18 marzo 2016

TUTTE LE RAGIONI PER ANDARE A VOTARE IL 17 APRILE




      Avevo già deciso di partecipare al referendum del prossimo 17 aprile per le ragioni esposte chiaramente nell’articolo seguente. A queste ragioni se ne è aggiunta un’altra, nelle ultime ore: il PD, il principale partito di governo del nostro Paese, che ha già autorizzato le trivellazioni, invece di esporre le proprie ragioni confrontandole civilmente con le altre, invita i suoi aderenti a disertare l’iniziativa referendaria  per impedire il raggiungimento del quorum, sabotando così uno dei pochi strumenti di democrazia diretta che ci sono rimasti.  
      La democrazia oggi è seriamente minacciata in Italia. Una volta erano le forze di minoranza ad esercitare il diritto alla “disobbedienza civile” . Oggi sono le forze che hanno la maggioranza parlamentare a sabotare un istituto democratico.
      Svegliamoci, prima che sia troppo tardi!
 fv

TUTTI I MOTIVI PER NON TRIVELLARE
di Maria Rita D’Orsegna*

In questi giorni un sacco di gente scrive cose a casaccio sul referendum. Il Sole 24Ore, Jacopo Gilberti, Alberto Clò, Pierluigi Vecchia, e altre persone mai sentite prima. Sono in questa petrol-trincea da quasi dieci anni. Non ci guadagno niente (a differenza dei petrolieri) a fare questa sorta di crociata, non ho “preconcetti ideologici”. Un sacco di gente viene qui o ad attaccare o a ricopiare. Hanno pure cercato di far chiudere il mio blog. Ma non fa niente, continuo, anche se stanca. Voglio solo che l’Italia non diventi un enorme campo di petrolio, ma sia più bella e più sana. Tutto qui. Potrei andarmene al mare a Santa Monica, e invece sono qui perché è importante. E spero che tutti possano fare del proprio meglio per incoraggiare il Sì il giorno 17 aprile 2016. I “professori” ci dicono che trivellare l’Italia serve per soddisfare il nostro fabbisogno nazionale, per lo sviluppo economico, per l’occupazione, e che tutto sarà fatto in modo “sostenibile”. Questo è quello che dicono loro. Invece, io l’ho girata tutta l’Italia petrolizzanda e petrolizzata ed è lampante, ai miei occhi almeno, che l’idea di “aggiustare” il paese facendo buchi a destra e a manca non è la soluzione. Ecco perche’:
1. Paesaggio e turismo
L’Italia è un paese densamente abitato, con un paesaggio invidiabile, variegato, fatto di colline, di mare, di boschi, di posti unici. Dove le mettiamo queste trivelle? Ovunque ti giri c’è comunità, c’è vita, c’è potenziale di bellezza, non deserto. Come si può pensare di trivellare a pochi chilometri da Venezia o da Pantelleria? Petrolizzare un territorio significa imbruttirlo, avvelenarlo, annientando quasi tutto quello che già sul territorio esiste o potrebbe esistere. E significa farlo sul lungo termine. Chi comprerà una casa con vista pozzo? Quale turista vorrà venire in Italia a vedere il mare o le colline bucherellate dalle trivelle o a respirare aria di raffineria? Fra l’altro la tutela del paesaggio è uno dei punti fondamentali della nostra Costituzione.
2. Petrolio scadente
Il petrolio presente in Italia – in generale – è scadente, in qualità e in quantità, ed è difficile da estrarre perché posto in profondità. È saturo di impurità sulfuree che vanno eliminate il più vicino possibile ai punti estrattivi. Non abbiamo nel sottosuolo il petrolio dei film texani, quanto invece una sorta di melma, maleodorante, densa e corrosiva che necessita di vari trattamenti prima di arrivare ad un prodotto finale.
3. Infrastrutture invasive e rifiuti
Questo fa sì che ci sia bisogno di infrastrutture ad hoc: pozzi, centrali di desolforazione, oleodotti, strade, porti petroliferi, industrializzazione di aree che sono al momento quasi tutte agricole, boschive, turistiche. Non dimentichiamo gli abbondanti materiali di scarto prodotti dalle trivellazioni – tossici, difficili e costosi da smaltire – con tutti i business più o meno legali che ci girano attorno. E non dimentichiamo il mare, dove la ricerca di petrolio può causare spiaggiamenti di cetacei, e dove è prassi ordinaria in tutto il mondo lo scarico in acqua di rifiuti petroliferi secondo il principio “occhio non vede, cuore non duole”.
4. Inquinamento aria
