Delfi
Non ci stancheremo mai di leggere e rileggere i classici. La rivisitazione che ne ha fatto Cesare Pavese mostra quale fonte inesausta di creatività essi siano:
C. Pavese,
L’inconsolabile
, dai
Dialoghi con Leucò
(1947)
Il sesso, l’ebbrezza e il sangue richiamarono sempre il mondo sotterraneo e promisero a più d’uno beatitudini ctonie.
Ma il tracio Orfeo, cantore, viandante ne
ll’Ade e vittima lacerata come lo stesso
Dionisio, valse di più.
(Parlano Orfeo e Bacca)
.
O
RFEO
: È andata così. Salivamo il sentiero tra il bosco delle om
bre. Erano già lontani Cocito, lo Stige, la barca, i
lamenti. S’intravvedeva sulle foglie il barlume del cielo.
Mi sentivo alle spalle il fruscìo del suo passo. Ma io
ero ancora laggiù e avevo addosso quel freddo. Pensavo che un giorno avrei dovuto tornarci, che ciò ch’è stato
sarà ancora. Pensavo alla vita con lei, com’era prima;
che un’altra volta sarebbe finita. Ciò ch’è stato sarà.
Pensavo a quel gelo, a quel vuoto che avevo traversato
e che lei si portava nelle ossa, nel midollo, nel sangue.
Valeva la pena di rivivere ancora? Ci pensai, e intravvidi il barlume del giorno. Allora dissi "Sia finita" e mi
voltai. Euridice scomparve come si spegne una candela. Sentii soltanto un cigolìo, come d’un topo che si salva.
B
ACCA
: Strane parole, Orfeo. Quasi non posso crederci. Qui si
diceva ch’eri caro agli dèi e alle muse. Molte di noi ti
seguono perché ti sanno innamorato e infelice. Eri tanto innamorato che - solo tra gli uomini - hai varcato le
porte del nulla. No, non ci credo, Orfeo. Non
è stata tua colpa se il destino ti ha tradito.
O
RFEO
: Che c’entra il destino. Il mio destin
o non tradisce. Ridicolo che dopo quel
viaggio, dopo aver visto in faccia il
nulla, io mi voltassi per errore o per capriccio.
B
ACCA
: Qui si dice che fu per amore.
O
RFEO
: Non si ama chi è morto.
B
ACCA
: Eppure hai pianto per monti e colline - l’hai cercata
e chiamata - sei disceso nell’Ade. Questo cos’era?
O
RFEO
: Tu dici che sei come un uomo. Sappi dunque che un uomo non sa che farsi della morte. L’Euridice che ho
pianto era una stagione della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore. Cercavo un passato che
Euridice non sa. L’ho capito tra i morti mentre cantavo il mio canto. Ho visto le ombre irrigidirsi e guardar
vuoto, i lamenti cessare, Persefòne nascondersi il volto, lo stesso tenebroso-impassibile, Ade, protendersi come
un mortale e ascoltare. Ho capito che i morti non sono più nulla.
B
ACCA
: Il dolore ti ha stravolto, Orfeo. Chi non rivorrebbe il passato? Euridice era quasi rinata.
O
RFEO
: Per poi morire un’altra volta, Bacca. Per portarsi nel
sangue l’orrore dell’Ade e tremare con me giorno e notte.
Tu non sai cos’è il nulla.
B
ACCA
: E così tu che cantando avevi riavuto il passato, l’hai respinto e distrutto. [...]
continua
continua
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