In tempi di confusione risulta particolarmente utile leggere e rileggere Sciascia. Oggi vi raccomando la lettura di un delizioso racconto dello scrittore di Racalmuto intitolato FILOLOGIA. Il racconto, più attuale che mai, lo potete trovare integralmente anche in rete. Di seguito vi segnalo un sito particolarmente adatto a chi non si è ancora stancato di fare un mestiere impossibile. fv
Da http://torresani-edu.blogspot.it/2012/01/guida-allanalisi-del-racconto-filologia.html
Guida all'analisi del racconto "Filologia" di Leonardo Sciascia
Leggi il racconto [Fonte: scribd.com; in coda viene riportato un intervento di Sciascia alla Camera, del febbraio 1980.
La definizione che ivi lo scrittore dava della mafia era la seguente: "una associazione a delinquere, con fini di illecito arricchimento per i propri associati, che si poneva come intermediazione parassitaria imposta con mezzi di violenza fra la proprietà ed il lavoro, tra la produzione ed il consumo, tra il cittadino e lo Stato."]
Il racconto Filologia fa parte della raccolta Il mare colore del vino, pubblicata da Sciascia nel 1973. Nella Nota che chiude il volume l'autore dichiara di averlo "scritto - profezia piuttosto facile - al costituirsi della commissione antimafia" [OI, p. 1381 - Vedi note]
La prima Commissione parlamentare antimafia fu istituita nel dicembre 1962 con la Legge n. 1720 e si insediò il 14 febbraio 1963. I lavori durarono complessivamente tredici anni e terminarono nel 1976 con la pubblicazione di 42 volumi di atti. Una successiva [seconda] Commissione parlamentare antimafia fu istituita con la Legge n. 646, 13.9.1982 (la cosiddetta "Rognoni-La Torre"). Il legislatore sancì definitivamente il carattere illecito dell'organizzazione mafiosa. [Su tutta la complessa questione si può consultare il sito del Centro di Documentazione "L'altro diritto"]
Note:
Personaggi e dati citati nel testo:
Policarpo Petrocchi = autore del Novo dizionario universale della lingua
italiana [Consulta la p. 111 del Vol. II L-M = immagine 119/1297 della versione
digitalizzata da austrian literature online - alo, contenente le parole "maffia",
"maffioso"]
Giuseppe Pitré = studioso siciliano, spesso citato da Sciascia
(es. Morte dell'inquisitore, Nero su nero), definito dal capo mafia
"un grand'uomo, una gloria della nostra terra"
Pietro Fanfani = importante lessicografo, autore di vari repertori tra cui un Vocabolario della lingua italiana, edito nel 1855
Amintore Fanfani = noto politico italiano, segretario della DC (1954-59, 73-75), più volte Presidente del Consiglio dei Ministri fra il 1954 e il 1987, Presidente del Senato in varie riprese dal 1968 al 1987, Senatore a vita dal 1972 alla morte.
Giuseppe Rigutini = curatore del Vocabolario italiano della lingua parlata, pubblicato nel 1875
Ferdinando Palazzi = curatore di un vocabolario apparso nel 1939
Antonino Traina = autore del Nuovo Vocabolario siciliano-italiano, uscito nel 1868 [La voce "mafia" si trova a p. 550 dell'edizione digitalizzata da Google libri]
Padre Gabriele Maria da Aleppo = "missionario cappuccino e professore di arabo", autore de Le fonti arabiche nel dialetto siciliano, edito da Loescher nel 1910
Mafiosi della Vicaria = cfr. il rifacimento che Sciascia fece della pièce di Rizzotto e Mosca, apparsa nel 1863 - OIII, pp. 1229-1296
Vicaria = prigioni di Palermo
Sigle:
OI = Leonardo Sciascia, Opere 1956-1971, a cura di Claude Ambroise, Milano, Bompiani, 1987
OII = Leonardo Sciascia, Opere 1971-1983, a cura di Claude Ambroise, Milano, Bompiani, 1989
OIII = Leonardo Sciascia, Opere 1984-1989, a cura di Claude Ambroise, Milano, Bompiani, 1991
Consegne:
1. Sintetizza la trama del racconto
2. Soffermati sui seguenti punti:
- la descrizione dei due personaggi (in particolare sottolinea le differenze di mentalità e di comportamento) e del rapporto che intercorre tra loro (quali ruoli rivestono? Nota che molte informazioni devono essere dedotte dal lettore; es. "quando gli americani mi fecero sindaco" / "poi, a me, tocca partecipare ai funerali" → il personaggio riveste una carica politica)
- la descrizione dei luoghi e dei tempi (dove e quando si svolge la conversazione? quali riferimenti interni mettono il lettore sulla buona strada?)
