22 aprile 2020

ROSARIO GIUE' e VITO MANCUSO di fronte alla crisi della CHIESA odierna



Di fronte alla crisi della Chiesa Cattolica odierna, mi sembra utile mettere a confronto due diversi punti di vista. (fv)

FRANCESCO E IL PROCESSO DI RIFORMA IRREVERSIBILE
Rosario Giuè


Visto che in questi giorni alcuni teologi cattolici che stimo stanno intervenendo per decifrare il momento che sta vivendo papa Francesco nel suo tentativo di riformare la Chiesa cattolica, vorrei dare un mio contributo alla discussione. Queste autorevoli personalità sostengono che papa Francesco sia stato sconfitto. Sono opinioni che provengono da teologi che vogliono bene a Francesco. Ma devo dire di non condividere le loro conclusioni.
Il processo di riforma nella linea del Concilio richiede molta fatica. Il processo è un intreccio di slanci e di ponderazione: un insieme. La sinodalità (camminare insieme) per esempio, tratto decisivo nel pontificato di Bergoglio, ha bisogno di tempo per essere messa in atto, come osserva Giovanni Cereti. Siamo di fronte a “strutture di peccato ecclesiastiche” che resistono al cambiamento con tutti i mezzi a disposizione. Usando tutte le armi lecite e illecite. La lebbra del clericalismo individuale e strutturale ha bisogno di un vaccino. Ma non di una sola dose di medicina. Non basta un solo tratto di penna. Occorrono molte dose di vaccino, perché la malattia è molto grave. Ma non è incancrenita, da portare alla morte: alla non riformabilità della Chiesa.
Chi appoggia papa Francesco, nel suo impegno per la riforma della Chiesa in senso conciliare, deve ben comprendere tutto ciò, senza delusioni facili. Senza rassegnazione. Non dobbiamo sentirci scontenti come fanno i reazionari, i fascisti, i tradizionalisti, le lobbies politiche: tutti soggetti che non amano le pur minime aperture di Francesco.
Perché non dobbiamo sentirci scontenti? Perché il cammino verso una Chiesa riformata, ne sono convinto, è ormai irreversibile. La riforma è in corso. Il Papa sta favorendo il processo sinodale piuttosto che i risultati immediati, pur attesi da molti di noi. Anche perché, come sostiene il teologo brasiliano Agenor Brighenti, «instaurare la sinodalità tramite mezzi non sinodali significherebbe lasciare quest’ultima alla mercé della buona volontà di quelli che verranno».
Sono convinto, ma non ne ho le prove, che il processo per una chiesa accidentata, ferita e sporca “in uscita” per le strade della storia contemporanea, che vada oltre la propria chiusura autoreferenziale, difficilmente potrà ormai essere bloccato in futuro. Non credo che sarebbe facile per i cardinali eleggere un Benedetto XVII o un Giovanni Paolo III. La società laica, per prima, non lo perdonerebbe. I cardinali perderebbero la faccia. La credibilità ecclesiale sarebbe compromessa ancor di più.
Nel momento attuale papa Francesco, dunque, pur di fronte a molte e pesanti pressioni, comprese quelle dell’ex vescovo di Roma, Joseph Ratzinger, non ha perso la prospettiva della riforma, del cammino verso una Chiesa “in uscita”. Tanto è vero che ha scelto come tema del prossimo sinodo dei vescovi (da tenersi nel 2022) la “sinodalità”. Il Papa non ha rinunciato ad attuare strutturalmente la riforma. Sta cercando, certo, di superare il conflitto, che è pure in corso. Con tale conflitto bisogna fare i conti.
So bene che molte delusioni sono emerse dopo la sua esortazione post-sinodale Querida Amazzonia. Francesco deluderebbe perché non ha accolto “esplicitamente” le attese sull’ordinazione dei preti sposati e sui ministeri ordinati alle donne. In realtà, in QA Francesco ha invitato a fare proprio il Documento finale del Sinodo sull’Amazzonia con tutte le sue proposte votate a maggioranza qualificata. Non ha smentito il Documento sinodale. Non ha chiuso per sempre quelle questioni, rimandate da troppo tempo nella Chiesa. Papa Francesco non ha voluto «relativizzare i problemi, fuggire da essi o lasciare le cose come stanno». Piuttosto sta cercando di spingere la Chiesa, anche su quelle questioni, verso la via d’uscita che «si trova per “traboccamento”» (QA 105). Come avverrà questo “traboccamento” è una sfida che abbiamo ancora davanti. La sfida non è finita: è tutta da vivere e ci coinvolge tutti e tutte. Il cammino della riforma, dunque, non è stato sconfitto. Francesco non è stato bloccato. Questo io penso. Papa Francesco è un uomo profetico, ma non può bastare. Da solo. Salvare la Chiesa è, piuttosto, un compito di tutti e di tutte, non solo di Francesco. Per chi ha maturato la convinzione che papa Francesco sia il papa giusto al tempo giusto, non può lasciarlo solo, ora. Verrà il tempo nel quale potremo fare tutti i bilanci necessari. Non ora. Ora c’è da camminare e di impegnarsi, apertamente alacremente, nella riforma in corso.


