19 novembre 2011

RIFLESSIONI SULL'IDENTITA' SICILIANA.

Visto che esiste oggi perfino un assessorato regionale teso a promuovere la cosiddetta IDENTITA SICILIANA, ci piacerebbe aprire in queste pagine un dibattito su questo tema. Per iniziare pubblichiamo la prima parte di un articolo di BERNARDO PULEIO, pubblicato nei mesi scorsi sulla rivista palermitana IL BANDOLO:

L a storia impossibile: qualche ragguaglio sull'identità siciliana

All'indomani del secondo conflitto mondiale, in quel straordinario ragguaglio socio-antropologico che è il saggio Cos’è questa Sicilia, Sebastiano Aglianò così chiosava:

Le ragazze siciliane hanno gli occhi fermi e seducenti, ma come velati da una malinconica apatia: quel colore suggestivo, vario di iridescenze e di toni opachi, che ti lascia subito distinguere il <> anche fra le cime delle Alpi e in mezzo alla vita turbinosa di una città moderna. (S. AGLIANO’, Questa Sicilia, Corbo e Fiore Editori, Venezia 1982, (Iª ed. , Cos’è questa Sicilia, Siracusa 1945, p. 11).

Chissà se oggi, in epoca di soffocante omologazione, le parole del professore siracusano possono ancora essere considerate attuali.

Chissà cioè se oggi è ancora pienamente riconoscibile una connotazione siciliana (con riferimento, ovviamente non solo alla malinconia dello sguardo o a tratti tipicamente esteriori caratterizzanti una connotazione isolana).

In altri termini è da chiedersi, se e in che misura esista ancora, quell'insieme di elementi, tradizioni, concezioni del mondo che vanno comunemente sotto il nome di sicilianità.

Forse, però, si potrebbe tentare, ma avendo chiara consapevolezza che si tratta di una missione impossibile e, relativamente alle conoscenze e capacità di chi scrive, e, per quanto attiene al tema proposto, di rintracciare, nei secoli, qualche ragguaglio utile a declinare una sorta di toponomastica dell'identità siciliana.

In una novella ricca di spunti interessanti sotto il profilo estetico e antropologico, Pirandello delinea drammaticamente una delle connotazioni più tipiche del modus vivendi siciliano:

Sono così tormentosamente dialettici questi nostri bravi confratelli meridionali. Affondano nel loro spasimo, a scavarlo fino in fondo, la saettella di trapano del loro raziocinio, e fru e fru e fru, non la smettono più. Non per una fredda esercitazione mentale, ma anzi al contrario, per acquistare, più profonda e intera la coscienza del loro dolore. L. PIRANDELLO, Il professore terremoto, in, Novelle per un anno, Milano 1956, vol. I, p. 608.

La dialettica come strumento non di acclaramento della verità ma di tormento che sconfina nella follia: ben differentemente dalla vena ironica, con cui viene descritta la follia patologica di don Lollò, altro prototipo isolano, che dissipa il suo patrimonio:

E con chi non la attaccava don Lollò Zirafa? Per ogni nonnulla, anche per una pietruzza caduta dal morello di cinta, anche per una festuca di paglia, gridava che gli sellassero la mula per correre in città a fare gli atti. Così, a furia di carta bollata e di onorarii agli avvocati, citando questo, citando quello e pagando sempre le spese per tutti, s’era mezzo rovinato.

Dicevano che il suo consulente legale, stanco di vederselo comparire due o tre volte la settimana, per levarselo di torno, gli aveva regalato un libricino come quello da messa: il codice perchè si scapasse a cercare da sé il fondamento giuridico alle liti che voleva intentare. L. PIRANDELLO, La giara, op. cit. , voll II, p. 271).

Nel 1918, assistendo al Teatro Regio di Torino alla rappresentazione de L'aria del continente di Pirandello e Martoglio, così Gramsci chiosava:

Cinquant’anni di vita unitaria sono stati in gran parte dedicati dai nostri uomini politici a creare l’ apparenza di una uniformità italiana: le regioni avrebbero dovuto sparire nella nazione, i dialetti nella lingua letteraria.

La Sicilia è la regione che ha più attivamente resistito a questa manomissione della storia e della libertà. La Sicilia ha dimostrato in numerose occasioni di vivere una vita a carattere nazionale proprio più che regionale…La verità è che la Sicilia conserva una sua indipendenza, e questa si rivela più spontanea e forte che mai nel teatro. Esso è diventato gran parte del teatro nazionale, ha conquistato una popolarità, nel settentrione come nel centro, che ne denotano la vitalità e l’aderenza a un costume diffuso e fortemente radicato. E’ vita, realtà, è linguaggio che coglie tutti gli aspetti dell’attività sociale, che mette in rilievo un carattere in tutto il suo multiforme atteggiarsi, lo scolpisce drammaticamente o comicamente. Avrà un influsso notevole sul teatro letterario; servirà a sveltirlo, contribuirà, con la virtù efficace dell’ esempio a far decadere questa

produzione provvisoria del non ingegno italiano, produzione di uomini togati, falsa, pretenziosa, priva di ogni brivido di ricerca, di ogni possibilità di miglioramento. Luigi Pirandello, Nino Martoglio specialmente, hanno dato al teatro siciliano commedie che hanno un carattere di vitalità. A. GRAMSCI, Letteratura e vita nazionale, Torino 1972, pp. 321- 2

In Pirandello, specifica l'intellettuale sardo, converge una dimensione paesana, siciliana che è miracolosamente e straordinariamente alla base dell'universalità del drammaturgo agrigentino:

In Pirandello abbiamo uno scrittore “siciliano”, che riesce a concepire la vita paesana in termini “dialettali”, folcloristici (se pure il suo folclorismo non è quello influenzato dal cattolicesimo, ma quello rimasto “pagano”, anticattolico sotto la buccia cattolica superstiziosa), che nello stesso tempo è uno scrittore “italiano” ed “europeo”. E in Pirandello abbiamo di più; la coscienza critica di essere nello stesso tempo “siciliano” “italiano” ed “europeo” A. GRAMSCI, Il teatro di Luigi Pirandello, in Letteratura e vita nazionale, Torino 1972, p. 48.

BERNARDO PULEIO




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