02 settembre 2015

IL VANGELO DI PASOLINI COMPIE 51 ANNI

P. P. Pasolini ed Enrique Irazoqui nel settembre del 1964 a Venezia



51 anni fa, al Festival del Cinema di Venezia, veniva presentato il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini.
In questo blog troverete diversi pezzi che abbiamo dedicato al capolavoro pasoliniano. Nel pezzo seguente - tratto da http://pasolinipuntonet.blogspot.com.es/ - vengono spiegate le ragioni che spinsero Pier Paolo a scegliere Enrique Irazoqui come protagonista del film.
 
Pasolini: così ho scelto il mio Gesù
Il regista aveva pensato allo scrittore Goytisolo a Kerouac e a Evtuscenko
Una lettera inedita a Nenni all´epoca del "Vangelo secondo Matteo"
La Repubblica - Nello Ajello, 30 settembre 2008
Con una citazione dal libro di Pietro Nenni -Tempo di guerra fredda. Diari e lettere 1943-1956, 
Sugarco Ed. 1981, riguardante il ritorno di Pietro Nenni a Milano, nell'ambito del suo rientro in Italia.


Pier Paolo Pasolini e Pietro Nenni. Le lettere, entrambe inedite, che essi si scambiarono, e che qui pubblichiamo per concessione della Fondazione Nenni e degli eredi dello scrittore, risalgono al marzo del 1964. Ne emerge un quadro vivace di vita culturale. Pasolini sta lavorando al suo sesto film, Il Vangelo secondo Matteo. Lo impegna a fondo la ricerca degli interpreti. La scelta di un volto che incarni la figura del Redentore gli è costata - dichiarerà in un´intervista - «quasi un anno di lavoro». Oltre che al romanziere catalano Luis Goytisolo, ha pensato agli scrittori Evgenij Evtuscenko e Jack Kerouac, cambiando ogni volta idea. Alla vigilia della sua visita a Nenni, c´è stato l´incontro risolutivo. Ha fatto da tramite Giorgio Manacorda, figlio del celebre storico marxista Gastone (1916-2000).

Futuro docente di letteratura tedesca, all´epoca Manacorda è laureando in lingue e poeta (i primi suoi versi sono apparsi su Paragone). Lavora nella redazione della rivista Nuova Generazione (che poi dirigerà) e nella federazione giovanile del Pci come responsabile della sezioni esteri. In Spagna è un momento caldo della Resistenza anti-regime. Al suo collega italiano si è rivolto, in cerca di denaro ed appoggi, uno studente di economia catalano, Enrique Irazoqui, diciannovenne esponente dell´opposizione contro Franco.

Quando Manacorda lo presenta a Pasolini, e lo scrittore gli propone di interpretare la figura di Cristo, sulle prime Irazoqui rifiuta, lasciandosi poi convincere dalla prospettiva del guadagno, che devolverà alla sua causa. Attrae il regista il fatto che il giovane catalano non si sia «mai sognato di fare del cinema». Nel reclutare gli altri attori Pasolini si è mosso nell´ambito degli scrittori suoi amici: Natalia Ginzburg per la parte di Maria di Betania, Enzo Siciliano come Simone di Canaan, Alfonso Gatto nella parte di Andrea, Francesco Leonetti in quella di Erode. Le comparse le recluterà fra i contadini di Lucania, Puglia, Calabria. Gente semplice, con un che di ieratico. Intende fare un film, dichiara, che esprima «l´intera mia nostalgia del mitico, dell´epico e del sacro».

