P. P. Pasolini ed Enrique Irazoqui nel settembre del 1964 a Venezia
51 anni fa, al Festival del Cinema di Venezia, veniva presentato il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini.
In questo blog troverete diversi pezzi che abbiamo dedicato al capolavoro pasoliniano. Nel pezzo seguente - tratto da http://pasolinipuntonet.blogspot.com.es/ - vengono spiegate le ragioni che spinsero Pier Paolo a scegliere Enrique Irazoqui come protagonista del film.
Pasolini: così ho scelto il mio Gesù
Il regista aveva pensato allo scrittore Goytisolo a Kerouac e a Evtuscenko
Una lettera inedita a Nenni all´epoca del "Vangelo secondo Matteo"La Repubblica - Nello Ajello, 30 settembre 2008
Con una citazione dal libro di Pietro Nenni -Tempo di guerra fredda. Diari e lettere 1943-1956,
Sugarco Ed. 1981, riguardante il ritorno di Pietro Nenni a Milano, nell'ambito del suo rientro in Italia.
Pier Paolo
Pasolini e Pietro Nenni. Le lettere, entrambe inedite, che essi si
scambiarono, e che qui pubblichiamo per concessione della Fondazione
Nenni e degli eredi dello scrittore, risalgono al marzo del 1964. Ne
emerge un quadro vivace di vita culturale. Pasolini sta lavorando al suo
sesto film, Il Vangelo secondo Matteo. Lo impegna a fondo la
ricerca degli interpreti. La scelta di un volto che incarni la figura
del Redentore gli è costata - dichiarerà in un´intervista - «quasi un
anno di lavoro». Oltre che al romanziere catalano Luis Goytisolo, ha
pensato agli scrittori Evgenij Evtuscenko e Jack Kerouac, cambiando ogni
volta idea. Alla vigilia della sua visita a Nenni, c´è stato l´incontro
risolutivo. Ha fatto da tramite Giorgio Manacorda, figlio del celebre
storico marxista Gastone (1916-2000).
Futuro docente
di letteratura tedesca, all´epoca Manacorda è laureando in lingue e
poeta (i primi suoi versi sono apparsi su Paragone). Lavora nella
redazione della rivista Nuova Generazione (che poi dirigerà) e nella
federazione giovanile del Pci come responsabile della sezioni esteri. In
Spagna è un momento caldo della Resistenza anti-regime. Al suo collega
italiano si è rivolto, in cerca di denaro ed appoggi, uno studente di
economia catalano, Enrique Irazoqui, diciannovenne esponente
dell´opposizione contro Franco.
Quando
Manacorda lo presenta a Pasolini, e lo scrittore gli propone di
interpretare la figura di Cristo, sulle prime Irazoqui rifiuta,
lasciandosi poi convincere dalla prospettiva del guadagno, che devolverà
alla sua causa. Attrae il regista il fatto che il giovane catalano non
si sia «mai sognato di fare del cinema». Nel reclutare gli altri attori
Pasolini si è mosso nell´ambito degli scrittori suoi amici: Natalia
Ginzburg per la parte di Maria di Betania, Enzo Siciliano come Simone di
Canaan, Alfonso Gatto nella parte di Andrea, Francesco Leonetti in
quella di Erode. Le comparse le recluterà fra i contadini di Lucania,
Puglia, Calabria. Gente semplice, con un che di ieratico. Intende fare
un film, dichiara, che esprima «l´intera mia nostalgia del mitico,
dell´epico e del sacro».
Ma perché
Pasolini è andato a far visita a Nenni, all´epoca vice-presidente del
Consiglio? Nella lettera, il leader socialista accenna a suoi interventi
in merito al film. Parla di un contatto con Angelo Rizzoli, e del
rimando, da parte di quest´ultimo, ad Alfredo Bini, produttore del Vangelo.
Fra Pasolini e Nenni s´è instaurato un rapporto di stima. A parere
dello scrittore, Nenni avrà, nella storia nazionale «il suo posto per
aver messo l´Italia della sozza eredità fascista sulla strada del
laburismo». Anche per questo gli professa una simpatia «insopprimibile».
