Stendhal (Marie-Henri Beyle) termina la sua Certosa di Parma con la dedica: "To the happy few". Elsa Morante, ne Il mondo salvato dai ragazzini, riprende l’espressione stendhaliana scrivendo una delle canzoni più belle che io conosca. Per apprezzarla fino in fondo bisogna comunque leggere o rileggere l’intero libro.
La canzone degli Infelici Molti e dei Felici Pochi
Ah, Dottori Dottori! alla vostra età!
Ma perché, perché, ma
p e r c h é
signori Dottori I(nfelici) M(olti) dell’Universo
con tutto che vi addottorate e vi baccalaureate
e vi improfessorate nelle Università
e la storia e la geografia studiate viaggiate vi scafate, le macchine fabbricate
sviscerate la scienza
inventate l’atomica e il volo lunare
però questa primaria lezione dell’esperienza
ancora non la volete imparare?
Ve lo ripeto, o Signori I.M., non c’è verso:
con i F(elici) P(ochi) non ce la potrete mai spuntare.
Quelli conoscono il volo da prima assai dell’aviazione conoscono
la medicina che guarisce tutti i mali da prima assai
della penicillina quelli sanno la resurrezione
dai morti!
Non illudetevi di poterli eliminare.
Magari vi credete d’averli mangiati quando invece sul più bello del vostro banchetto
rieccoli che tornano a zompare
sui vostri piatti.
Quelli sono incredibili inconcepibili inammissibili sono tutti matti.
E non cullatevi nella speranza di poterli r i e d u c a r e
indi paternamente legittimare.
(…)
Sappiàtelo, o padri meschini I(nfelici) M(olti) d’ogni paese:
se ancora il corpo offeso dei viventi resiste
in questo vostro mondo di sangue e di denti
è perché passano sempre quelle poche voci illese
con le loro allegre notizie.
Contro le vostre milizie sevizie immondizie
imprese spese carriere polveriere bandiere
istanze finanze glorie vittorie sciarpe littorie & sedie gestatorie
contro la vostra sana ideologia la vostra brava polizia
ghepeù ghestapò fbi min-cul-pop ovra rapp & compagnia
e tutta la vostra mortuaria litania
ci vale solo quell’unica eterna scaramanzia:
l’allegria
dei F(elici) P(ochi)
Come vannio i Vostri Reali E i Presidenti E i Generali
E i Rendimenti gli Emolumenti? Siete contenti dei Vostri Affari?
In Famiglia tutto bene? La Signora si mantiene?
E la Bomba come va? La più bella chi ce l’ha?
La Mammà dei Capitali o il Papà dei Proletari?
Bravi bravi complimenti. Siete sempre Regolari.
Troppo uguali. Troppo uguali. Troppo tristi e troppo uguali
troppo uguali e troppo tristi. Troppo tristi troppo tristi
tristi TRISTI. Non vi viene mai lo sfizio d’essere meno tristi?
Comunque, se vi piace la tristizia, godetevela voi la vostra.
Questa terra non è mica roba vostra. E’ da secoli e da millenni
che noi cerchiamo di farvelo capire.
Mamma nostra non ci ha mica fatto per servire agli usi vostri.
Mica ci ha fatto gli occhi per guardare le tristi facce vostre.
Mica ci ha fatto gli orecchi per ascoltare le tristi chiacchiere vostre.
La vostra guerra non è la nostra. Noi siamo per l’allegria
e la grazia, ossia
la felicità.
E perché poi fate tanto fracasso? Silenzio! Taisez vous! Shut up!
Via! Fatevi in là!
Basta!
Ci avete
definitivamente obiettivamente finalmente
stufato.
E voi, poveri Molti
gli infelici e stolti,
di padri infelici e stolti,
perché vi lasciate voi minorare?
Fino a quando vi metterete a servizio? Non sapete che a lungo andare
la servitù non è più necessità
nè fatalità nè virtù ma
vizio?
Che aspettate a promuovervi alla vostra maggiore età?
Non vi viene mai lo sfizio di indagare
sulla vostra reale infelice condizione?
d’impiegare una parte del vostro tempo libero
in qualche reale felice meditazione?
Voi dite: Preferiamo la televisione che ha quarantamiliardi d’abbonati.
