suggerimento per i titoli. Per esempio, nel caso di E la nave va, sono stato io a proporgli 'Gloria N.' per il nome della nave".
Per questo film lei stette anche un paio di giorni sul set.
"Sì, Fellini faceva ripetere le scene anche dieci volte. Si aveva la sensazione che non esistesse alcun ordine prestabilito. Le immagini che egli creava non erano illustrazioni di una storia preesistente nella sceneggiatura, ma sgorgavano l'una dall'altra. Come se si lasciasse spingere da un'immagine che poi faceva posto a un'altra e così si creava la trama. Si vedeva bene quando si era sul set".
Le sembra che questo abbia qualche somiglianza con la poesia?
"Sì, quando si scrive una poesia è frequente la serendipità: miri a conquistare le Indie e raggiungi l'America".
Qual è l'ultimo ricordo di Fellini?
"Mi ha telefonato dalla clinica, aveva già avuto l'ictus e sentivo che qualcosa non funzionava in quello che mi diceva. Sono rimasto molto addolorato. Di quei momenti felliniani ultimi, io credo di avere anche degli scritti. Perché l'ultimo film di Fellini è stata la sua morte. A Roma c'era continua attenzione a quel che capitava in ospedale mentre lui stava morendo. Quella era proprio un'appendice reale dell'opera di Fellini".
(18 ottobre
2011) © Riproduzione riservata
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