Viaggiatori e migranti
Vincenzo Consolo
Mediterraneo
Viaggiatori e migranti
a cura di Aldo Meccariello
Edizioni dell’asino, Roma 2016
Il sottotitolo di questo grazioso libriccino di Consolo è viaggiatori e migranti che
hanno attraversato le coste del Mediterraneo, “il mare di conflitti, di
spoliazioni territoriali, di negazioni d’identità, di migrazioni e
diaspore, di ognuno che, esule per desiderio di conoscenza o per
costrizione, ritrova la sua terra, il suo cielo, la sua casa” (p. 22).
Punto di osservazione dello scrittore siciliano che non aveva la fede
illuministica di Sciascia è la sua terra sospesa tra incanto e
disincanto, e lacerata nelle sue corde più profonde. Consolo fa
palpitare, più che gli spasimi, i respiri della sua isola che sembrano
sprigionarsi dal mito, dalla storia e dalla letteratura in un gioco di
rimandi e di corrispondenze reciproche.
Filo conduttore della trattazione è il viaggio
iniziatico di Ulisse nei mari dell’immaginario dove avviene il trauma
del distacco dalla realtà, “dove fiorisce il fantastico, il surreale,
l’onirico, la fascinazione, l’ossessione, dove la ragione si oscura e
trovano varco i mostri” (p.7). Sospinto dalle onde tremende del mare,
l’eroe omerico, dopo aver lasciato la distrutta Ilio intraprende il
viaggio di ritorno ad Itaca per ritrovarvi con l’aiuto del figlio
Telemaco l’armonia perduta. L’asse centrale di questo piccolo e prezioso
reportage sul Mediterraneo che lo scrittore offre ai suoi lettori è il
legame della Sicilia con la cultura araba che “ha lasciato nell’isola
un’impronta tale che dal suo innestarsi nell’isola si può dire che
cominci la storia siciliana” (p.10).
Da Mazara a Palermo i segni della cultura araba si
sono sedimentati lungo un millennio nel carattere, nelle fisionomie, nei
costumi e nella lingua del popolo siciliano. Il miracolo più grande,
osserva Consolo, è che durante la dominazione musulmana domina lo
spirito di tolleranza e di pacifica convivenza che viaggiatori come Ibn
Giubayr, il geografo Idrisi e Ibn Hawqal hanno raccontato nei loro
testi. A Ibn Giubayr, viaggiatore e letterato musulmano di Spagna
vissuto tra il XII e il XIII secolo è dedicato un capitoletto che
ricostruisce il suo “Itinerario” (Riḥla), sul pellegrinaggio da
lui compiuto alla Mecca (1183-85) partendo da Granata, dopo aver
attraversato pericolosamente le coste del Mediterraneo. Al suo ritorno
in patria si ferma in Sicilia e, attraversandola in lungo e in largo,
rimane abbagliato dalle sue città e dalle sue coste. Queste notizie sui
viaggiatori arabi trovano poi una sistemazione accurata nella grande
opera in cinque volumi, La storia dei Musulmani di Sicilia scritta
da uno scrittore e saggista politico del secolo scorso, Michele Amari
che “reperì e tradusse documenti storici, memorie, letteratura araba che
riguardava la Sicilia”(p.13). E dopo di lui, venne a formarsi in Italia
una vera scuola di arabisti ed orientalisti (Ignazio e Michelangelo
Guidi, Giorgio Levi della Vida, Leone Caetani, Francesco Gabrieli ed
altri) di cui non si parla quasi più.
La narrazione di Consolo scandita nella forma di deliziosi pastiches cattura
pagine, voci, suoni e topoi come ripescati dai fondali del Mediterraneo
stordito dalle sue ataviche contraddizioni geopolitiche. Lungo quel
breve braccio di mare tra la Sicilia e le coste africane scopriamo un
affresco mosso e variegato fatto di storie di scambi e di razzie, di
emigrazioni e di conquiste che coinvolgono uomini di culture e fedi
diverse (italiani, tunisini, marocchini, poi cristiani, musulmani,
ebrei). Una pennellata di questo affresco è la “grossa ondata migratoria
di bracciantato italiano in Tunisia avvenne sul finire dell’Ottocento e
i primi anni del Novecento, con la crisi economica che colpì le nostre
regioni meridionali” (p.26).
Un’altra pennellata è il racconto, Uomini sotto il sole,
pubblicato nel 1963 dal palestinese Ghassan Kanafani, ucciso nel 1972
in un attentato. I tre personaggi-profughi principali del racconto
moriranno asfissiati dentro un’autocisterna nel tentativo di espatriare
in Kuwait, dopo aver attraversato il deserto iracheno che di lì a poco
sarà il tragico teatro della prima guerra del Golfo. Consolo rilegge il
racconto come una grande metafora della tormentata e ricca civiltà
mediterranea e come un esempio di vera letteratura politica.
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