09 marzo 2016

RICCHI E POVERI OGGI



CRESCONO LE DISEGUAGLIANZE
Curzio Maltese

La notizia che un club di 62 super ricchi, 53 uomini e 9 donne, ormai possiede la stessa ricchezza dei 3,6 miliardi di persone più povere del mondo è stata archiviata più o meno come una curiosità statistica, nel guazzabuglio del «forse non sapevate che» da Settimana enigmistica cui è ormai ridotta l’informazione globale. In molti siti anche di giornali seri e importanti è stata meno cliccata delle solite gallerie di gattini e cagnolini da concorso e degli ultimi aggiornamenti sui ritocchi estetici delle star di Hollywood. Non ha fatto scandalo neppure l’altro dato fornito da Oxfam, confederazione internazionale di ong: dal 2010 a oggi l’1 per cento dei più ricchi si è ulteriormente arricchito del 44 per cento, mentre i 3,6 miliardi di poveri si sono impoveriti del 41 per cento. Una redistribuzione che in altri periodi non sarebbe avvenuta nemmeno in un secolo e si è invece compiuta in soli cinque anni. Il mondo intero dovrebbe fermarsi a riflettere su questi dati terrificanti, i potenti della terra dovrebbero convocare vertici internazionali e discutere di soluzioni, il Congresso americano o il Parlamento europeo rinviare ogni altra discussione per concentrarsi sulla lotta a una disuguaglianza così feroce e pericolosa. Nulla di questo è accaduto. Eppure queste poche cifre spiegano tanto altro. L’insorgere di crisi ormai sistematiche, per cui ormai ai ripetuti annunci di ripresa seguono improvvise frenate e nuove recessioni. Da dove infatti dovrebbe ripartire una vera ripresa se le famiglie non hanno soldi da spendere in nuovi consumi? Lo spaventoso aumento dei flussi migratori dai paesi più poveri, che non diminuiranno né con i muri né con l’accoglienza, in tanto che non si correggerà un’economia malata. Il moltiplicarsi di focolai di guerra in Africa e in Medio Oriente, dove le analisi continuano a esagerare l’elemento religioso e a ignorare quello economico, pure evidentissimo. La stessa crisi morale e politica dell’idea di Europa, che per i decenni successivi alla seconda guerra mondiale è stata identificata da almeno due generazioni con la promessa di un benessere crescente e diffuso fra gli stati membri, mentre oggi è visto come la matrice di disoccupazione, ingiustizie e impoverimento. Tutte queste tragedie non nascono dal Corano o da internet o dal populismo, ma si spiegano con quella differenza fra l’1 per cento che sale sempre più in alto e il 99 per cento che sta precipitando sul fondo. Il resto, sono chiacchiere.

Repubblica 26 febbraio 2016

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