Il Meridiano Mondadori s’intitola "Lo spettatore critico. Politica, filosofia, letteratura". L’autore è Nicola Chiaromonte, nato in provincia di Potenza nel 1905 e morto a Roma nel 1972. L’ideatore del progetto editoriale e curatore è Raffaele Manica, il quale ha scritto, oltre all’avvincente Cronologia (folta e dettagliata), un lungo saggio introduttivo che fissa un punto fermo, nei modi d’un discorso finalmente restitutivo, nella storia della ricezione di questo prosatore il cui destino fu quello d’un isolato che, per paradosso, fu però subito riconosciuto come maestro (seppure “segreto”), dimostrando d’aver letto il proprio tempo con assoluta lucidità e previsto con impressionante nitidezza di sguardo quanto sarebbe ogni volta accaduto («Specialista dell’anticipare» lo definisce felicemente Manica). Un uomo sempre dalla parte della ragione, se vogliamo riconoscere alla Storia -la sua musa- un qualche ruolo di giudice di ultima istanza, di Corte di Cassazione, insomma, epperò costretto a subire l’egemonia euforica e dogmatica di chi invece ebbe torto, ma più tardi, solo in quel terzo grado di giudizio. Sentite ciò che Chiaromonte scriveva nell’introduzione alle "Opere" di Albert Camus pubblicate nel 1968, in un momento di delirio iconoclasta di massa, relativamente alla contrapposizione tra Oriente comunista e Occidente capitalista: «La ragion politica era per tutti un assoluto: agli uni serviva a commettere crimini, agli altri a non impedire che se ne commettessero; a tutti egualmente, però, a respingere il confronto fra le idee e i fatti, ossia il giudizio del senso comune, che è la sola base su cui il cittadino può essere stimolato a intervenire nelle faccende pubbliche». Già, il «senso comune», proprio nel significato promosso da Raffaele La Capria in anni recenti: quale serena disposizione a dire che piove, se fuori effettivamente piove, mentre tutti si ostinano, in ossequio al tiranno di turno, a gridare che c’è il sole se lui lo proclama.
MASSIMO ONOFRI
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