11 settembre 2021

FRANCESCA TUSCANO, Ballata del socialismo dal volto umano

 



ballata del socialismo dal volto umano


nella città del nord, ogni giorno

salivo al colle di mezzo, a leggere lapidi

come lettere spedite al mittente sbagliato;


allora ti amavo, più ancora di quando

facevo la strada del fiume per venire da te,

nel palazzo sovietico dove si parlava l’umano tedesco;


in quelle due stanze custodivi le colline,

le tue, quelle dell’esilio dei poeti,

e parlavamo, nel divano sfondato, di tutto,


purché non fosse amore;

tu vantavi il bourbon che ti ricordava un’amante,

e io sorridevo, anche se non a te;


che fosse sbagliato, lo sapevamo -

non il nostro ostentare finzione,

ma l’omettere l’onesto giudizio della carne;


e mentre tu dormivi, e i palazzi sovietici

del paese del socialismo buono

iniziavano ad accendersi delle luci operaie,


io riprendevo la strada del fiume, e sorridevo;

nel pezzo di carta strappato ai bianchi giorni dell’agenda

avevo scritto che la vita è selvaggia;


mentivo, ma certo; e non mi voltavo a guardare

la finestra dove ci eravamo baciati, perché

m’avrebbe ricordato un altro palazzo,


ancora più a nord, più ad est, e avrei pianto:

non per l’amore passato, ma per me avrei pianto,

per quell’unico tempo nel quale


nessuno notava le mie unghie spezzate

nel paese del socialismo che all’umano volto borghese

preferiva trafficanti, e bestemmiatori di sogni,

nella piazza, grande, dei fantasmi.


Francesca Tuscano



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