Tiziano, Maddalena penitente, Palazzo Pitti, Firenze
Il 3 giugno 2016 la
Congregazione per il Culto Divino ha pubblicato un decreto con il
quale, «per espresso desiderio di papa Francesco», la celebrazione
di santa Maria Maddalena, che fino ad allora era soltanto “memoria
obbligatoria”, venisse elevata al grado di “festa liturgica”.
Secondo quanto riferiva su “Famiglia Cristiana” nel luglio scorso
Antonio Sanfrancesco, con le parole del Segretario del dicastero,
arcivescovo Arthur Roche, il Papa ha preso questa decisione durante
il Giubileo della Misericordia, «per significare la rilevanza di
questa donna che mostrò un grande amore a Cristo e fu da Cristo
tanto amata». Maria di Magdala faceva infatti parte del gruppo dei
discepoli di Gesù, lo aveva seguito fino ai piedi della croce e, nel
giardino in cui si trovava il sepolcro, era stata la prima testimone
della resurrezione, “testis divinae misericordiae”, come
la definisce Gregorio Magno.
Nello stesso articolo
Sanfrancesco dà spazio a un recente intervento sulla santa del
Cardinale Ravasi, il quale recisamente nega «la tradizione ripetuta
mille volte nella storia dell'arte e perdurante fino ai nostri
giorni, che ha fatto di Maria una prostituta. Questo è accaduto solo
perché nella pagina evangelica precedente – il capitolo 7 di Luca
– si narra la storia della conversione di un'anonima “peccatrice
nota in quella città”, colei che aveva cosparso di olio profumato
i piedi di Gesù, ospite in casa di un notabile fariseo, li aveva
bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli. Si
era così, senza nessun reale collegamento testuale, identificata
Maria di Magdala con quella prostituta senza nome». Un
elemento di ulteriore confusione sembra al cardinale
l'identificazione di Maria di Magdala con la Maria sorella del
Lazzaro risuscitato, che - anche lei – cosparge di olio profumato,
ma quella Maria non è di Magdala, ma di Betania.
Questa
stessa distinzione fra le “tre Marie” nel testo evangelico si può
leggere nel vecchio articolo che segue, opera di uno storico delle
religioni laico e marxista che a lungo collaborò con “il
manifesto”, Alfonso Maria di Nola, il quale però lascia
chiaramente intendere che la confusione di cui parla Ravasi fu
incoraggiata da non poche autorità ecclesiastiche che nei secoli
misero le prostitute sotto la protezione della santa Maddalena.
L'articolo, peraltro, non manca di sottolineare altri interessanti
aspetti della venerazione di codesta santa donna. (S.L.L.)
Il Santuario di Santa Maddalena a Vèzelay (Borgogna) |
Maria Maddalena, la santa che tanto amò Alfonso M. di Nola
In uno degli episodi più
densi e forse più inquietanti della narrazione evangelica, Gesù si
fa scandalo ai suoi discepoli e sconvolge tutte le sicurezze del
moralismo bigotto. Entra in un borgo della Galilea e accetta
l’ospitalità sollecita di Simone, indicato nei testi come il
Fariseo o il Lebbroso. E, mentre con gli ospiti è disteso sul
triclinio a mangiare, un’anonima donna, ben nota per i suoi
peccati, entra nella sala, si pone ai piedi di lui e li bagna di
lagrime, asciugandoli poi con i suoi capelli e ungendoli con un
balsamo profumato che ha portato con sè in un vaso. Secondo una
differente versione evangelica, l'anonima peccatrice gli versa
l'unguento sul capo. Gesù vanifica le aspre critiche sollevate dai
discepoli con un memorabile detto che riscatta nell’amore vissuto
nella carne e nello spirito ogni peccato: «I suoi molti peccati le
sono stati perdonati perché ha molto amato».
C’è un’altra donna
nelle giornate che precedono il dramma finale della crocefissione.