- il tema della mafia, in particolare:
• i metodi usati (lupara, dinamite, telefonate anonime, lettere anonime, ecc.) e soprattutto la strategia che il capo mafia vuole adottare con la commissione
• la mentalità sottesa all'agire mafioso: l'incompatibilità con il messaggio evangelico, il culto dell'"ordine", l'uso della "cultura", ecc.
• il rapporto esistente tra le definizioni dei lessicografi e la realtà
3. Dedica una specifica attenzione all'analisi stilistica, in particolare a:
- la struttura dialogica
- le citazioni e le reazioni del mafioso e del capo mafia alla lettura delle definizioni
- il lessico e la sintassi
- l'ironia
4. Esponi una interpretazione generale, volta a chiarire il pensiero dell'autore e la sua abilità nel costruire un racconto a partire da un elenco di voci.
5. Approfondimenti. Svolgi un confronto con altri testi di Sciascia.
Alcuni esempi:
Vennero i parenti di un certo Cardella, ebbero i dollari del congiunto e i doni da mia zia: poi mia zia spiegò che Giò Cardella era a Nuova York un uomo potente; raccontò che una volta a lei si presentarono due tipi, chiesero venti dollari "e ogni venerdì vogliamo venti dollari" dissero, e a lei venne l'idea di parlarne a Cardella, e il venerdì successivo Cardella venne allo storo [store, negozio n.d.a.], si mise in disparte e aspettò che quei due si facessero vivi; al momento buono venne fuori e disse ai due "ragazzi, e che vi viene in testa?, questo storo è come se fosse mio, qui nessuno deve venire a fare lo smarto [smart, guappo n.d.a.]" e i due salutarono con rispetto e se ne andarono.
"Certo!" disse il marito di mia zia "quei due proprio Cardella li aveva mandati."
Mia zia saltò come l'avesse punta una vespa. "Sciaràp [shut up, zitto! n.d.a.]" disse "tu ogni volta che parli fai danno, anche a pensarle certe cose non si dicono; e poi, certo è che tutti gli altri che hanno storo pagano: e noi mai abbiamo pagato."
"Ma che è un mafioso questo Cardella?" domandò mio zio che certe cose le capiva a volo.
"Ma che mafioso" disse mia zia fulminando con una occhiata il marito "un galantuomo è; ricco, elegante; protegge i paesani..."
La zia d'America, in Gli zii di Sicilia - OI, pp. 213-214
C'era anche, nel fascicolo, un rapporto relativo a un comizio dell'onorevole Livigni: che circondato dal fiore della mafia locale, alla sua destra il decano don Calogero Guicciardo, alla sua sinistra il Marchica, era apparso al balcone centrale di casa Alvarez; e ad un certo punto del suo discorso aveva testualmente detto "mi si accusa di avere rapporti coi mafiosi, e quindi con la mafia: ma io vi dico che non sono finora riuscito a capire che cosa è la mafia, e se esiste; e posso in perfetta coscienza di cattolico e di cittadino giurarvi che in vita mia non ho mai conosciuto un mafioso"
Il giorno della civetta - OI, p. 422
"Ma dalla voce pubblica l'Arena è indicato come capo mafia."
"La voce pubblica... Ma che cos'è la voce pubblica? Una voce nell'aria, una voce dell'aria: e porta la calunnia, la diffamazione, la vendetta vile... E poi: che cos'è la mafia?... Una voce anche la mafia: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa... Voce, voce che vaga: e rintrona le teste deboli, lasciatemelo dire... Sapete come diceva Vittorio Emanuele Orlando? Vi cito le sue parole, che, lontani come siamo dalle sue concezioni, assumono, dette da noi, più, lasciatemelo dire, autorità. Diceva..."
"Ma la mafia, almeno per certe manifestazioni che io ho potuto constatare, esiste."
"Mi addolorate, figlio mio, mi addolorate: come siciliano mi addolorate, e come uomo ragionevole quale presumo di essere... Quel che, indegnamente, rappresento, si capisce non c'entra... Ma il siciliano che io sono, e l'uomo ragionevole che presumo di essere, si ribellano a questa ingiustizia verso la Sicilia, a questa offesa della ragione."
