Per Balzac i pensieri
più segreti, le emozioni più nascoste si rivelano osservando il
modo di muoversi delle persone.
Da accaniti camminatori non possiamo
che essere d'accordo.
Chiara Pasetti
Filosofia del camminare
Quei passi
rispecchiano l'anima
«Non si può pensare e scrivere se non seduti», affermava Flaubert. Nietzsche prenderà spunto da questa affermazione per criticare aspramente il padre di Emma Bovary, che definisce "nichilista", per il mancato (a suo avviso) riconoscimento del legame fra corpo-movimento e pensiero-scrittura: "Restare seduti è esattamente il peccato contro lo spirito santo. Solo i pensieri nati camminando hanno valore", scriverà nel Crepuscolo degli idoli.
Questa diatriba
sarebbe piaciuta molto a Honoré de Balzac, che prima di loro non
solo aveva riflettuto sull'argomento del movimento umano, ma ne aveva
addirittura composto un piccolo saggio psico-sociologico in cui,
vestendo i panni dell'antropologo, si interroga sul significato
profondo e, secondo lui, mai sondato, del camminare.
La sua Théorie de la
démarche, ora pubblicata dalle edizioni Elliot col titolo Teoria del
camminare, comparve per la prima volta in cinque puntate, fra
l'agosto e il settembre del 1833, sulle pagine de "L'Europe
Littéraire", non casualmente nello stesso momento in cui Balzac
stava lavorando a una delle sue opere d'elezione, la storia
intellettuale di Louis Lambert, romanzo mistico, filosofico e
profondamente rivelatore del pensiero più nascosto dell'autore, in
cui il suo realismo visionario tocca le vette più alte, e che egli
riprenderà ancora nel 1836 e nel 1842.
Forse per distrarsi dagli
incubi e dalle visioni del geniale e infelice Lambert, che farà
sprofondare al termine della sua avventura nelle tenebre della follia
(e nella Teoria del camminare, a un certo punto, scrive che egli si
trova esattamente "nel punto in cui la scienza collima con la
follia", e che soltanto un uomo sufficientemente audace, che
senza timore sfiora "la follia e la scienza", poteva
elaborare teorie sulle andature umane), forse per liberarsi dagli
spiriti evocati da Swedenborg, genio (maligno) ispiratore del
romanzo, Balzac passeggiava... e come tutti i grandi maestri
dell'Ottocento francese, di cui lui fu il primo, osservava, per poi
trarre dalle sue osservazioni materia di studio e di scrittura.
Abituato a non vedere
nella gente altro che "dei libri da scrivere", egli,
aspettando una carrozza, guardava "spensierato" le varie
scene che gli passavano davanti agli occhi, quando vide un uomo che
cadde a terra e per mantenere l'equilibrio si appoggiò a un muro.
Questo pretesto
apparentemente banale, che lo induce anche a riflettere sul riso che
genera sempre "un uomo che cade", accende in Balzac quella
che definisce una sua "scoperta immortale", un "tesoro"
in cui si è imbattuto e che prima di lui nessuno aveva visto, ossia
la sua teoria del camminare.
Preso dall'esaltazione
febbrile che consegue ogni grande scoperta, tra l'ironico e
l'enfatico dichiara che questa è davvero la sua scienza, e che per
quanto si tratti in fondo dell'arte di "alzare e abbassare il
piede", essa richiede un tono "epico", poiché "la
dignità delle cose è inversamente proporzionale alla loro utilità":
"non è davvero incredibile il fatto che, da quando l'uomo ha
iniziato a camminare, nessuno si sia chiesto perché cammina, come lo
fa, se potrebbe forse farlo meglio, cosa avviene mentre passeggia, se
non esiste un modo per impostare, modificare e studiare la sua
andatura?
Domande che sono alla
base di tutti i sistemi filosofici, psicologici e politici di cui il
mondo si sia occupato".
Domande alle quali lui decide di
dare risposta, partendo dall'assioma per cui "la camminata è la
fisionomia del corpo".
Secondo questa formula i
pensieri più segreti, le emozioni più nascoste, si rivelano
all'occhio esperto di chi sa osservare il modo di camminare; non si
tratta solo di rintracciare le leggi che presiedono a una bella
andatura o i difetti delle andature sgraziate, ma di elaborare una
semiotica del movimento che sappia differenziare l'andatura dei "tipi
umani" a seconda delle classi sociali, dei mestieri, delle
abitudini.
La camminata è dunque articolazione espressiva, e
attraverso i segni esteriori nasconde qualcosa che si cela nell'anima
del marcheur.
Questo breve saggio, a
tratti ironico a tratti serissimo, è ancora una volta rivelatore del
grande talento di Balzac, e gli fornisce anche l'occasione per
sottolineare le caratteristiche del genio, del grande scopritore, di
colui che, segretario della sua epoca, come Omero, Aristotele,
Shakespeare, Tacito, e altri che egli cita, inventa e tramanda.
Deve essere, insieme, un
grande osservatore e un grande scrittore, deve possedere non solo la
"vista morale", ma anche "un'eminente perfezione dei
sensi e una memoria quasi divina", deve sapere guardare, come
diceva Flaubert, "fin nei pori delle cose", e poi deve
sapersi esprimere, deve sapere raccontare ciò che ha visto. E se
qualche volta incontra momenti di sconforto, di noia o di scarsa
ispirazione... può sempre camminare, per poi tornare, da seduto, a
"vedere l'abisso e penetrare nei suoi segreti".
Honoré de Balzac
Teoria del camminare
Elliot Edizioni, 2014
euro 9
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