Siamo a Betania, sei giorni prima della Pasqua, e Gesù visita
Lazzaro che aveva resuscitato dal gelo cadaverico. Gli offrono una
cena, e la sorella di Lazzaro, Maria, «presa una libbra di profumo
di puro nardo, molto prezioso, unse i piedi di Gesù e li asciugò
con i suoi capelli» e la casa si riempì di profumo, mentre Giuda di
Iscariot, il cassiere del gruppo dei seguaci, protestava per lo
sperpero di una merce rara che, venduta, poteva rimpinguare il
gruzzolo conservato dai discepoli.
Una terza immagine
femminile, più decisamente delineata, è Maria di Magdala, presso il
lago di Tiberiade, che Gesù libera da sette demoni che la
posseggono, e la fanciulla, uscita dalla possessione che le scoteva
le membra, resterà fra le più fedeli presenze nelle vicende terrene
del suo liberatore. Segue il Maestro fino in Giudea, è ai piedi
della croce sull’altura del Calvario e, all'albeggiare del sabato
successivo alla morte, si porta a visitare la tomba che trova vuota,
mentre un giovane in aspetto di angelo le rivela che quegli che era
sepolto è resuscitato e la invita a portare ai discepoli assenti
l’annunzio della letizia. Il Risorto, poi, prima che ad ogni altro,
le appare dopo la resurrezione, quasi a premiare la sua tacita
fedeltà.
Dalla commistione di
queste tre diverse donne nasce nella devozione medioevale, nonostante
la diversa opinione degli esegeti, difensori delle tre diverse
identità, la leggenda fascinosa di Maria Maddalena, che le genti
cristiane di Oriente e di Occidente commemorano il 22 luglio, data
nella quale la si fa morire ad Efeso, la prima sede del suo corpo che
fu poi portato, fra la fine del IX e i primordi del X secolo, a
Costantinopoli, insieme a quello di Lazzaro, divenuto ormai, nella
tradizione, suo fratello.
Addizioni apocrife, cui
era interessato il santuario di Vèzelay in Borgogna, una delle
meraviglie dell’architettura francese, ampliano verso territori
narrativi molto ricchi il primo nucleo mitico, connettendolo a quella
Provenza che diverrà il centro di diffusione europea del culto.
Per riassumere in poche
linee la rielaborazione agiografica di Jacopo da Varagine, che, nella
Legenda Aurea, riconnette le intricate fila di una tradizione
già antica alla sua epoca, gli Ebrei, ancora una volta vittime di
accuse cristiane, dopo la morte di Gesù affidano Lazzaro, Marta, la
Maddalena e Massimino, il primo evangelizzatore della Provenza, ad un
periglioso vascello, privo di vele e di remi. I santi profughi,
abbandonati alle intemperie del mare, approdano, per intervento
divino, a Marsiglia e evangelizzano l’intero territorio. Mentre
Marta si ritira in un convento, Maria Maddalena sceglie l’eremitaggio
in una grotta dell’orrido deserto della Sainte-Baumme, a pochi
chilometri da Saint-Maximin. Ivi resta trent’anni, nutrendosi
soltanto di erbe selvatiche e di radici di alberi, e, quando i suoi
abiti cadono logori, Dio le copre le nudità con i capelli lunghi
fino ai piedi. Gli angeli la sollevano sette volte al giorno fino al
cielo, trascrizione mitica, questa, delle estasi cui la portava la
sua rigida ascesi. Al termine dei trent’anni, San Massimino la
visita, assiste alla sua esperienza estatica, la comunica, mentre
ella si spegne fra gli angeli che la sollevano cantando e
salmodiando, al cielo.
