Si pensa che la questione
dell'impoverimento delle cosiddette classi medie e della precarietà della vita
sia un problema dell'oggi, addirittura determinato dalla particolare situazione
che stiamo vivendo. Non è così.
Grandissima parte delle "classi
medie" è fatta di lavoratori salariati, in quanto tale assimilabili alla
classe operaia. Altri, pensiamo alle partite IVA, sono autonomi solo di fatto.
Ma, nonostante l'uso enfatico che viene fatto del termine "imprenditore", anche
chi come il piccolo commerciante o il piccolo artigiano vive del suo lavoro non
se la passa meglio.
Sembra un dato recente, in realtà è parte
integrante da sempre del sistema economico-sociale in cui viviamo, il
capitalismo. Edmondo De Amicis, che fu, non dimentichiamolo, uno scrittore
socialista, lo scriveva a chiare lettere già all'inizio del secolo scorso.
Riprendiamo una pagina del suo opuscolo "La quistione sociale",
rivolto esplicitamente ai giovani, che sembra scritta per denunciare la
precarietà dell'oggi.
Per questo, non va mai dimenticato
che il Primo Maggio non è la festa del lavoro,una sorta di Natale laico, ma una
giornata di lotta degli sfruttati, la presa di parola degli
"invisibili" che ricordano nelle piazze e nelle strade che in questa
società la ricchezza dei pochi si regge sullo sfruttamento del lavoro delle
moltitudini, ceti medi compresi.
Giorgio
Amico curatore del http://cedocsv.blogspot.com/
Edmondo De Amicis
La quistione sociale
Non dovrei ribattere nemmeno coloro
che vi consigliano di lasciar da un lato la quistione sociale dicendovi che essa
riguarda una classe sola, o certe classi, non la vostra; poichè son certo che
voi non siete tanto sdegnati dell'egoismo miserabile di quest'argomento quanto
mossi a pietà dell'insensatezza di chi considera come una parte trascurabile
della società la parte di lei più importante per il suo numero, più necessaria
per la sua funzione, più benemerita per le sue fatiche; quella, senza di cui la
nazione non ha fondamento, la patria non ha difesa, e il mondo non ha nè vesti,
nè tetto, nè utensili, nè pane. Ma l'argomento, pure intrinsecamente, è falso.
La quistione sociale abbraccia ormai
tutte le classi, poichè anche le classi medie, sebbene con minore intensità,
per ora, e con effetti meno visibilmente dolorosi, risentono già tutti i danni
di cui le inferiori si lagnano.
Vi è già una gran parte della
borghesia per cui l'esistenza non è meno minacciosamente precaria che per le
classi chiamate con maggior proprietà lavoratrici; vi sono in tutti i campi del
commercio e dell'industria le mezze fortune oppresse nella lotta disperata con
le grandi; vi è un popolo di possidenti che mendica; v'è una concorrenza di
cento paria per ogni stipendio che basti appena alla vita; vi sono migliaia di
giovani d'ingegno e di studio a cui non è possibile di guadagnare quanto un
bracciante prima dei trent'anni; v'è la vecchiezza pensionata che disputa il
posto alla gioventù esordiente, la donna che lo contende all'uomo, l'uomo che
lo contrasta al ragazzo; v'è una tal ressa di naufraghi intorno a ogni trave
galleggiante, che quando uno per negligenza o per forza lascia andare la sua,
non gli resta quasi più speranza d'afferrarne un'altra, e annega le più volte
nella miseria.
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