I libri di storia non parlano della loro storia. Eppure in piena prima guerra mondiale, in alcuni paesi della provincia di Agrigento, ci fu un movimento pacifista organizzato da alcune donne. Un romanzo, un romanzo storico ricostruisce la loro storia, "Trenta giorni e 100 lire di Ester Rizzo, pubblicato dall'editore Navarra sarà presentato domani a Palermo. Ecco l'articolo che ricostruisce questa vicenda che l'autrice Ester Rizzo ha documentato con una lunga frequentazione in archivio. (B.P.)
Dalla edizione palermitana di Repubblica del 17 febbraio 2023
I
lenzuoli per le pace delle donne siciliane
di
Eleonora Lombardo
Gaetana Castronovo, di anni 45, Giuseppa Sambuto, di anni 46, Calogera Sambuto, di anni 54, Crocifissa Scerra, di anni 20, Maria Castronovo, di anni 23, e ancora, Inguanta Lorenza, Angela Capizzi, Maria Cammalleri, Felicia Melilli, Domenica Lo Giudice. È una parte di quello che resta nella memoria ufficiale, nomi ed età delle donne che tra il 1916 e il 1917 a Palma di Montechiaro, Campobello di Licata e Ravanusa osarono marciare contro una guerra ingiusta, ostentando lenzuola bianche al grido di “ Basta guerra”, come le loro “nipoti” dei lenzuoli contro la mafia. Di loro la memoria collettiva non ha mantenuto traccia se non per le sentenze degli arresti e delle condanne a loro inflitte. Donne condannate per la loro volontà di pace e per questo dimenticate. E non c’è peggior condanna, dell’oblio. Ma ora, oltre i loro nomi, sentimenti, coraggio, solidarietà e resistenza di queste antenate che non ebbero paura di contestare la guerra, il re e i podestà nella Sicilia travolta dalla Prima guerra mondiale, hanno ripreso vita nel saggio romanzato di Ester Rizzo “ Trenta giorni e cento lire” edito da Navarra. Trenta giorni di prigione e cento lire di multa è la condanna che si può leggere con chiarezza in un documento della pretura di Campobello di Licata, fascicolo penale del 1917, oggi conservato all’Archivio storico di Agrigento ed è da qui che è iniziato il lavoro meticoloso e pieno di ardore di Rizzo. «Avevo letto poche righe sulle pacifiste siciliane della Prima guerra mondiale nel libro di Santi Correnti “ Donne di Sicilia” e da allora la mia ossessione è stata cercare documenti che ne raccontassero le storie - dice Rizzo - Inizialmente non ho trovato nulla, il vuoto. Sono arrivata al punto di dubitare che fossero mai esistite. Poi, all’archivio di Agrigento ho trovato le condanne. Nomi, età, paternità e anche la possibilità di risalire alle loro azioni». Sono madri, fidanzate, mogli, sorelle di uomini partiti per combattere una guerra feroce, sono donne che affrontano ogni giorno la guerra della miseria e che quando non ce la fanno più, dopo essersi strappate i capelli ed essersi battute il petto versando lacrime di dolore alle notizie di corpi travolti da fango e sassi, lanciati a morire al grido di “ Avanti”, straziati dalla nube di gas sul San Michele o fucilati come disertori, in quell’intreccio di paura e coraggio, patriottismo e codardia, decidono di dire basta. E si danno appuntamento nel corso del proprio paese per marciare compatte fino alla piazza del Municipio, non prima di avere preparato la cena temendo di essere arrestate e di non potere accudire, come sempre, anziani e bambini. «Queste storie le hanno volute gettare nell’oblio perché erano molto scomode, una rivoluzione pacifista contro il re, i podestà, contro i carabinieri, le autorità. Hanno dato fastidio. Le loro proteste sono state derubricate come atti di isteria femminile - aggiunge Rizzo - Ma è troppo importante oggi, mentre infuria una nuova guerra, dare spazio alla memoria di queste donne rivoluzionarie che lanciano un messaggio contro lo stereotipo della donna sottomessa dei primi del Novecento» Rizzo ha lavorato attingendo a tutte le risorse possibili, dai pochi documenti è poi passata a ricostruire l’ architettura e l’economia dei vari paesi, ha intarsiato i documenti con invenzioni plausibili di sentimenti e storie private, restituendo un affresco vivido che dimostra che, esattamente come per la Seconda guerra mondiale, anche durante il conflitto del ’15-’18 le donne in Sicilia si erano fatte carico della vita sulle loro spalle e avevano combattuto la loro guerra. Una guerra senza spari, ma una guerra. Non potevano votare, la maggior parte non poteva neanche ambire a un’istruzione, ma furono capaci di dire no con coraggio, usando come simbolo proprio quel lenzuolo bianco che tanto significato avrebbe assunto nella storia di opposizione delle donne siciliane alla violenza e all’ingiustizia.
Rizzo imbastisce intorno a due figure di sintesi, Angelina, intelligente e coraggiosa donna del popolo, e Concetta, colta borghese, un intreccio di storie documentate di quell’opposizione femminile nella quale divenne fondamentale il passaggio del sapere dalla borghesia al popolo. Tra le citazioni preziose del libro, quella di Elvira Mancuso, scrittrice e insegnante che nel 1907 scrisse “ Sulla condizione della donna borghese in Sicilia. Appunti e Riflessioni”, una delle prime e più importanti ricognizioni sullo stato delle donne siciliane. « Esistevano tantissime donne che non obbedivano e non erano disposte ad accettare. Nella costruzione della pace le donne sono state sempre in primo piano. A partire da Lisistrata. Una delle pacifiste a Licata era chiamata proprio così - spiega Rizzo - E le donne oggi stanno prendendo l’eredità di queste antenate». C’è una storia da riscrivere perché, come si legge nel libro, « Le donne furono messe da parte, invitate a rientrare fra le mura domestiche. La Storia fu scritta dagli uomini che ignorarono l’eroismo quotidiano delle italiane. In fondo, come poteva scriversi una Storia fatta di fatica che odorava di dedizione, di amore, di sopportazione ma anche di protesta e ribellione?».
Nessun commento:
Posta un commento