Propongo di seguito due recensioni dell'ultimo lavoro dello storico Salvatore Lupo che affronta un tema di grande attualità:
Enrico Petris – Ruolo dei partiti
nella storia repubblicana italiana
Antipartiti può sembrare un instant book ma è in realtà un serissimo tentativo di dimostrare come la novità politica dell’ultima ora, o degli ultimi anni, sia in realtà ancorata spesso a vecchie pratiche, frequentemente di carica antidemocratica, delle quali è più che legittimo sospettare. Se, nel corso degli anni della repubblica, il nuovo si è presentato col volto di movimenti di protesta di durata effimera (l’Uomo qualunque) o di dubbia capacità di rinnovamento (la Lega, Forza Italia) o di presunta forza rivoluzionaria (i movimenti eversivi degli anni settanta e la mafia, dei quali Lupo sottolinea le affinità operative e addirittura l’influsso dei primi sulla seconda per la svolta stragistica degli anni ottanta e novanta), è forse venuto il momento di sospettare di quanti si autoproclamano paladini del nuovo e dell’antipartitismo per proporre una soluzione al rompicapo italiano. Non convincono l’autore, a questo proposito, le spiegazioni del complicato tessuto politico italiano ricorrendo alle tesi complottistiche o ai discorsi sulle trame occulte, contro i quali muove fondate obiezioni distinguendosi dall’ondata corrente di molta pubblicistica, accademica e non, troppo indulgente alle dietrologie e al gusto del segreto.
Benché sia meno esplicito sul piano delle proposte operative, che peraltro non spettano allo storico, rispetto a quello dei giudizi sui fatti, ci pare di poter trarre dal saggio una posizione di netta difesa dei periodi in cui forte era il potere dei partiti in Italia, si vedano per esempio le pagine in cui si sottolineano le importanti riforme degli anni settanta (sanità, equo canone, istituzione delle regioni, obiezione di coscienza e altre di pp. 97-98) e di netta contrarietà ai sistemi elettorali maggioritari o alle proposte presidenzialiste o semipresidenzialiste, anche perché i primi non hanno dato i frutti di rinnovamento sperati, mentre le seconde non sono state attuate, nonostante il dibattito pubblico registri che ormai di fatto, se non di diritto, saremmo in un sistema presidenzialista Una soluzione pertanto in difesa della Costituzione esistente che, seppur ampiamente modificata nel corso degli anni, non ci permette ancora di parlare di seconda o terza repubblica, come richiamato ironicamente tra parentesi nel sottotitolo. Una difesa del sistema dei partiti proposta da uno storico di spessore e coraggioso, non dovremmo dimenticare le opere di Salvatore Lupo sulla mafia, non è molto comune di questi tempi, anzi per la verità credo che solo Fabrizio Barca (Un partito nuovo per un buon governo, aprile 2013) si sia speso in una iniziativa di questo genere nel suo recente documento, noto più per aver (re)introdotto la categoria del catoblepismo per spiegare una degenerazione tipica del sistema politico italiano, che per la proposta di rinnovamento del sistema dei partiti.
Carlo
Patrignani – Partiti e Antipartiti
Ciò che
opprime il comatoso ed asfittico sistema politico non è 'l'eccesso di partiti'
ma 'l'assenza di partiti', intendendo per 'partiti' quelli capaci di saper
leggere il passato per interpretare il presente e per dare così le risposte
giuste alle persone, alla collettività nel suo insieme.
La patologia
allora sta nella mai estirpata ideologia 'antipartito' che, silente e latente
nel sottofondo culturale e politico dal fascismo ad oggi, ha prodotto, negli
ultimi vent'anni, la Lega e Forza Italia, poi il Movimento 5 Stelle e un lento
ma costante astensionismo per l'insoddisfacente e la non rappresentativa
offerta politica, passando per l'Uomo Qualunque di Giannini, la P2 di Gelli o
personaggi come Montanelli e Sogno.
L'originale
analisi storico-politica, è di Salvatore Lupo, autore di Antipartiti
(Donzelli editore, 2013) ed ordinario di Storia contemporanea all'Università di
Palermo che, da uomo di sinistra, anela ad "un grande partito progressista
integrato nel composito e variegato socialismo europeo". Lupo non è per
nulla convinto dell'equiparazione e/o accostamento del governo Letta, detto
delle 'larghe intese', con l'operazione culturale e politica di quarant'anni
fa: il compromesso storico. "Un accostamento assai strano e pure
nostalgico come se il compromesso storico fosse il modello ottimale: ha fallito
e di efficace non ha avuto nulla".
Neanche
l'attuale Pd, sarebbe, dunque, il partito ideale perchè purtroppo si è perduta
una grossa opportunità storica: il crollo del Muro di Berlino del 1989.
"Occhetto prima, D'Alema e Veltroni poi, non si sono incamminati verso il
socialismo europeo: hanno scelto una scorciatoia, errata, per potersi tener
sempre aperta la via dell'alleanza con la vecchia Dc".
Alleanza
realizzata nel 2007 con la 'fusione a freddo' per un partito, il Pd, senza una
chiara e forte identità culturale e politica tanto da dover oggi riconoscere
che aveva visto bene e giusto Bruno Trentin quando nel 2006, in polemica con
Ciriaco De Mita e Michele Salvati, era per l'adesione al socialismo europeo:
'vorrei poter morire socialista' ed al tempo stesso ricordava a Sergio
Chiamparino che si dichiarava 'sindaco di tutti' e conseguentemente 'uomo di
centro' di non dimenticare di esser stato eletto "sulla base di un
programma anche nazionale che sa distinguere tra operai e banchieri, fra
salario, profitto e rendita".
L'analisi di
Lupo non riguarda ovviamente soltanto il Pd, ma l'insieme dei partiti presenti
sulla scena. L'effetto di questa patologia - l'ideologia 'antipartito' - è che
dal '93-'94, che segnerebbero, erroneamente, il passaggio dalla prima alla
seconda Repubblica ma senza una nuova Costituzione, a dominare è stato ed è un
gigantesco 'vuoto d'idee' e di offerta culturale e politica! "Non dico che
i compromessi in politica non si debbano fare: negli anni '70 fu il compromesso
tra forze politiche diverse che, grazie al concorso dei sindacati, produsse
importanti riforme: lo Statuto dei Lavoratori, la programmazione economica, la
riforma delle pensioni, il divorzio e il nuovo diritto di famiglia".
Fu l'unica
stagione di grandi riforme che cambio' il paese: 'il compromesso storico' venne
come risposta al 'venir meno' della spinta riformatrice, "ma ha fallito,
non ha prodotto nulla di efficace, per cui non ha senso restare attaccati alla
tradizione". Poi l'89 e la mancata 'svolta' in direzione del socialismo
europeo. Dunque, piaccia o no, siamo l'unico paese europeo che non ha una
grande forza progressista laica connessa alla tradizione del socialismo europeo
e non ha nemmeno grandi partiti - conservatori e/o liberali - legati alle
tradizioni e culture di riferimento europeo!
La
patologia, insomma, è l'ideologia 'antipartito' di cui Grillo (come anche Bossi
e Berlusconi) esaspera i toni ripetendo vecchi slogan neofascisti e credendo di
essere non una parte ma l'intera società civile e questa credenza,
"diventa inquietante quando coinvolge la magistratura, che è un potere
dello Stato, e dunque non dovrebbe per principio prendere parte".
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