Il giorno della civetta - OI, pp. 433-434
Il suono della campanella fu prolungato e frenetico. Il sottosegretario riprese a parlare. Disse che sui fatti di S., cui gli onorevoli interroganti si riferivano, il governo non aveva niente da dire, essendo in corso l'inchiesta giudiziaria; riteneva comunque, il governo, quei fatti scaturissero da comune delinquenza, respingendone l'interpretazione che ne davano gli onorevoli interroganti; e fieramente sdegnosamente respingeva, il governo, l'insinuazione che le sinistre venivano facendo sui loro giornali, che membri del Parlamento, o addirittura del governo, avessero il sia pur minimo rapporto con elementi della cosiddetta mafia: la quale, ad opinione del governo, non esisteva se non nella fantasia dei socialcomunisti.
Il giorno della civetta - OI, p.475
FOFÒ (al telefono) Pronto, pronto... Oh don Giovannino carissimo... Ma si capisce... ma certo... Nessuno poteva dubitare: e meno di tutti l'onorevole, che lei sa quale stima, quale affetto... (Quasi un grido) Ferlazzano 14 preferenze e 1800 l'onorevole?! Ma questo è un trionfo, caro don Giovannino, un trionfo... [...]
SINATRA Don Giovannino è un grande amico.
MICCICHÉ Un uomo eccezionale.
FRANGIPANE (a Sinatra) E di questo che stai dicendo ora, che don Giovannino è un grande amico, non devi scordartene mai. È un grande amico: ed anche un grande nemico, come Ferlazzano starà constatando in questo momento... Io, quando mi sono presentato la prima volta, nel quarantotto, nei riguardi di don Giovannino ero prevenuto. Quando sono andato al suo paese, l'ho anche trattato male. Ho posto un aut aut a quelli del direttivo locale: se don Giovannino sale in palco con me, io non parlo. E don Giovannino, poveretto, è rimasto giù. Per di più, nel discorso, ho detto chiaro e tondo che i voti dei mafiosi non li volevo. E credete che don Giovannino si sia offeso? Neanche per sogno. Alla fine del comizio mi si è avvicinato e mi ha detto: "professore, io il mio voto glielo debbo dare; perché non sono un mafioso e lei, glielo voglio dire, parla di mafia solo per conoscenza di libri". E debbo riconoscere che aveva ragione..
MARGANO I libri sono una cosa, la realtà è un'altra.
Frangipane ha un piccolo sussulto [...]
L'onorevole - OI, p. 742
[...]
L'onorevole - OI, pp. 752-754
"Un notabile che corrompe, che intrallazza, che ruba ... Lei a chi penserebbe?"
[...] se ci limitiamo al paese, anche i bambini che devono ancora nascere possono rispondere alla domanda ... ma se ci allarghiamo alla zona, alla provincia, viene la confusione, la vertigine ..."
"Limitandoci al paese" disse Laurana.
"Rosello, l'avvocato Rosello. [...] Lei ha un'idea di quel che Rosello è? Dico nei suoi intrallazzi, nei suoi redditi, nella sua pubblica e occulta potenza? Perché di quello che è umanamente, è facile averne idea: un cretino non privo di astuzia, uno che per raggiungere una carica o per mantenerla (una carica ben pagata, s'intende) passerebbe sul cadavere di chiunque [...] Rosello fa parte del consiglio d'amministrazione della Furaris, cinquecentomila lire al mese, e consulente tecnico della stessa Furaris, un paio di milioni all'anno; consigliere della banca Trinacria, un altro paio di milioni; membro del comitato esecutivo della Vesceris, cinquecentomila al mese; presidente di una società per l'estrazione di marmi pregiati, finanziata dalla Furaris e dalla Trinacria, che opera, come tutti sanno, in una zona dove un pezzo di marmo pregiato non si troverebbe nemmeno se ce lo portassero apposta, perché subito scomparirebbe nella sabbia; consigliere provinciale [...] E veniamo ora ai suoi affari privati, che io conosco solo in parte: aree edificabili, nel capoluogo e, si dice, anche a Palermo; un paio di società edilizie in mano; una tipografia che costantemente lavora per uffici ed enti pubblici; una società di trasporti ... Poi ci sono più oscuri affari: e qui è pericoloso, anche per pura e disinteressata curiosità, tentare di annusare ... Le dico soltanto questo: se mi confidassero che passa dalle sue mani anche la tratta delle bianche, ci crederei senza che me lo giurassero."