Ma perché Pasolini è andato a far visita a Nenni, all´epoca vice-presidente del Consiglio? Nella lettera, il leader socialista accenna a suoi interventi in merito al film. Parla di un contatto con Angelo Rizzoli, e del rimando, da parte di quest´ultimo, ad Alfredo Bini, produttore del Vangelo. Fra Pasolini e Nenni s´è instaurato un rapporto di stima. A parere dello scrittore, Nenni avrà, nella storia nazionale «il suo posto per aver messo l´Italia della sozza eredità fascista sulla strada del laburismo». Anche per questo gli professa una simpatia «insopprimibile». Sentimenti che egli ha anticipato in una poesia intitolata appunto «Nenni» e apparsa sull'Avanti! Nel 1961. Così gli si rivolgeva: «Con che amore io vedo Lei, acerbo, - gli occhiali e il basco d´intellettuale - e quella faccia casalinga e romagnola, - in fotografie che, a volerle allineare, - farebbero la più vera storia d´Italia, la sola».

Nenni, dal suo canto, ha visto in Una vita violenta (1959) «un forte libro di un forte scrittore». Poi, assistendo al Vangelo secondo Matteo, lo giudicherà «un´opera di autentica poesia». Gesù, annota nel suo diario, «è visto come un agit prop comunista dei nostri tempi, ciò che forse è giusto. Ma allora capisco poco l´apprezzamento favorevole della chiesa». È un accenno al dibattito sorto intorno al film. In ambito cattolico si manifestano pareri discordanti: aperto favore da parte dell´associazione Pro Civitate Christiana e di esponenti del Centro San Fedele di Milano. Scandalo al vertice del Concilio Ecumenico. A metà strada si colloca L'Osservatore romano: il film è «fedele al racconto non all'ispirazione del Vangelo». Non esulta l´Unità: Pasolini ha «composto il più bel film su Cristo che sia stato fatto finora, e probabilmente il più sincero che egli potesse concepire. Di entrambe le cose gli va dato obiettivamente, ma non entusiasticamente atto».

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Quel giovane contro Franco
di Pier Paolo Pasolini

Egregio e caro Nenni, voglio chiederLe scusa per la visita di stamattina (così importante per me, ma così irrisoria davanti ai suoi impegni di questi giorni), e ringraziarLa per la Sua grande gentilezza.
Non resisto ora alla tentazione di dirLe una cosa che forse La commuoverà. Sa come ho trovato l´interprete di Cristo? Ero ridotto alla disperazione, solo pochi giorni fa, perché l'attore tedesco (ebreo) che avevo scelto, non mi convinceva più: non era il viso assoluto che cercavo. Mi ero rivolto allora a Luis Goytisolo (di cui finalmente avevo visto una fotografia, con una faccia, come si dice, straordinaria), e Goytisolo era, ed è, propenso ad accettare. Ma ecco che ricevo la più innocente delle telefonate, la più remota al caso: Giorgio Manacorda (il figlio di Gastone), che da tempo è mio amico, perché scrive dei versi molto belli - belli perché più politici che poetici - mi chiede di presentarmi un suo amico, un giovane universitario spagnolo, impegnato nella lotta clandestina, che voleva parlarmi e conoscermi. 
Cristo era lui: tutto preso dal suo unico ossessivo sentimento, la lotta per la libertà, povero ragazzo, non percepiva neanche le mie parole, con cui timidamente cercavo di proporgli di lavorare con me (vergognandomi della sproporzione tra l´umile, ma immenso, idealismo per cui era venuto a trovarmi, e ciò che invece gli offrivo). Non poteva capirmi. Il suo posto era a Barcellona, con i suoi compagni. Sa perché infine si è deciso ad accettare? Perché i soldi che avrebbe guadagnato, li avrebbe dati alla sua Causa.
Non so perché Le ho detto queste cose, e così male. È la prima volta che ne parlo (nessuno, eccetto il produttore, ne sa niente); ma la consideri una giustificazione per la noia che Le ho dato stamattina, la spinta che me l´ha fatto fare. Riceva i più rispettosi e affettuosi saluti.
Pier Paolo Pasolini


