Una grande stalla-dormitorio
Baobab ExperienceL’estate Roma si svuota. C’è chi va in vacanza. E poi c’è un esercito invisibile che, a partire da maggio, dalle strade della Capitale si muove verso la Pianura Pontina, Manfredonia, Foggia, Cuneo. Percorre la filiera agroalimentare al contrario: dalle tavole imbandite alla schiavitù dei campi.
Ajar è tornato da Borgo Grappa, provincia di Latina. Ha lavorato per tre mesi, sotto un sole sempre più caldo e la schiena sempre più stanca. La sveglia fissa alle 4 del mattino e dodici ore di lavoro davanti a sé: tutti i santi giorni, per una paga di 1.100 euro al mese. Sono 35 euro al giorno, meno di 3 euro l’ora: i veri “35 euro al giorno” concessi ai migranti.
“Non ce l’ho fatta a restare. Non ce l’ho fatta più a dormire in quel casale abbandonato, ammassati in decine gli uni sugli altri. Un posto disumano, sporco; l’aria era irrespirabile. Ed ero anche costretto a pagare per passare la notte lì: il capo ci tratteneva 150 euro dalla paga, per un materasso steso in quel tugurio e il trasporto nei campi”. Quindi non sono 1.100 euro al mese, ma 950: 30 euro al giorno, poco più di 2,5 euro all’ora.
Musa e Adam, invece, sono partiti a luglio. “Ci ha chiamati un nostro contatto. Lui è lì già da un mese. Ci ha detto che cercano nuove persone per la raccolta. La paga è una miseria, ma forse c’è la possibilità di un contratto”. E un contratto c’è davvero. Solo che la paga oraria non è quella riportata.
“Tutte le sere aspettiamo un messaggio WhatsApp. Se arriva sappiamo che all’alba dobbiamo farci trovare pronti. Altrimenti è un’altra giornata persa“. E così passa l’estate di due giovanissimi ragazzi provenienti dal Senegal: nelle campagne di San Severo, provincia di Foggia, fuori da una grande stalla-dormitorio, senza acqua né elettricità, in attesa del cenno del caporale, assieme agli altri schiavi stranieri di un’imprenditoria italianissima. Il loro sogno europeo si è esaurito nella speranza di poter far parte della prossima squadra di raccoglitori nelle piantagioni di pomodori pugliesi, il prodotto madre dello sfavillante made in Italy, il cibo più desiderato del mondo.
NOTA Il Caporalato e l’imprenditoria che ricorre all’intermediazione illecita si nutrono dell’invisibilità delle persone. Sono i maggiori beneficiari dell’introduzione nel nostro ordinamento della figura del “migrante irregolare”: un bacino immenso di manodopera a basso prezzo, di persone spinte ad accettare anche le peggiori condizioni di sfruttamento pur di sopravvivere e non inclini a denunciare la condizione di semischiavitù alla quale sono ridotti sia nella speranza di un regolare contratto (unica strada per un permesso di soggiorno) sia per paura di ritorsioni o di venire scoperti e espulsi dalle stesse autorità alle quali si chiede protezione.
#VerbaMigrant è la Rubrica settimanale di testimonianze di Baobab Experience
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