18 aprile 2020

COME DIFENDERSI DAI VIRUS E DAGLI ESPERTI





Riprendo di seguito l'arguto intevento di un mio caro amico che, con la sua ironia, ci aiuta a superare il periodo critico che stiamo vivendo. (fv)



LOCATELLI DIXIT
di Mario Pintacuda

Ieri pomeriggio verso le 18 si è tenuta la consueta comunicazione dei dati relativi all’epidemia dalla sede romana della protezione civile. All’inizio il dott. Borrelli ha fornito i dati del giorno: casi attuali 106.962 (+355); dimessi/guariti 42.727 (+2563, +6,4%); ricoverati in Terapia Intensiva 2.812 (-124, -4,2%); totale casi 172.434 (+3.493, +2,1%); deceduti (citati sempre per ultimi) 575 nelle ultime 24 ore, per un totale di 22.745 (+2,6%). Poi Borrelli ha passato la parola al prof. Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità.
Ho già avuto occasione di rilevare che, fatto salvo l’indubbio valore professionale del professore e il suo intenso impegno in questo periodo difficile, esiste un oggettivo problema di “comunicazione” da parte sua. Questa mia affermazione, si badi bene, va chiarita: in un convegno medico, in una situazione istituzionale, in una riunione di esperti, un certo stile e un certo lessico sono doverosi, corretti e anzi auspicabili; ma di fronte a milioni di spettatori, che hanno diritto a immediatezza e chiarezza, a risposte semplici ed efficaci di fronte ai tanti gravi problemi del momento, ci si aspetterebbe un altro tipo di approccio.
Glissando sul tono di voce di Locatelli (che ahimè contribuisce ulteriormente alla carenza comunicativa, giacché è un tono monotono, frammentato, quasi sillabato, privo di ogni scatto emotivo), cito qualche esempio dalla “comunicazione” di ieri.
Anzitutto il professore si è compiaciuto della “efficacia delle misure intraprese in termini di distanziamento sociale, di lockdown per contenere la diffusione epidemica” (cioè facciamo bene a stare a casa per non beccarci il virus).
Poi ha immediatamente dirottato il discorso sul tema dell’imminente giornata della donazione di organi e tessuti; infatti, ha detto, i numeri di questi giorni “hanno artigliato le nostre coscienze e le nostre sensibilità” (bello, devo dire, questo termine icastico, “artigliare”). Tali numeri, ha proseguito Locatelli, “debbono indurci a riflettere su quella che è la cultura della donazione di organi, cultura della donazione che non è mai sufficientemente promossa e che deve permeare le coscienze di ognuno di noi perché con la donazione di ognuno si possono riallacciare fili esistenziali che altrimenti rischierebbero di andare irrimediabilmente perduti”.
Come come? Alt, rileggiamo: “con la donazione di ognuno si possono riallacciare fili esistenziali che altrimenti rischierebbero di andare irrimediabilmente perduti”. Traduco alla carlona: donando organi si evita che molte persone muoiano, quindi la morte è la “perdita irrimediabile di un filo esistenziale”. Definizione degna di un filosofo escatologico, decisamente.
Locatelli si è poi concesso un momento di esaltazione quasi missionaria: “solamente donandosi si dà un senso compiuto alla nostra esistenza: chi non si dona è come un seme che non germoglia”. In questo caso la similitudine evangelica era chiarissima; e in effetti il problema sollevato sulla donazione di organi è drammaticamente spinoso e attuale; solo che il tema centrale era il coronavirus…
Il professore è tornato dunque al tema principale passando a parlare dei test sierologici; ha provato quindi a riassumere gli “aspetti che pertengono alla realizzazione dei test sierologici”. L’obiettivo di tali test sarà “la determinazione della percentuale di persone che risiedendo in Italia sono entrate in contatto o – se preferite – sono state contagiate da SARS-CoV-2 e COVID-19”; Locatelli ha comunicato dunque che sono state fornite al commissario Arcuri indicazioni solide e affidabili su questi test. Ha fatto poi in proposito il seguente annuncio: “nelle prossime ore verrà resa pubblica una ‘call’ per tutte le aziende, tutti gli interlocutori”. Una call? Confesso che io avevo dapprima capito “una colla” e mi ero chiesto se questa colla potesse risolvere i nostri problemi sierologici. Poi mi sono documentato e ho letto ad es. che in campo scolastico il Miur ha pubblicato due “call” per sostenere la didattica a distanza, per contenere il Coronavirus. Allora si dice così, nella nostra Italbritannia! Del resto siamo in pieno lockdown… Bisognerà fare il “callo” anche alle “call”…