Sia dai pozzi che dalle centrali di desolforazione vengono emesse sostanze nocive e dannose all’agricoltura, alle persone, agli animali. Fra questi, l’idrogeno solforato (H2S), nitrati (NOx), i composti organici volatili (Voc), gli idrocarburi policiclici aromatici (Pah), nanopolveri pericolose. Alcune di queste sostanze sono provatamente cancerogene e causano danni al Dna ed ai feti. Possono anche causare piogge acide, compromettere la qualità del raccolto e la salute del bestiame. Chi eseguirà i monitoraggi, chi controllerà lo stato di salute delle persone? È giusto far correre questi rischi ai residenti, dato che gli effetti nefasti del petrolio sulla salute umana sono noti, e da tanto tempo, nella letteratura medico-scientifica?
5. Inquinamento acqua
Nonostante le cementificazioni dei pozzi e l’utilizzo di materiale isolante negli oleodotti, tali strutture con il passare degli anni presentano cedimenti strutturali, anche lievi, dovuti al logorio, alle pressioni, allo stress meccanico. L’elevata estensione degli oleodotti, e la profondità dei pozzi, rende difficile individuare queste fessure, che possono restare aperte a lungo, inquinando l’acqua del sottosuolo e danneggiando gli ecosistemi con elevati costi di ripristino.
6. Idrogeologia e sismicità
L’Italia è a rischio sismico, con già tanti problemi di stabilità idrogeologica, di subsidenza, a cui si aggiungono in molti casi l’abusivismo e la malaedilizia. In alcuni rari casi (ma ne basta uno solo!) le ispezioni sismiche, le trivellazioni, la re-iniezione sotterranea di materiale di scarto ad alta pressione possono alterare gli equilibri sotterranei, checché ne dica qualcuno dei “tuttapostisti” accademici italiani. Come non conosciamo perfettamente la distribuzione delle falde acquifere, così non conosciamo perfettamente neanche quella delle faglie sismiche. Stuzzicare i delicati equilibri geologici può innescare terremoti, anche di magnitudine elevata. È già successo in Russia, in California, in Colorado.
7. Incidenti
Anche prendendo tutte le precauzioni possibili, i pozzi possono sempre avere malfunzionamenti. In Italia abbiamo avuto già esempi di scoppi o incidenti gravi con emissioni incontrollate di idrocarburi per vari giorni senza che nessuno sapesse cosa fare: nelle risaie vicino a Trecate, nei mari attorno alla piattaforma Paguro, nei campi di Policoro. Per risanare Trecate non è bastato un decennio. Non per niente in California c’è una fascia protettiva anti-trivelle di 160 chilometri da riva, e non per niente è dal 1969 che non si buca più il mare.
8. Speculatori
Molte delle ditte che intendono trivellare l’Italia sono minori, straniere, con piccoli capitali sociali. Spesso annunciano di volere fare il salto di qualità con il petrolio d’Italia perché – e lo dicono candidamente ai loro investitori – da noi le leggi sono meno severe, è facile avere i permessi, le spese di ingresso sul territorio sono basse. Saranno, queste micro ditte irlandesi, australiane, statunitensi e canadesi, capaci di gestire i controlli ambientali a regola d’arte? Ed in caso di incidenti, con i loro esigui capitali sociali, avranno le risorse per affrontare operazioni di pronto intervento, risanamento ambientale e risarcimento danni?
9. Minimi benefici
Il petrolio d’Italia non farà arricchire gli Italiani, non porterà lavoro, e tanto meno risolverà i problemi del bilancio energetico nazionale. Le royalties d’Italia sono basse, e la maggior parte di questo petrolio verrà estratto da ditte straniere, libere di vendere il greggio su mercati internazionali. È pura speculazione, niente più.
10. Basilicata
Ed anche se tutto fosse fatto a opera d’arte, il vero conto va fatto su tutto quello che il petrolio distruggerà, sui rischi che ci farà correre, a fronte dei suoi presunti vantaggi. In Italia abbiamo già una regione che è stata immolata al petrolio e di cui il resto d’Italia sa poco. È la Basilicata, che fornisce a questa nazione circa il 7 per cento del suo fabbisogno nazionale. Tutti i problemi elencati sopra sono realtà in Basilicata: sorgenti e laghi con acqua destinate al consumo umano inquinate da idrocarburi, declino dell’agricoltura, del turismo, petrolio finanche nel miele, aumento di malattie, mancanza di lavoro, smaltimento illegale di materiali tossici, anche nei campi agricoli. E cosa ha guadagnato la Basilicata da tutto ciò? Un dato per tutti: secondo l’Istat, la Basilicata è la regione più povera d’Italia. Era la più povera prima che arrivassero i petrolieri con le loro vuote promesse di ricchezza, lo è ancora oggi.
Invece che fare buchi, e voler succhiare petrolio fino allo stremo, non sarebbe meglio coprire tutti i tetti d’Italia con un pannello fotovoltaico?
 * Fisica 

 Articolo ripreso da  http://comune-info.net/2016/03/i-motivi-per-non-trivellare/

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