30 gennaio 2012

La religiosità pirandelliana




Riprendiamo l’invito a rileggere gli autori classici con una breve ma acuta analisi di Rosa Corrado della religiosità di Luigi Pirandello.







La festività del Natale si trova al centro di alcune novelle di Pirandello come La messa di quest’anno, Un goj, Natale sul Reno, Sogno di Natale. In quest’ultima, apparsa nel 1896 e inserita in Appendice a Novelle per un anno, è presente, in forma onirica, la riflessione forse più intima e profonda sulla fede e sulla figura di Gesù Cristo.

Il protagonista – narratore anonimo identificabile nel giovane Pirandello - preso dalla nostalgia «pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza» prova a «rivivere fors’anche per un minuto» la vita come immagina debba svolgersi nei luoghi dell’infanzia nel giorno della festa e in tale stato d’animo s’addormenta.

Ha inizio il racconto onirico.
E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d’incontrare Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo Natale. Egli andava quasi furtivo, pallido […] pareva pieno d’un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita
L’io narrante diventa l’ombra di Gesù e lo segue.
Sparirono a un tratto le vie delle città: Gesù, come un fantasma bianco splendente d’una luce interiore, sorvolava su un’alta siepe di rovi, che s’allungava dritta infinitamente, in mezzo a una nera, sterminata, pianura. E dietro egli si portava agevolmente me […]
In sogno, egli continua a seguire Gesù lungo «una via luminosa» su «le nere acque» del mare.
A un tratto la luce interiore di Gesù si spense: traversavamo le vie deserte d’una grande città.
Gesù si sofferma ad origliare alle porte delle case più umili ove non avverte segni della propria presenza ma ode parole di odio e invidia e dice gemendo: - Anche per costoro io son morto…
Andammo così […] finché Gesù innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch’ero la sua ombra per terra, non mi disse: - Alzati e accoglimi in te. Voglio entrare in questa chiesa e vedere.
Era una chiesa magnifica, un'immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d'oro alla volta, piena d'una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l'altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d'incenso. Al caldo lume dei cento candelieri d'argento splendevano a ogni gesto le brusche d'oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.
- E per costoro - disse Gesù entro di me - sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.

La chiesa «magnifica» ricca e potente è una chiesa nella quale Gesù, ritornato sulla terra, non si riconosce. Cristo misura in essa il tradimento del messaggio evangelico; egli si pone perciò alla ricerca di un uomo di buona volontà che lo accolga in sé. Ma anche in questa ricerca resterà deluso constatando l’assenza di uomini di buona volontà.
Cerco un'anima, in cui rivivere. Tu vedi ch'io son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l'anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un'anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d'ogn'altro di buona volontà.
- Ah! io non posso, Gesù... - feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.

Il protagonista non ha il coraggio di rinunciare alla sua casa, ai suoi cari, ai suoi sogni.

Il brusco risveglio dal sonno come se la mano […] m'avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, trova il giovane in preda ai «tormenti» (gli affanni della vita, le insidie del dubbio). E stropicciandosi la fronte indolenzita confessa il suo rifiuto a Cristo: - E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa.

Problematica ed aperta l’interpretazione della novella, così come problematici e non risolutivi sono tutti i passi in cui Pirandello si misura con la tematica della fede religiosa.
La novella ha inizio con il desiderio nostalgico del protagonista di rivivere la festa natalizia della sua infanzia («suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori…») ma il sogno lo conduce in altra direzione. L’ombra del soggetto onirico segue Gesù venuto a cercare sulla terra i segni della propria presenza nel giorno della festa che lo celebra. C’è la festa ma manca il festeggiato. Sulla terra, in ogni ceto sociale, non c’è traccia di carità, fratellanza, amore, di quel messaggio evangelico che affascinò sicuramente il nostro Autore.
L’improvviso risveglio vede il sognatore lontano dalle memorie infantili in cui si era addormentato. Egli è ora un adulto, roso dal tormento della ragione, oberato dagli obblighi familiari (nel 1896 Pirandello, sposato da due anni, è padre), che gli impediscono di accettare la proposta di abbandonare tutto per accogliere il Cristo. (Proposta che appare più come invito a una fuga dal mondo che come coinvolgimento in una missione evangelica).
La fede ingenua dell’infanzia si è caricata di dubbi (tema delle novelle Canta l’epistola, La fede, Il vecchio Dio, etc…) si è infranta contro una chiesa corrotta (Il tabernacolo, Dono della Vergine Maria, etc…), è stata persa per sempre. Ma il ragionatore Pirandello conserva la sensibilità religiosa che gli aveva fatto vivere nell’esercizio della carità cristiana l’intensa fede della sua fanciullezza (raccontata nella novella autobiografica La Madonnina). E il tema della fede, nei suoi molteplici aspetti, attraversa l’intera sua opera narrativa e drammaturgica, dalla giovanile produzione in versi (Credo; Torna, Gesù; Primo rintocco) sino al secondo mito teatrale, il mito religioso, Lazzaro (1929). Si va dalla rappresentazione ora affettuosa ora divertita del sentimento candido degli umili, della loro fede-conforto alle pene del vivere, alla denuncia della religione rituale e ipocrita di molti rappresentanti dell’istituzione ecclesiastica (quasi tutti ricchi, oziosi, se non corrotti) che sfruttano la fede ingenua degli ignoranti. Altro tema ricorrente è la contrapposizione tra la fede come consolazione e bisogno dell’animo e la ragione scientifica, negatrice del soprannaturale e del mistero (L’ave Maria di Bobbio, Lo storno e l’Angelo Centuno e altre).
E’ presente, infine, la ricerca di una religiosità più profonda intima autentica, vissuta fuori dalle religioni rivelate e da ogni fede conformistica, in sintonia con la Natura e la Vita universale. Non di religione dobbiamo parlare, quindi, ma di «religiosità» pirandelliana intesa come quel sentimento dell’«oltre» insito già nella poetica dell’umorismo. Il motivo dell’oltre, con tutti i suoi connotati semantici, ci indica la chiave di lettura dell’opera e dell’ideologia pirandelliana. E’ sempre necessario, infatti, porsi oltre ciò che appare per comprendere sia il senso della vita, sia l’uomo, il vicino, il compagno di viaggio. L’unico modo per conoscere l’altro è andare al di là della maschera che ognuno di noi si costruisce, attraverso il sentimento, in una sorta di caritas cristiana che è forse l’unico punto in comune tra la religione cristiana e la religiosità pirandelliana. E’ per questo che Leonardo Sciascia definisce Luigi Pirandello «anima “naturaliter” cristiana, che si scontra con un mondo soltanto nominalmente cristiano».

Rosa Corrado, Chichibìo n. 58, 2011.





1 commento:

  1. Sciascia, ancora una volta, ha centrato il problema: L'anima cristiana che si scontra con un mondo solo nominalmente cristiano.

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