27 settembre 2015

LA DISPERATA FELICITA' DELLA BEAT GENERATION


Allen Gisnberg e Peter Orlovsky

Allen Ginsberg e Jack Kerouac, Tangeri e Calcutta, marijuana e codeina. Nei diari di Peter Orlovsky, pubblicati ora in America, i viaggi psichedelici degli ultimi poeti.

Le estati tossiche della Beat Generation

Guido Andruetto

La disperata felicità di un figlio dei fiori

Il viaggio come “ altra” dimensione, come stato alterato di coscienza. Nei vagabondaggi estivi in giro per il mondo, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, i poeti nomadi della Beat Generation sperimentarono meglio che in qualunque altra situazione quanto fosse sconvolgente aprire le porte della percezione ed esplorare territori nuovi della mente attraverso le sostanze stupefacenti. 

In quelle leggendarie peregrinazioni psicoattive, luoghi già carichi di fascino mistico e di sognante bellezza, come Tangeri, Calcutta, Venezia o Istanbul, diventavano così il teatro di processi di espansione psichedelica della coscienza sotto gli effetti dell’oppio, dell’eroina, della marijuana, del peyote o di altri allucinogeni come l’Lsd.

Una nuova testimonianza in tal senso è rappresentata da un’ampia raccolta di lettere e diari di Peter Orlovsky, poeta beat e compagno di vita di Allen Ginsberg, che la casa editrice Paradigm Publishers di Boulder, Colorado, ha pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti con il titolo “Peter Orlovsky, a life in words: intimate chronicles of a beat writer”. 



Orlovsky, scomparso nel 2010 a settantasei anni per un cancro ai polmoni, «è stato il cuore segreto dei Beats», come ha scritto Patti Smith, e nella sua corsa disperata e gioiosa di autentico figlio dei fiori verso un altrove costantemente anelato, ebbe per compagni, oltre a Ginsberg, Jack Kerouac (che si ispirò a lui per il personaggio di Simon Darlovsky in “Angeli di desolazione”), Neal Cassady, Gregory Corso, William Burroughs, di cui fu anche amante, e poi Lawrence Ferlinghetti, Paul Bowles, Alan Ansen, Gary Snyder, Leroi Jones, Ed Freeman e Diane di Prima.


Poeta buddista, maestro del sesso bruciante di amore e poesia, nelle pagine dei suoi diari e nelle lettere indirizzate in particolare alla madre Kate, alla sorella Marie, al fratello Lafcadio e all’adorato Ginsberg, Orlovsky racconta senza freni l’immersione tossica durante i suoi viaggi in cui era spesso accompagnato da personaggi simbolo del gruppo dei beat come Corso e Burroughs. 

Tra frammenti sparsi di letture di Arthur Rimbaud, Franz Kafka e Dorothy Parker, le giornate disordinate e odoranti di vita di Orlovsky e degli altri beat lontano dagli Stati Uniti, si rivelarono un terreno fertile per fare sbocciare visioni e storie concimate con la mescalina, la ganja e la morfina. Nutrimenti chimici che alimenteranno il mito della Beat Generation e degli psiconauti degli anni Sessanta.

    Con Ginsberg e Bob Dylan al Village

VENEZIA, 22 LUGLIO 1957

Care Kate e Marie, Allen (Ginsberg, ndt ) ha ricevuto una lettera dal suo editore a San Francisco (Lawrence Ferlinghetti, ndt) e ha detto che Jack K. (Kerouac, ndt ) è andato a Città del Messico. Jack è separato da sua moglie, che ha un figlio da lui, ma non sono divorziati; lei sta cercando di ottenere gli alimenti, perciò lo cerca ma non riesce a trovarlo, non sapeva che fosse a San Francisco, pensava fosse a Tangeri. Gli ha spedito una lettera per dirgli che voleva divorziare e sposare un tizio portoricano. Ma non era veramente a questo che puntava, lei non vuole divorziare. Ha scritto la lettera con l’idea di scoprire il suo indirizzo e scatenargli contro la legge per avere gli alimenti. Quando la legge alla fine è arrivata a casa sua, a San Francisco, lui ha deciso di filarsela e se ne è andato a Città del Messico. È stato un vero peccato, perché stava proprio cominciando a darsi una calmata e a smettere di vivere una vita sregolata, on the road . Quanto a noi, qui a Venezia riusciamo a cavarcela con i 50$ fra tutti e due, è fantastico con quanto poco riusciamo a vivere, anche se non dobbiamo pagare affitto. Ma ora basta con Venezia, via a Firenze e poi a Roma per una settimana, forse andiamo a piedi, lasciamo le nostre borse qui. Sembra che a Venezia nessuno abbia tè (marijuana, ndt ) perciò niente problemi con gli sbirri.

