“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.” Antonio Gramsci
17 ottobre 2017
IL BUDDISMO SECONDO ELEMIRE ZOLLA
In verità ogni forma è vuota, e se sul vuoto si medita il mondo esterno scomparirà, si cesserà di credere sia al niente sia al perenne e di conseguenza saremo irrorati di luce purissima. Si chiudano via via le porte dei sensi, si cessi di vedere, udire, odorare, sentire al tatto, si elimini infine la mente che apre le porte dei sensi e si accederà allo stato spontaneo, al di qua di speranze, desideri e timori, alla fonte originaria dei tragici giochi di cui sono parte gli dèi. Saremo simili all'oceano che si arriccia e si scuote alla superficie così come le commozioni ci assaltano e ci dominano di momento in momento. È proprio l'oceano l'immagine del nesso primordiale fra l'io e il mondo esterno, dal quale le illusioni emergono come i marosi. Il sapiente è simile a una bella che si adorna: non lasci entrare nel cuore ombra di vanità, nel segreto del cuore rimanga incredulo, distaccato di fronte ai fenomeni che gli ballano attorno. Credo che questa metafora femminile sia tra le più squisite a descrivere lo stato illuminato. La geometria fa scaturire tutte le forme, a partire dalla linea, fuori dal punto inesteso. Ma che cos'è un punto che non occupi nemmeno uno spazio infinitesimo? Un'idea pura. Analogo è il fondamento da cui il buddhismo fa scaturire la conoscenza: lo stato - dice Ma gcig - che «trascende ogni considerazione oggettiva», inimmaginabile e inesprimibile. Per attingerlo lei esorta a non attaccarsi ai concetti, a persuadersi che tutto è simbolo, che l'unico paragone adeguato del mondo mentale è con le correnti che solcano l'oceano profondo: solo a questa condizione saremo liberi dalle dominazioni diaboliche, meditando sul fatto che non esiste alcun oggetto su cui meditare. Occorre sottomettere il flusso dei pensieri, convincersi che la realtà non è mai nata, che non si deve cercare né fare nulla, né sperare né temere. Per attingere la propria natura originaria, si stronchi l'orgoglio e doni innumerevoli affluiranno, l'aggressività sparirà d'incanto e cesseremo di ondeggiare tra male e bene. Siamo assaliti da dubbi sulla nostra condotta? Basta rammentare che è inutile distinguere il soggetto dagli oggetti: tutto ha la nostra stessa natura, nulla ci può essere estraneo. A questa riva conduce lo dzog chen. E quanto eccezionale è che vi sia giunta una donna, un essere umano cui le illusioni non certo difettano. Poiché gli attaccamenti sono la fonte primaria di ogni illusione, praticare il bene generosamente è l'antidoto efficace. Ma che sia un merito è bene dimenticarlo, estirparlo dalla coscienza. Si viva come le fiere nella selva, come gli alberi, come i sassi. Dimentichiamo di avere concetti e anche di avere il concetto di non averne, solleviamoci dal vincolo di causa ed effetto. Si sia come il cielo e si affondi nella consapevolezza che tutto è cielo.
Lassù, più in alto del paradiso, «Corriere della Sera», 19 settembre 1995, in Gli arcani del potere di Elémire Zolla
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