Il Santuario di Santa Maddalena a Vèzelay (Borgogna) - Interno |
In questa nuova versione
agiografica, il corpo della santa sarebbe stato portato a Vèzelay
dalla prima sede, quella di Aix-en-Provence, quando il monaco
Badilone lo sottrasse furtivamente. Ma con Vèzelay concorreva la
chiesa di Saint-Maximin, che, possedendo varie reliquie della
Maddalena, divenne meta di pellegrinaggi imponenti da tutta l’Europa.
Fama di miracoli circondò
subito il culto, cui si aggregavano i pesanti interessi economici dei
monaci in lotta fra loro. Proprio questi interessi spiegano
l’eccezionale moltiplicazione delle pretese reliquie: oltre quello
di Vèzelay, cinque corpi venerati o conservati a Costantinopoli, a
Roma (diviso in due parti, una a S. Giovanni in Laterano, una a S.
Maria del Popolo), a Monserrato, a Napoli, a Saint-Maximin in
Provenza; un frammento di pelle a Parigi; il mento a Saint Denis; un
braccio a Marsiglia; i capelli in molte chiese. E tale era la
scomposta passione di garantirsene la magica protezione che sant’Ugo
di Lincoln (XII sec.), nella sua visita a Fècamp, «estrasse con un
morso due piccoli frammenti dell’osso del braccio della
veneratissima seguace del Cristo».
Modello della prostituta
convertita e della penitente esemplare, la santa diviene, con santa
Pelagia, santa Maria Egiziaca e sant'Afra, patrona delle meretrici,
anche in memoria della vita lubrica precedente la conversione e spesa
fra tentazioni, lussurie, gioielli, danze e banchetti, prossima
all'immagine della cortigiana, quale la pittura andò
rappresentandola fino alle soglie dell’età nostra. In una delle
tante sacre rappresentazioni, che il pubblico medioevale divorava, la
santa confessa: «A tutti io sono abbandonata, / venga ciascuno,
nunabbia alcuna paura,../ Ecco.il mio.corpo che io presento / a
chiunque voglia possederlo».
Le case conventuali di
penitenti, di converse, di femmine «di malo affare» appaiono spesso
a lei intitolate in molte città di Europa. Nel 1520, a Roma, che
aveva 50000 abitanti e un migliaio di prostitute, Giulio dei Medici
fa costruire sul Corso un monastero per convertite sotto il titolo di
S. Maria Maddalena, ammettendovi soltanto le prostitute piovani e
belle. Ancora nel 1865 in via di San Francesco di Sales un padre
camillino erigeva un ricovero per le traviate sotto lo stesso nome,
che, nel 1870, ospitava trentotto donne. A Napoli nel famigerato
vicolo del Malpasso, la regina Sancia fece erigere per le «donne
perdute» quella Maddalena, che divenne poi, il brefotrofio
dell’Annunziata.
Sorsero ordini e
congregazioni religiose dedite al recupero della «traviate» e
presero il significativo nome di Maddalene o Madelenettes o Penitenti
della Beata Maria Maddalena.
Tema caro alla miniatura
medioevale, alle xilografie e ai rami rinascimentali e seicenteschi,
passa poi ai grandi pittori barocchi, ora nelle forme di femmina
gaudente e ammaliatrice nella sua provocante procacità, ora nel
tetro ritiro della Santa Grotta, spesso con il teschio e la fiala dei
profumi. E la sua fortuna, anche nelle plebi contadine, è dovuta
agli altri patronati a lei attribuiti contro il cattivo tempo e a
protezione delle vedove, delle vergini, dei profumieri e aromatari,
degli ammalati di infezioni dermiche che erano unti con una mistura
preparata con una formula in suo nome. I contadini, poi, nel XIII
sec., scrutavano il cielo notturno e vedevano nelle macchie della
luna le lagrime salutari della grande penitente, una credenza
connessa al potere a lei attribuito sulle malattie degli occhi che
vengono liberati dalle lagrime se li si bagna con l’acqua di una
delle molte fonti a lei dedicate.
“il manifesto”,
Domenica 16 luglio 1989
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