28 ottobre 2011

PASOLINI PIU’ VIVO CHE MAI

E’ in corso di stampa il n. 16/2011 della rivista Quaderns d’Italià dell’Universitat Autònoma de Barcelona in cui è compreso il saggio Lingua e potere in Pier Paolo Pasolini dello scrivente. Mi piace anticiparne la conclusione, alleggerita dalle note, in questo spazio:


Rileggendo gli scritti di Pasolini si rimane colpiti dalla loro intatta forza espressiva e comunicativa, dalla loro resistenza al tempo. Il fatto stesso che alcune sue parole-chiavi (Palazzo, omologazione, mutazione antropologica, sviluppo senza progresso) siano diventate senso comune mi sembra un’ulteriore prova dell’attualità dell’analisi pasoliniana. Particolarmente centrata la sua critica al consumismo, percepito e vissuto come “un vero e proprio cataclisma antropologico (Scritti corsari, pag. 135). Basti pensare a quello che è avvenuto ieri a Roma per l’acquisto dell’ultimo modello di televisore al plasma!

E’ vero che in essa si ritrovano motivi presenti già nella Scuola di Francoforte, ma è sicuramente nuovo il linguaggio usato, la sua estrema chiarezza ed immediatezza che l’hanno reso comprensibile a tutti. Pasolini, con il suo acuto sguardo antropologico, è stato tra i primi a capire la centralità che ha la televisione nella società contemporanea.

Fin dagli anni ’60 - sviluppando la geniale intuizione gramsciana rilevante il nesso stretto esistente tra lingua, società e potere - aveva colto nelle prime manifestazioni del linguaggio tecnocratico l’emergere di una nuova classe sociale tendenzialmente egemone. Ma, a differenza di tanti intellettuali odierni, non ebbe paura di andare contro corrente, di mettersi in gioco in prima persona, rompendo schemi e logiche di schieramento precostituito.

Più volte, dopo la sua morte, si è cercato di metterci una pietra sopra. I più cinici hanno perfino usato la sua orribile fine per farlo. Soltanto Leonardo Sciascia, a modo suo, ha tentato di mantenere viva la sua lezione. E non è un caso che sia stato proprio un discepolo di quest’ultimo, Vincenzo Consolo insieme a pochi altri, in un manifesto del giugno 2000, ad utilizzare il lessico pasoliniano per tentare di aggiornarne l’analisi:

Caduto il regime democristiano per corruzione interna, per mafia, per crimini, è subentrato ad esso un partito di destra il cui leader (Silvio Berlusconi) è proprietario (caso unico in Europa) di tre reti televisive, oltre che di giornali e case editrici. Queste reti televisive, che poggiano la loro esistenza e la loro potenza sui messaggi pubblicitari, hanno negli anni inciso enormemente sulla cultura e sulla lingua italiana. La televisione statale, per ragione di concorrenza o di volontaria omologazione, si è conformata alla cifra culturale e stilistica di quella privata. Sempre più piccolo borghese, consumistico, fascista, il paese, telestupefatto, ha perso ogni memoria di sé, della sua storia, della sua identità. L’italiano è diventato un’orrenda lingua, un balbettio invaso dai linguaggi mediatici che non esprime altro che merce e consumo.

E, in un momento in cui l’Italia sembra davvero andare alla deriva, è bello vedere un giovane scrittore come Roberto Saviano, che con il suo Gomorra ha riscosso un meritato successo internazionale, indicare tra i suoi maestri il poeta di Casarsa.

Francesco Virga


1 commento:

  1. Caro Franco,
    quello che si è verificato a Roma con le code chilometriche per acquistare televisori, PC, e cellulari di ultima generazione è la conferma delle profezie di Pasolini risalenti a 40 anni fa.
    Nemmeno la crisi porta l'uomo a riflettere su cosa sia veramente essenziale oggi per vivere.
    Tutti questi osanna per il genio capitalistico dell'appena deceduto Steve Jobs magnate della Apple, tutti questi osanna nei confronti della tecnologia, questi modelli di superuomini che inventano nuovi modelli di vita, nuovi costumi, nuove chiavi di successo, nuovi bisogni per i consumatori. Oggi l'I-phone è entrato a far parte del paniere del consumatore medio, cioè occupa il suo posto accanto al pane e all'acqua, beni necessari per vivere. L'uomo non decide più di testa propria, le sue scelte quotidiane sono pensate dall'alto, i suoi bisogni sono creati da quella che Pasolini avrebbe chiamato "la dittatura del consumo".
    Franco, non te lo dico perchè ti sono amico, ma il tuo saggio è un contributo notevole per la comunità alla quale appartieni. In pochi scrivono di Pasolini a Marineo, e forse nessuno come tu sai fare. Grazie !

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