“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.” Antonio Gramsci
21 gennaio 2012
Si è spento il sorriso di Vincenzo Consolo
Ho appreso da pochi minuti la notizia della morte di Vincenzo Consolo. L’Italia perde un grande scrittore ed io un amico. Avrò modo di tornare a parlare dell'uomo e dei suoi libri. Stasera mi limito a ricordarlo con le parole scritte da Roberto Saviano all’inizio della sua carriera:
Per me Vincenzo Consolo è un maestro. Il meridionalismo di Consolo è la lettura di un paese incompleto. E nel Sud trova i motivi di ciò che nel paese non è, non è stato e rischia di non essere! Mi rivolgo ai ragazzi: al di là delle letture accademiche, Consolo racconta il nostro destino, quella condizione umana cha la condizione meridionale tanto rappresenta. Come scrive George Orwell: «Voglio raccontare il vero, senza rinunciare al bello!». Il Mandralisca è tormentato dalla paura di non essere altro che un intellettuale, e questo intellettuale deve giustificare se stesso, essere intellettuale può essere una condizione deprimente nella misura in cui la parola non riesce a mutare ciò che racconta, e di questo tormento credo sia pieno Consolo stesso. Chi sfregia il volto de Il sorriso dell'ignoto marinaio è l'autore stesso, che odia quel sorriso ammiccante, che non si rende conto della situazione umana, non si rende conto perché può rendersene conto. Secondo me, quello che diceva Giustino Fortunato sul meridionalismo, ossia che al Sud esiste una democrazia monca, Consolo lo riafferma nella misura in cui l'intellettuale non deve parlare per conto di coloro che non sono in gradi di esprimersi, ma al contrario deve fare in modo che questa umanità si esprima. Il nobile possiede la grammatica e riesce a dare la sua versione ufficiale delle cose e, l'intellettuale ingenuamente crede di poter usare la stessa grammatica per raccontare invece una storia altra da quella del potere. Una volta chiesi a Consolo per lettera quale dovesse essere il mio percorso di scrittura, ovviamente, non rispose alla lettera, poi quando c'incontrammo mi disse: «Devi usare una lingua che non sia una lingua del potere, una scrittura che sappia capire la verità». Io credo che Consolo non sia affatto un pessimista, ma uno scrittore che ha la malinconia di tutti gli scrittori che considerano la verità una necessità della loro scrittura.
Roberto Saviano su L’Unità del 9 ottobre 2006.
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