Sentimenti che egli ha anticipato in una poesia intitolata appunto
«Nenni» e apparsa sull'Avanti! Nel 1961. Così gli si rivolgeva: «Con che
amore io vedo Lei, acerbo, - gli occhiali e il basco d´intellettuale - e
quella faccia casalinga e romagnola, - in fotografie che, a volerle
allineare, - farebbero la più vera storia d´Italia, la sola».
Nenni, dal suo canto, ha visto in Una vita violenta (1959) «un forte libro di un forte scrittore». Poi, assistendo al Vangelo secondo Matteo,
lo giudicherà «un´opera di autentica poesia». Gesù, annota nel suo
diario, «è visto come un agit prop comunista dei nostri tempi, ciò che
forse è giusto. Ma allora capisco poco l´apprezzamento favorevole della
chiesa». È un accenno al dibattito sorto intorno al film. In ambito
cattolico si manifestano pareri discordanti: aperto favore da parte
dell´associazione Pro Civitate Christiana e di esponenti del Centro San
Fedele di Milano. Scandalo al vertice del Concilio Ecumenico. A metà
strada si colloca L'Osservatore romano: il film è «fedele al racconto
non all'ispirazione del Vangelo». Non esulta l´Unità: Pasolini ha
«composto il più bel film su Cristo che sia stato fatto finora, e
probabilmente il più sincero che egli potesse concepire. Di entrambe le
cose gli va dato obiettivamente, ma non entusiasticamente atto».
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Quel giovane contro Franco
di Pier Paolo Pasolini
Egregio e caro
Nenni, voglio chiederLe scusa per la visita di stamattina (così
importante per me, ma così irrisoria davanti ai suoi impegni di questi
giorni), e ringraziarLa per la Sua grande gentilezza.
Non resisto ora
alla tentazione di dirLe una cosa che forse La commuoverà. Sa come ho
trovato l´interprete di Cristo? Ero ridotto alla disperazione, solo
pochi giorni fa, perché l'attore tedesco (ebreo) che avevo scelto, non
mi convinceva più: non era il viso assoluto che cercavo. Mi ero rivolto
allora a Luis Goytisolo (di cui finalmente avevo visto una fotografia,
con una faccia, come si dice, straordinaria), e Goytisolo era, ed è,
propenso ad accettare. Ma ecco che ricevo la più innocente delle
telefonate, la più remota al caso: Giorgio Manacorda (il figlio di
Gastone), che da tempo è mio amico, perché scrive dei versi molto belli -
belli perché più politici che poetici - mi chiede di presentarmi un suo
amico, un giovane universitario spagnolo, impegnato nella lotta
clandestina, che voleva parlarmi e conoscermi.
Cristo era lui:
tutto preso dal suo unico ossessivo sentimento, la lotta per la
libertà, povero ragazzo, non percepiva neanche le mie parole, con cui
timidamente cercavo di proporgli di lavorare con me (vergognandomi della
sproporzione tra l´umile, ma immenso, idealismo per cui era venuto a
trovarmi, e ciò che invece gli offrivo). Non poteva capirmi. Il suo
posto era a Barcellona, con i suoi compagni. Sa perché infine si è
deciso ad accettare? Perché i soldi che avrebbe guadagnato, li avrebbe
dati alla sua Causa.
Non so perché
Le ho detto queste cose, e così male. È la prima volta che ne parlo
(nessuno, eccetto il produttore, ne sa niente); ma la consideri una
giustificazione per la noia che Le ho dato stamattina, la spinta che me
l´ha fatto fare. Riceva i più rispettosi e affettuosi saluti.
Pier Paolo Pasolini
È il volto della sofferenza
Caro Pasolini,
credo di conoscere il giovane catalano in cui ha trovato l´interprete di
Cristo. Penso che sia un giovane universitario, dal volto tirato e
pallido, che ho incontrato nei giorni scorsi. Egli sembra davvero
esprimere la sofferenza del suo popolo. Feci la commissione a Rizzoli
che però trovai poco interessato. Mi propose in ogni caso di prendere
contatto col produttore Bini.
