Tra caduta dell’Occidente e transizioni incerte
Raúl ZibechiLe analisi di Immanuel Wallerstein sulla crisi del sistema-mondo e sul declino degli Stati Uniti hanno avuto molto successo tra i movimenti antisistema. Oggi dobbiamo arricchirle in un’epoca nella quale non ci sono vincitori definiti, un’epoca di turbolenza e di transizione alla multipolarità che durerà molti anni, un’epoca aggravata dalla crisi ambientale che non ha giocato nessun ruolo nei cambiamenti precedenti della storia. “Ci fa da stimolo la straordinaria resistenza del popolo palestinese, molto più della miserabile politica di Hamas…. – scrive Raúl Zibechi – Prima che il sistema-mondo si decomponga e della crisi di legittimità degli stati, potrebbe essere l’ora dei movimenti e dei popoli. Possiamo creare forze capaci di promuovere uguaglianza, giustizia sociale e democratizzazione all’interno delle nostre società. Non è semplice, ma non abbiamo altra scelta…”
Trent’anni fa Immanuel Wallerstein affermava che “il periodo compreso tra il 1900 e il 2025/2030 sarà molto probabilmente un periodo di poca pace, poca stabilità e poca legittimazione” (Paz, estabilidad y legitimación: 1990.2025/2950, Akal, 2004). Constatava così il crollo del liberalismo e l’avvento di un periodo di fluttuazioni caotiche e instabili. La sua analisi sulla crisi del sistema-mondo e sul declino degli Stati Uniti ha avuto molto successo e ha segnato i nostri dibattiti sulla transizione in corso. Il suo sguardo a lungo termine gli ha permesso di concludere che c’è sempre stata competizione tra due stati forti per diventare il successore della potenza egemonica precedente, quindi per diventare il centro principale di accumulazione del capitale.
Wallerstein credeva che la forza militare sarebbe stata usata nello stadio finale della transizione, che sarebbe stato un processo lungo in un periodo di caos, e che alla fine di molte biforcazioni si sarebbe imposto un nuovo ordine di sistema.
In questi trent’anni le cose sono cambiate radicalmente, anche se la crisi del sistema-mondo transita ancora nelle stesse corsie. A quel tempo il sociologo pensava che i candidati a contendersi il posto della potenza egemonica in declino sarebbero stati il Giappone e l’Unione Europea, cosa che oggi risulta impossibile anche solo da immaginare, essendo entrambi saldamente allineati con gli Stati Uniti e con scarsa influenza a livello mondiale.
Oggi è evidente che solo la Cina è un’alternativa reale al potere degli Usa, anche se si sta formando quello che il brasiliano Jose Luis Fiori chiama un impero militare globale nel nord del pianeta. Non sono però da escludere nuove sorprese, come l’ascesa inarrestabile dell’India, ancora lontana da essere un attore globale, e la possibile deriva di paesi decisivi come il Brasile e la sua coalizione BRICS+10. Un’altra incognita è la sostenibilità dell’alleanza Russia-Cina, dato che i principali analisti geopolitici sovrastimano la capacità di Mosca di sostenersi come grande potenza, ignorando i suoi enormi svantaggi demografici e di legittimità del suo regime.
L’analisi di Fiori arricchisce quella di Wallerstein, approfondendo il concetto di transizione verso un nuovo ordine sistemico. Nel suo articolo La multipolaridad y el declive crónico de Occidente (En IHU Online, 17/5/24), scrive che “la parola transizione suggerisce un processo lineare, direzionato, la conoscenza di dove si parte e dove si arriva, e oggi non è nemmeno chiaro dove si trova la trasformazione del sistema, né quello che diventerà un nuovo ordine mondiale multipolare”. A differenza di altri periodi, sostiene Fiori, non siamo alla fine di una guerra con vincitori ben definiti, siamo in un lungo momento di turbolenza, instabilità e imprevedibilità, con una successione di conflitti e guerre locali; una transizione alla multipolarità che sarà intensa e durerà molti anni o decenni. Non delineandosi ancora dei vincitori tra i paesi e i blocchi in conflitto, contrariamente ai momenti di transizione passati, potremmo star entrando in un intervallo di stallo e decomposizione, aggravato dalla crisi ambientale che non ha giocato nessun ruolo nei cambiamenti precedenti della storia.
E poi c’è un altro elemento che sembra preoccupante: non esiste il minimo consenso a come potrebbe essere questo nuovo ordine globale, che probabilmente sarà multipolare e non sarà l’ordine unipolare centrato negli Stati Uniti e nell’Occidente.
Entrambi gli studiosi sono d’accordo sul fatto che questo nuovo ordine potrebbe essere peggio di quello attuale, se ad imporsi fossero potenze (nazioni, imprese e classi sociali) più autoritarie, colonialiste e patriarcali di quelle che ci sono oggi, anche se non fossero capitaliste.
Ci sono sia certezze che dubbi, perché sono tante le variabili e le trasformazioni in corso che potrebbero stravolgere i risultati sperati. Dal punto di vista di chi come noi resiste al capitalismo, ci resta da riflettere sulla direzione dei movimenti antisistema. Wallerstein auspicava la nascita di nuove forze, ma non aveva la certezza che sarebbe accaduto.
Ad ogni modo, stiamo vedendo come la parte organizzata delle nostre società sta avendo un ruolo positivo nel conflitto a Gaza, facendo pressione sui governi e boicottando Israele nello scenario internazionale. Ci fa da stimolo la straordinaria resistenza del popolo palestinese, molto più della miserabile politica di Hamas, e di una parte di ebrei e israeliani, molto più del sionismo e del genocida Netanyahu. In questi tempi non è poco.
Prima che il sistema-mondo si decomponga e della crisi di legittimità degli stati, potrebbe essere l’ora dei movimenti e dei popoli. Possiamo creare forze capaci di promuovere uguaglianza, giustizia sociale e democratizzazione all’interno delle nostre società. Non è semplice, ma non abbiamo altra scelta.
Pubblicato su La Jornada. Traduzione per Comune di Leonora Marzullo
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