Ma non basta; prendete fiato e ascoltate il successivo chilometrico periodo locatelliano (che secondo me sarebbe da assegnare come esercitazione di analisi logica agli alunni delle scuole): “la call sarà aperta per cinque giorni, dopo di che un ‘panel’ identificato dal commissario Arcuri allo scopo con [sic!] competenze tra loro complementari procederà all’identificazione del test che verrà selezionato per la conclusione di questo studio di sieroprevalenza su un campione di 150,000 residenti in Italia selezionati in collaborazione e con il contributo di ISTAT in funzione del genere di fasce di età, sei fasce di età di rappresentazione regionale perché ci aspettiamo diversi tassi di sieroprevalenza nelle differenti regioni e anche profili lavorativi”.
Ce l’abbiamo fatta, siamo arrivati in fondo al periodo. In tutto questo ci siamo un po’ persi il “panel”, che non è (come un palermitano potrebbe ipotizzare) il pane e panelle, bensì un procedimento di raccolta a carattere continuativo di informazioni statistiche eseguito su un campione rappresentativo. E comunque, ha proseguito Locatelli, “deve essere ben chiaro (!!!!!) che questo studio di sieroprevalenza verrà condotto in collaborazione con le regioni”. L’intervento del professore si è chiuso con un elogio di AIFA (l’Agenzia italiana del farmaco, ma io dapprima avevo capito Haifa città di Israele…). AIFA infatti si è fatta “garante di quanto inerisce alla farmacovigilanza dell’elaborazione di linee guida per il trattamento dei pazienti al di fuori degli studi clinici”.
Ultima osservazione del professore è stata la constatazione che al Sud Italia il contagio è stato ben contenuto, “dato solidamente corroborato dall’evidenza di numeri”.
Devo dire che sono esausto. Mi sento come Manzoni di fronte al “dilavato” manoscritto del suo Anonimo: "Ma, quando io avrò durata l’eroica fatica di trascriver questa storia da questo dilavato e graffiato autografo, e l’avrò data, come si suol dire, alla luce, si troverà poi chi duri la fatica di leggerla?".
E comunque, al di là delle modalità comunicative, anzi non-comunicative, di Locatelli e Borrelli, al di là del tono di voce, di una certa retorica neo-asiana, delle divagazioni, resta il concreto sospetto che questo rituale delle 18 da via Vitorchiano sia stato a un certo punto vissuto dalla Protezione Civile e dal comitato scientifico con un certo disagio. E forse non a caso Borrelli ieri ha comunicato che l’aggiornamento in conferenza stampa sull’emergenza Coronavirus non si terrà più giornalmente, ma soltanto due volte a settimana: il lunedì e il giovedì saranno i giorni designati per l’aggiornamento sull’andamento del contagio.
E questo perché? Perché va meglio? Non si direbbe: perché se è vero che in molte regioni si è in linea con le percentuali “ragionevoli” di altre zone (ad es. della Germania), al Nord Italia e soprattutto in Lombardia così non è affatto. Cinquecento e passa morti al giorno (e vorrei rimandare al mio post di qualche giorno fa che si chiedeva “dove muoiono i morti?” *) non sono certo segno di un cessato allarme.
Speriamo almeno che lunedì prossimo i giornalisti presenti in conferenza stampa riescano a porre tutte le domande opportune e giuste. Sempre che a queste domande, che sono le domande di tutti noi, ci siano attualmente risposte.
Mario Pintacuda  

* Riassumo il post cui si fa riferimento, che potete leggere integralmente nel profilo face book di Mario Pintacuda, con le sue stesse parole: “La verità che emerge sempre più evidente  è che si naviga a vista, anzi nella nebbia più fitta. I presunti esperti annaspano nel buio dell'ignoranza di fronte a un virus subdolo e finora "invitto". Contagi e soprattutto morti continuano alla faccia di tutte le fasi 1 di questo mondo. E sempre più chiaro è che non dipende solo dal mancato adeguamento alle disposizioni. Ci si contagia in famiglia, nei condomini, nei cortili, nelle case di riposo, negli ospedali: gente rinchiusa che si contagia e contagia. Questa è la zita.”
Trovo magnifica, infine, la battuta con cui ha liquidato la prossima ventura app IMMUNE: “ Come si  direbbe in Sicilia, cu app app e cu un app un app...”

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