Pietro Nenni
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Da Pietro Nenni -Tempo di guerra fredda. Diari e lettere 1943-1956 - Sugarco Ed. 1981
L’arrivo a Milano:
«Il
treno che mi porta a Milano si ferma a Rogoredo. I binari sono invasi
da
una folla di fuggiaschi. Intere famiglie aspettano qui da giorni un
convoglio che li porti da qualche parte, lungi dalla città devastata.
Imbocco un corso XXVIII Ottobre che è stato ribattezzato corso della
Libertà.
Ogni
passo verso Milano è una pena e uno schianto. Davanti ai miei occhi
esterrefatti si stende un'immensa rovina. Personalmente non ho mai
visto niente del genere, per quanto dall'agosto. 1936, da Madrid a
Valenza a Barcellona, alla guerra mondiale a Parigi a Tours a
Bordeaux lo spettacolo delle città sventrate dal cannone o dalle
bombe mi sia diventato abituale. Al centro la desolazione ancora più
grande che alla periferia. Corso Vittorio Emanuele, via
Manzoni, l'ex Verziere sono ridotti a cumuli di macerie. Un fumo
acre avvolge la città. Si respira il fuoco che cova sotto le rovine. Non
c'è un tram che funzioni, non un telefono.
Tra
le case in rovina si aggirano donne vecchi fanciulli inebetiti. In
molti
fabbricati si devono ancora iniziare gli scavi per estrarre i
cadaveri. Si sente parlare di sepolti vivi che per giorni hanno
implorato un soccorso impossibile.
La Scala, Palazzo Marino, la Galleria sono duramente colpiti.
In
piazza San Fedele la statua di Manzoni si erge quasi intatta fra i
cumuli
di rovine. Lungo corso XXII Marzo le devastazioni sono meno
impressionanti. La casa dove ho abitato è in piedi. Di qui sono partito
verso l'esilio nei primi giorni del novembre 1926. La mattina
dell'1 novembre il mio appartamento era stato saccheggiato con molti
altri a titolo di rappresaglia per l'attentato di Bologna contro
Mussolini.
Rivedo
con gli occhi della memoria le stanze messe a soqquadro, i mobili
spezzati, i libri sparpagliati sul selciato della strada, le
fotografie dei miei genitori crivellate di colpi, le carte lacerate,
le stoviglie infrante, le poche misere cose di una famiglia povera, ma
che hanno tutte un pregio inestimabile, calpestate...
Ricordo la crisi di lacrime di mia figlia Vittoria che era rientrata
per cercare i suoi quaderni e che un «bravaccio» aveva messo alla porta
dicendole: «E considerati
fortunata se non mettiamo le mani su tuo padre e non gli facciamo fare
la fine di Matteotti ». Oggi questa mia figliola è internata in
Germania senza che io sappia esattamente dove... e in quali
condizioni. E oggi la visione del piccolo sopruso individuale sofferto
tanti anni or sono si allarga alla visione della distruzione
dell'intera città.
Come sottrarsi al pensiero di un intimo legame fra due fatti così diversi
nelle loro proporzioni? Dal delitto contro il singolo il fascismo è passato con la guerra al delitto contro la nazione.
Ma
dove sono i giovani fascisti che venti anni fa muovevano baldanzosi
all'assalto dell'"Avanti!”, della Camera del lavoro, delle nostre
case e delle nostre persone? Dove sono i tremebondi borghesi che
acclamavano l'occupazione fascista di Palazzo Marino? Non si
vede in Milano una divisa fascista né una scritta fascista né un
distintivo del littorio. Tutti sono rientrati nell'ombra. Ci restino per
il bene dell'Italia».
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini
le notizie contenuti in oltre dodicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini
Postato 22nd March 2012 da Angela Molteni
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