A ciascuno il suo - OI, pp. 833-835
Saliva le scale del palazzo di giustizia [...] Ed ecco che si trovò davanti Rosello, che scendeva in compagnia di due persone, una delle quali Laurana subito riconobbe: l'onorevole Abello, dai suoi devoti e dal suo partito considerato un campione di moralità e di dottrina. [...]
"E come mai da queste parti? Hai bisogno di qualcosa?"
Laurana spiegò che era venuto per chiedere un certificato penale, e la ragione per cui lo chiedeva; e intanto guardava con vaga curiosità la persona che era in compagnia di Rosello e dell'onorevole e che si era tirata in disparte. Un galoppino dell'onorevole o un cliente di Rosello. Un uomo di campagna, evidentemente: ma quel che del suo aspetto incuriosiva era il contrasto che le lenti, dalla leggera montatura metallica, di quelle che portano gli americani di una certa età, alla Truman insomma, facevano sulla sua faccia larga, dura, cotta dal sole. E forse nell'impaccio di sentirsi oggetto di curiosità, sia pure vaga e distratta, l'uomo tirò fuori dalla tasca un pacchetto, dal pacchetto un sigaro. [...]
"E chi era quel signore che accompagnava l'onorevole?"
"Uno di Montalmo, un brav'uomo." Ma subito si irrigidì, il suo occhio diventò fermo e freddo. [...]
"Ho conosciuto uno di Montalmo" interruppe Laurana "di cui non riesco a ricordare il nome: alto; la faccia grande, scura; porta lenti di tipo americano; è una specie di grande elettore dell'onorevole Abello..."
"Lei è professore?"
"Sì, un professore" rispose Laurana: arrossendo sotto l'improvvisa, fredda diffidenza dell'altro, come se nascondesse una diversa identità.
"E dove l'ha conosciuto, questo tale di Montalmo di cui ha dimenticato il nome?"
"Per le scale del palazzo di giustizia, qualche giorno addietro."
"Stava tra due carabinieri?"
"Ma no: era in compagnia dell'onorevole Abello e di un mio conoscente, un avvocato." [...]
"Sa di che rido?" disse. "Di me rido, della mia paura... Ho avuto paura, lo confesso. Io, che mi ritengo un uomo libero in un paese che non lo è, ho avuto per un momento paura di trovarmi tra il delinquente e lo sbirro... Ma anche se lei è veramente uno sbirro..."
"Non lo sono... Gliel'ho detto: sono un professore, un collega di suo fratello..."
"E chi glielo fa fare, di andare a sbattere in Raganà?" di nuovo scoppiò a ridere, poi spiegò "Domanda dettata dalla prudenza, non dalla paura... Comunque, le ho già risposto."
"Si chiama Raganà ed è un delinquente."
"Esatto: uno di quei delinquenti incensurati, rispettati, intoccabili."
"Lei crede che sia ancora oggi intoccabile?"
"Non lo so, probabilmente arriveranno a toccare anche lui... Ma il fatto è, mio caro amico, che l'Italia è un così felice paese che quando si cominciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua.... [...]
A ciascuno il suo - OI, pp. 840-850
È come se un moribondo si alzasse dal letto , balzasse ad attaccarsi al lampadario come Tarzan alle liane, si lanciasse alla finestra saltando, sano e guizzante , sulla strada. Lo Stato italiano è resuscitato. Lo Stato italiano è vivo, forte, sicuro e duro. Da un secolo, da più di un secolo, convive con la mafia siciliana, con la camorra napoletana, col banditismo sardo. Da trent'anni coltiva la corruzione e l'incompetenza, disperde il denaro pubblico in fiumi e rivoli di impunite malversazioni e frodi. [...] Ma ora, di fronte a Moro prigioniero delle Brigate rosse, lo Stato italiano si leva forte e solenne. Chi osa dubitare della sua forza, della sua solennità? Nessuno deve avere dubbio: e tanto meno Moro, nella "prigione del popolo".
Lo Stato italiano forte coi deboli e debole coi forti", aveva detto Nenni. Chi sono i deboli, oggi? Moro, la moglie e i figli di Moro, coloro che pensano lo Stato avrebbe dovuto e dovrebbe essere forte coi forti.
L'affaire Moro - OII, p. 507
[...] = parallelo mafia -BR
OII, pp. 557-558
---
Approfondimenti online:
Paolo Squillacioti, Filologia. L’ultimo riverbero del Giorno della civetta, in Il Giannone, anno VII, numero 13-14, gennaio-dicembre 2009