(da una lettera di Peter Orlovsky a Kate e Marie Orlovsky)

    Con Jack Kerouac a Tangeri


TANGERI, 1 GIUGNO 1961

Bel casino di merda: noi tre che arriviamo da Marsiglia qui a Tangeri e non facciamo in tempo a sbarcare dalla nave che quegli stupidi impiegati marocchini addetti al controllo passaporti insieme ai funzionari dell’ambasciata americana ordinano a Gregory (Corso, ndt ) di tornare sulla nave che farà la prossima tappa a Casablanca — dove altri funzionari uguali a loro decideranno se Gregory può rimanere in Marocco ad aspettare il rinnovo del suo passaporto o se invece sarà rispedito a Marsiglia per essere messo in prigione finché il Dipartimento di Stato deciderà cosa fare con lui — che peccato. Pensavamo che saremmo stati felici tutti e tre — incontrare di nuovo B. B. (Bill Burroughs, ndt ) — ricordare cose dimenticate di Tangeri — com’erano certi angoli — scalinate piene di uomini barbuti e i caffè di Socco Chico e le cozze ammonticchiate sopra le balle, e il tè alla menta e la musica araba e le bocche senza denti— e ora nella mia stanza stanotte a farmi due buchi, e niente Gregory e niente Allen in viaggio verso Casablanca e verso i guai. (dal diario di Peter Orlovsky)

TANGERI, 13 LUGLIO 1961

Noi al Sun Beach, Tangeri — io, Ansen, Allen e Gregory — parlato molto di poesia — Gregory si ubriaca — comincia a dirmi quello che pensa — «Della tua poesia non me ne frega niente» — sapevo che la pensava così, ma non era mai stato così esplicito su quello che pensava. Io poi, circa cinque minuti più tardi, dopo che Gregory che era andato ad abbordare ragazze o a ordinare un altro giro di drink è tornato, ho detto ad Ansen che cosa mi aveva detto Corso, in una conversazione tra noi due, che non dovrei scrivere poesie o dipingere, ma fare qualcos’altro — per esempio giocare a baseball, nuotare, viaggiare — Allen ogni tanto diceva «non è vero» — Ansen ascoltava e non ricordo cosa ha commentato. Una ventina di minuti dopo erano ubriachi tutti e tre, Allen e Corso hanno preso a bisticciare perché Allen aveva detto che aveva aiutato Gregory a Parigi per venire qui, 8.000 franchi per il biglietto per Cannes da Parigi per noi tre — e aveva puntato 100 o 200 dollari al casinò di Cannes perdendoli, e Allen gli aveva dato 20 dollari per puntare di nuovo — e Gregory aveva cercato 7 volte di convincermi a dargli 10 dollari per scommettere e io avevo tenuto duro. Sento che Allen e Gregory sono un cancro strisciante per la mia anima.

(dal diario di Peter Orlovsky)




ISTANBUL, 15 AGOSTO 1961

Giornata divertente, preso pillole di becadina e quindi calma. Andato in giro fino a consolati per visti per altri posti Medio Oriente. Disegnato piazza accanto università e preso fumo inebriante. Incontrato ragazza americana, suona violoncello, abbordarla e scoparla? No — un’altra volta. Lavato i miei calzoni di tela e bevuto troppa soda. Dovrei studiare il mio spagnolo adesso. Codeina vuole solo che mi sdraio e dormo con sogni — mi sa sbagliato a prenderla — ma poi fantastica per sognare, ma non riuscito studiare spagnolo.

(dal diario di Peter Orlovsky)

CINA, 29 LUGLIO 1962

Il mio uomo della pipa è venuto, spero di potergli chiedere della Cina. Una minuscola giara con la calotta nera buona, aspiro tutto insieme in un respiro lungo minuzioso riempie il mio stomaco, occupa la mia gola. Dopo la terza comincia un formicolio rilassante in tutto il corpo come dopo venuto che ti accasci sopra lei. La pipa è fatta di bambù e bulbo, l’oppio a forma di ciambella viene asciugato, come stucco, e arrotolato, pressato. Più la pipa è vecchia migliore è l’effetto. Da un’altra finestra sull’altro lato del vicolo vedo una ragazza e i suoi capelli ciondolano mentre sta piegata sopra il balcone per vedere qualcosa — una capra che odora una vecchia scarpa di legno — una lampadina con uno straccio sopra — uno dei due cani si lamenta nel corridoio. Allen è entrato e sta tirando steso su un fianco.

    Ginsberg e Orlovsky


BENARES, 15 SETTEMBRE 1963

Caro Belly Allen love, sto uscendo da un sogno confuso di oppio-morfina — io bene — riletto la tua lettera ieri — avevo completamente dimenticato quello che diceva — sono felicissimo che mi hai scritto dicendo quello che hai detto, ti considero il mio divino Guru d’Amore, hai continuato a canticchiare belly-love nel mio orecchio, finché ho trovato il tuo significato — spalanca i tuoi cancelli di Blake. Poi ti ho telegrafato oggi perché il denaro voli a te.

( lettera di Peter Orlovsky a Allen Ginsberg)

(Traduzione di Fabio Galimberti)


la Repubblica – 6 settembre 2015

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