Quei tuoi vantati F.P., per quanto ce li sventoli, sono quattro gatti.
La forza sta nel numero.
Beh – vi rispondo io, – secondo i casi. Per esempio,
chi più varrà: quattro gatti coi coglioni intatti o quarantamiliardi di castrati? Eh? chi lo sa?
Va’, va’,
tu ci strazi, vecchia, coi tuoi discorsi astratti. Qua parlano i fatti.
Avete ragione, ragazzi.
E allora eccovi i fatti: il numero, agli I.M., chi glielo dà?
Il numero siete voi: questa in sostanza, è la triste o magari non triste verità.
E non vi viene mai lo sfizio di scombinare, olà,
le cifre dell’operazione ordinaria? di sfondare alfine per sempre le porte della stanza magica
dove quei tristi padri della tristezza da centinaia e migliaia
d’anni si rinchiudono a manovrare?
Aria, aria,
a questa prigione infetta. Noi qua viaggiamo sul cellulare dell’ignoranza.
Non sappiamo né l’inizio né la conclusione. Ogni istante ci affretta verso l’ignota destinazione.
Ci conviene approfittare d’ogni occasione correre a qualsiasi speranza non trascurare nessun indizio.
Chi sa quel che vi aspetta alla prossima stazione?
Date retta a questa mia povera canzone.
Non è detta
che prima ancora del giorno del Giudizio
quei pazzi F. P. non vi mettano in minoranza.
Forse vi converrebbe cominciare qualche esercizio
per trovarvi preparati alla possibile circostanza.
Sarebbe una magnifica stravaganza
di scavalcare tutti insieme i tempi brutti
in un allegro finale: FELICI TUTTI!
Forse, il primo segreto essenziale
della felicità si potrebbe ancora ritrovare.
L’importante sarebbe di rimettersi a cercare.
[Elsa Morante - Il mondo salvato dai ragazzini (1968), Einaudi]
Per chi conosce poco Elsa Morante può essere utile leggere il breve ritratto che ne ha fatto Goffredo Fofi:
RispondiElimina“L'opera morantiana è in definitiva religiosa e metafisica più che storica e realistica, e forse influenzata dalla filosofia indiana più che da quella occidentale, anche se sono occidentali Rimbaud, Mozart e Hoelderlin che sono i vati del "Mondo salvato dai ragazzini" e Simone Weil, Spinoza, Giordano Bruno, Gramsci, e naturalmente Gesù, e naturalmente tanti sconosciuti tra i Felici Pochi la cui lezione rimane incomprensibile agli Infelici Molti* a cui noi ci ostiniamo ad appartenere.
Elsa Morante ha raccontato in definitiva, in modi sempre nuovi e diversi, una stessa storia di conoscenza e di sconfitta, ma ha anche continuato a dirci che scopo della poesia (e dunque della vita, dunque anche nostro) dev'essere quella "lotta contro il drago" dell'irrealtà, che ci nasconde la bellezza e l'armonia, e ci costringe all'odio e alla bruttezza. La vitalità e magnificenza con la quale ella ha raccontato questa lotta sono incomparabili, e le sue opere hanno pochi confronti nella letteratura del Novecento, oggi che ne possiamo vedere e giudicare tutta la diversità, l'originalità.
Ma è forse a "La Storia" che, nonostante che in tanti l'abbiano voluto così svalutato nientemeno che in nome della politica e dell'avanguardia, che oggi noi ci sentiamo più vicini, perchè la Storia non ha fatto che confermare il pessimismo della sua autrice, e quello che è venuto dopo la sua morte è stato ed è un continuo ossessivo trionfo del Drago dell'irrealtà. Il Potere esiste e colpisce, e l'uomo ne è succube e schiavo, e quando vi si è ribellato è stato troppo spesso per stabilire un altro Potere ugualmente tremendo. Però la Morante ha messo in epigrafe a "La Storia" un verso di Cesar Vallejo: "por el analfabeto a quien escrivo", e ha parlato in nome delle vittime della Storia, delle "cavie che non sanno il perchè della loro morte". Gli ultimi, gli innocenti, i bambini.”
( da un articolo di Goffredo Fofi pubblicato su Il Mattino 24 nov.2005)