Massimo Novelli, La grande armata dei dispersi e visionari – Vita dello scrittore Stefano Terra (Ediesse).
Premessa:
Qualche critico lo riteneva uno dei
maggiori narratori italiani del secondo Novecento. Lo scrittore
napoletano Michele Prisco disse che tra i nostri romanzieri era «il più
europeo». Vinse peraltro premi letterari prestigiosi, il Campiello e il
Viareggio, pubblicando con Einaudi, Bocca, Mondadori, Bompiani, Robert
Laffont, Guanda, Rizzoli, Editorial Laia e Scheiwiller, ed ebbe un largo
seguito di lettori. Eppure dopo la morte, avvenuta nell’ottobre del
1986, Stefano Terra è stato dimenticato completamente, scontando un
destino analogo a quello di altri letterati considerati fuori moda e
senza mercato. I suoi libri non sono più stati ristampati, salvo che in
un paio di casi, lodevolissimi, certo, ma per iniziativa di piccoli e
poco distribuiti editori. Romanziere «conradiano», l’unico del genere in
Italia insieme al veneziano Alberto Ongaro, e poeta, fu giornalista di
valore per il Sempre Avanti!, il Corriere Lombardo, La Stampa, la Rai e l’Agenzia Ansa.
«Avventuriero timido» e «crociato disertore»
per sua ammissione, consumò la vita tra l’Europa delle Porte di ferro e
il Levante delle rivoluzioni e dei colpi di Stato, la sua Torino e la
Grecia amata dell’Attica e di Atene, Roma e Parigi. Lo fece in un
tumulto di gioventù povera e di cospirazioni libertarie contro il
fascismo insieme a Natalia Ginzburg, a Vito Pandolfi, a Giorgio Diena e a
Silvia Pons, a Luigi Cavallo e a Letterio Savoja, fino all’andata in
guerra sul fronte albanese. Ferito e catturato dai greci, riuscì a
fuggire dal campo di prigionia raggiungendo al Cairo gli antifascisti di
Giustizia e Libertà come Umberto Calosso, Paolo Vittorelli ed Enzo
Sereni, e mettendo in piedi la Radio Matteotti. I primi libri
pubblicati, l’attività febbrile di militante politico, la
frequentazione di scrittori, di poeti, di artisti, di surrealisti e di
trotzkisti, da Albert Cossery a Lawrence Durrell, a Georges Henein, a
Ramses Younane, a Loutfallah Soliman, e una misteriosa missione da
agente segreto in Tracia, precedettero il rientro in Italia e la
stagione delle belle bandiere della Resistenza, presto ammainate, all’Italia libera e a Il Politecnico
di Elio Vittorini, di cui fu redattore. Poi, fallito un tentativo a
Parigi di vendicare Trotzkij, vennero la scelta del giornalismo
professionista e il ritorno felice sul finire degli anni sessanta, dopo
l’abbandono del «mestiere», alla letteratura.
Un critico influente, Geno Pampaloni, affermò che Terra era il solo scrittore italiano a saper «dare voce alle neiges d’antan». Scrisse romanzi notevoli a cominciare da quello dell’esordio, La generazione che non perdona, già
accolto favorevolmente da Italo Calvino, che Giorgio Bàrberi Squarotti
considera una delle opere narrative «davvero significative» del
Novecento italiano; un libro che indusse Enrico Falqui a parlare di lui
come di uno dei migliori narratori del secondo dopoguerra. Seguirono Il ritorno del prigioniero, La fortezza del Kalimegdan, Calda come la colomba, Alessandra (con cui si aggiudicò il Campiello), Il principe di Capodistria, Le Porte di ferro (che gli fece vincere il Viareggio), Albergo Minerva e Un viaggio una vita.
Raccontò per primo la vera natura del regime jugoslavo del maresciallo
Tito, pagandone per lungo tempo le conseguenze anche in Italia, tra
oblio, «esilio» ad Atene e ostilità politiche da sinistra e da destra. E
pubblicò raccolte di versi che restano nella nostra letteratura, dal Quaderno dei trent’anni a L’avventuriero timido. Riposa a Olympos, nell’Attica, secondo le sue volontà, dove «già tiepido / coagula il nuovo vino / Come il nostro sangue e la / nostra vita».
È doveroso narrare la sua storia
avvincente e romantica, romanzesca e affascinante quanto i suoi libri,
restituendo a Terra l’onore, la memoria e la rilevanza umana e
letteraria che gli spettano. Non è soltanto la
vicenda di un uomo e di uno scrittore solitario e isolato, emarginato dalle «mafie letterarie», come le definiva, ma coincide con buona parte della storia culturale, politica e sociale del Novecento.
vicenda di un uomo e di uno scrittore solitario e isolato, emarginato dalle «mafie letterarie», come le definiva, ma coincide con buona parte della storia culturale, politica e sociale del Novecento.
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