È il volto della sofferenza

Caro Pasolini, credo di conoscere il giovane catalano in cui ha trovato l´interprete di Cristo. Penso che sia un giovane universitario, dal volto tirato e pallido, che ho incontrato nei giorni scorsi. Egli sembra davvero esprimere la sofferenza del suo popolo. Feci la commissione a Rizzoli che però trovai poco interessato. Mi propose in ogni caso di prendere contatto col produttore Bini.
Pietro Nenni

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Da Pietro Nenni -Tempo di guerra fredda. Diari e lettere 1943-1956 - Sugarco Ed. 1981
L’arrivo a Milano:
«Il treno che mi porta a Milano si ferma a Rogoredo. I binari sono invasi da una folla di fuggiaschi. Intere famiglie aspettano qui da giorni un convoglio che li porti da qualche parte, lungi dalla città devastata.
Imbocco un corso XXVIII Ottobre che è stato ribattezzato corso della Libertà.
Ogni passo verso Milano è una pena e uno schianto. Davanti ai miei occhi esterrefatti si stende un'immensa rovina. Personalmente non ho mai visto niente del genere, per quanto dall'agosto. 1936, da Madrid a Valenza a Barcellona, alla guerra mondiale a Parigi a Tours a Bordeaux lo spettacolo delle città sventrate dal cannone o dalle bombe mi sia diventato abituale. Al centro la desolazione ancora più grande che alla periferia. Corso Vittorio Emanuele, via Manzoni, l'ex Verziere sono ridotti a cumuli di macerie. Un fumo acre avvolge la città. Si respira il fuoco che cova sotto le rovine. Non c'è un tram che funzioni, non un telefono.
Tra le case in rovina si aggirano donne vecchi fanciulli inebetiti. In molti fabbricati si devono ancora iniziare gli scavi per estrarre i cadaveri. Si sente parlare di sepolti vivi che per giorni hanno implorato un soccorso impossibile.
La Scala, Palazzo Marino, la Galleria sono duramente colpiti.
In piazza San Fedele la statua di Manzoni si erge quasi intatta fra i cumuli di rovine. Lungo corso XXII Marzo le devastazioni sono meno impressionanti. La casa dove ho abitato è in piedi. Di qui sono partito verso l'esilio nei primi giorni del novembre 1926. La mattina dell'1 novembre il mio appartamento era stato saccheggiato con molti altri a titolo di rappresaglia per l'attentato di Bologna contro Mussolini.
Rivedo con gli occhi della memoria le stanze messe a soqquadro, i mobili spezzati, i libri sparpagliati sul selciato della strada, le fotografie dei miei genitori crivellate di colpi, le carte lacerate, le stoviglie infrante, le poche misere cose di una famiglia povera, ma che hanno tutte un pregio inestimabile, calpestate... Ricordo la crisi di lacrime di mia figlia Vittoria che era rientrata per cercare i suoi quaderni e che un «bravaccio» aveva messo alla porta dicendole: «E considerati fortunata se non mettiamo le mani su tuo padre e non gli facciamo fare la fine di Matteotti ». Oggi questa mia figliola è internata in Germania senza che io sappia esat­tamente dove... e in quali condizioni. E oggi la visione del piccolo sopruso individuale sofferto tanti anni or sono si allarga alla visione della distruzione dell'intera città.
Come sottrarsi al pensiero di un intimo legame fra due fatti così diversi nelle loro proporzioni? Dal delitto contro il singolo il fascismo è passato con la guerra al delitto contro la nazione.
Ma dove sono i giovani fascisti che venti anni fa muovevano baldanzosi all'assalto dell'"Avanti!”, della Camera del lavoro, delle nostre case e delle nostre persone? Dove sono i tremebondi borghesi che acclamavano l'occupazione fascista di Palazzo Marino? Non si vede in Milano una divisa fascista né una scritta fascista né un distintivo del littorio. Tutti sono rientrati nell'ombra. Ci restino per il bene dell'Italia».

"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini
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