Rosario Giuè,  Palermo 22 aprile 2020 

 ******


PAPA FRANCESCO E’ UNA FIGURA TRAGICA

Vito Mancuso

«Sollecitato da più persone mi viene richiesto un commento sui contenuti della trasmissione REPORT andata in onda ieri sera, lunedì 20 aprile: la corrente cattolica conservatrice e reazionaria, vicina e alleata delle destre, che si oppone al pontificato di papa Francesco, rappresenta quanto di più lontano dalla mia sensibilità religiosa e dalla mia spiritualità. Ma se si trattasse solo di questo non sarebbe poi un grande problema, ma solo una questione di gusti personali.
In realtà, queste destre cattoliche e reazionarie sono il portato del peggio del cattolicesimo del passato, quella religione che ha condotto alle stragi, ai roghi, all’indice dei libri proibiti, alle collusioni con il potere, al favore verso i dittatori, all'odio verso gli ebrei e da qui a tutto ciò che l'antisemitismo del ‘900 ha prodotto.
Oggi dietro di loro ci sono gli stessi interessi che portano a inquinare il pianeta a devastare l'Amazzonia, a eleggere persone come Trump negli Stati Uniti, Bolsonaro in Brasile, Orban in Ungheria e poi le varie leadership dell’Europa dell’est, Polonia in testa, sempre molto cattoliche e sempre molto reazionarie, antisemite, antiecologiste, antifemministe, antimoderne… e soprattutto così tanto anti-patiche.
Papa Francesco è una figura tragica, che avrebbe voluto riformare la Chiesa, e che invece non riesce neanche a promuovere il diaconato femminile. Ricolmo di buona volontà, poco efficace dal punto di vista operativo, legislativo, istituzionale. La domanda è: si tratta di una sua responsabilità, oppure la Chiesa cattolica ormai, dopo tanti secoli di violenze (vedi p. es. Giordano Bruno) e di sotterfugi istituzionali (vedi p. es. il concordato con Mussolini nel 1929 e con Hitler nel 1933) è irriformabile? Forse il sogno del Vaticano II (di Mazzolari, Milani, Bettazzi, Martini, Turoldo, Balducci, Vannucci, Zarri, Bello, Paoli…) si rivela alla fine quello che effettivamente è, quello che è destinato a essere: solamente un sogno, di cui questi giorni dal colletto bianco e dalla talare nera costituiscono il triste ma realistico risveglio.
Il fatto che papa Francesco venga attaccato così pesantemente ce lo rende ancora più caro e più prezioso, nonostante la sua evidente sconfitta, una sconfitta nel presente e ancor più nel futuro, quando al suo posto ci sarà un papa che sceglierà di chiamarsi Benedetto XVII, oppure, ma tanto è la stesso, Giovanni Paolo III.»

Vito Mancuso, 21 aprile 2020

 

Nessun commento:

Posta un commento