Oggi vogliamo ricordare Andrea Zanzotto, uno dei più grandi poeti e saggisti del 900, scomparso la settimana scorsa, a partire da una sua poesia lunare, molto leopardiana, intitolata Nautica celeste:
Vorrei renderti visita
nei tuoi regni longinqui
o tu che sempre
fida ritorni alla mia stanza
dai cieli, luna,
e, siccom'io, sai splendere
unicamente dell'altrui speranza.
Gianluigi Beccaria su Zanzotto e sulla poesia in generale, su La Stampa di oggi, ha scritto parole che dureranno nel tempo. Lo studioso di linguistica ci ha ricordato che non esiste nulla al di fuori del linguaggio e ciò che non è più nominato, anche per questo, smette di vivere. Così ogni lingua è un’eredità, ogni lingua che scompare è un pezzo di umanità che si dilegua, così come ogni saggio che scompare è come una biblioteca che va a fuoco.
Il mondo non è più lo stesso ora che non c’è più Andrea Zanzotto. Ora che è venuto meno sarà più difficile vedere in noi stessi. Con lui se ne sono andate anche le parole che avrebbe ancora potuto dirci.
Il mondo non è più lo stesso ora che non c’è più Andrea Zanzotto. Ora che è venuto meno sarà più difficile vedere in noi stessi. Con lui se ne sono andate anche le parole che avrebbe ancora potuto dirci.
Eppure, incalza Beccaria, c’è chi è del tutto indifferente alla poesia. Basti ricordare la provocazione dello scrittore polacco W. Gombrowics, Contro i poeti:
“Il mondo della poesia è un mondo fittizio e falso, la poesia non mi piace per la stessa ragione per cui non mi piace lo zucchero puro. Lo zucchero è gradevole se preso insieme al caffè (…). E’ l’eccesso ciò che stanca della poesia, eccesso di parole, eccesso di metafore, eccesso di nobiltà(…)”.
A prima vista le parole di Gombrowics sembrano vere: la poesia talora eccede, enfatizza cose che il linguaggio comune riduce al minimo e quello scientifico annulla. La lingua della poesia sembra (in superficie) qualcosa di abnorme, di non reale. La poesia spesso appare un fantasma sonoro e ritmico, una contraddizione in termini.
Nel “consumo spaventoso e terrificante di parole e di immagini che si fa oggi” nel contesto di un bla bla universale, in questa “ colluvie di chiacchiere inutili”, come scriveva Zanzotto, dove la parola è esposta come puro rumore, la poesia col suo suono incantatorio e col suo buio aiuta, come la notte, a lavare la mente e portare una luce.
F.V.
Caro Franco,
RispondiEliminaOltre a restare ammutolito, come conviene, di fronte alla poesia di Zanzotto mi viene in mente che sarebbe interessante conoscere la tua opinione, da profondo conoscitore di Gramsci e Pasolini, sul ruolo sociale della poesia (non necessariamente quella impegnata).
fabrizio
Caro Fabrizio,
RispondiEliminapremesso che non tutte le cose buone create dall'uomo debbano necessariamente avere una funzione sociale, mi riprometto di tornare sul tema quanto prima.
F.V.