12 ottobre 2016

LE LINGUE DEL PRESENTE E DEL FUTURO S' INCONTRANO A PALERMO



Si sta svolgendo a Palermo, fino al 16 ottobre, il Festival delle Letterature Migranti. L' anno scorso vi abbiamo partecipato anche noi. Oggi pubblichiamo un testo di Evelina Santangelo, responsabile e coordinatrice del programma Letterature. Qui il dettaglio della rassegna, tra dibattiti partecipati, mostre, arti visive, dialoghi.

Migrazione: lingua del futuro. (ovvero un programma per una città tutto-porto)

di Evelina Santangelo

Non ci si poteva non misurare con alcune specificità disegnando il programma di un festival con sede a Palermo, città «tutto porto» sulle sponde di quel Mar Bianco di Mezzo (come gli arabi chiamavano il Mediterraneo) che oggi è mare dell’ultima speranza, per quanti tentano di solcarlo con mezzi di fortuna, e mare di una sfida di civiltà dalle conseguenze vitali, per l’Europa.
Di migrazioni umane, diritto d’asilo, di terre negate e di terre promesse (ieri come oggi), si discuterà in molti dei tavoli pensati per questa seconda edizione del Festival, ma anche di vie di fuga possibili verso quel che il sociologo tedesco Ulrick Beck ha chiamato «comunità esistenziale di destino».
Alla questione «Europa», alle più delicate e controverse questioni mediorientali, alle forme di neocolonialismo, ai modelli possibili di democrazia partecipativa, alle battaglie per l’emancipazione dentro e fuori i confini europei, alla laicità e ai dialoghi interreligiosi saranno poi dedicati anche diversi incontri, pensati come momenti di confronto tra visioni e approcci molto diversi tra loro.
In un mondo sfuggente e magmatico, avremo bisogno, infatti, di «tutta la nostra intelligenza» per provare a comprendere questo nostro tempo e agire di conseguenza. E avremo bisogno di sguardi il più possibile plurali (intellettualmente, culturalmente, artisticamente plurali).
Oggi però viviamo anche un tempo in cui si fatica a immaginare «una lingua del futuro», e forse anche una lingua del presente.
Eppure, se un giorno si dovesse tentare di trovare un’espressione capace di sintetizzare i mutamenti più significativi e le prospettive più feconde di questo nostro tempo, la parola «migrazione» potrebbe offrire la chiave di lettura meno asfittica per toccare il cuore delle cose.
Perché oggi, a migrare (come migravano ieri) non sono soltanto le genti, ma anche gli immaginari, le lingue, le letterature, le forme espressive, i modi della comunicazione così come quelli dell’informazione.
Di sconfinamenti, nomadismi, nuovi radicamenti linguistici, culturali, mediatici renderanno conto moltissimi degli incontri in cui si parlerà di «migrazioni» editoriali, narrative, artistiche, di società digitali.
L’aspirazione che dà forma a questo programma (in cui non si promuoveranno singoli libri, ma si partirà dai libri per provare a comprendere la contemporaneità) è, in ultima analisi: trasformare per cinque giorni Palermo in quel «tutto-porto» che la città custodisce nel nome, cioè in un piccolo laboratorio di pensieri ed esperienze a confronto (dall’Africa del premio Nobel per la Letteratura Wole Soyinka all’Europa dell’Est di Elvira Mujcic, dal Medio Oriente della rivista di comics libanese in lotta contro la censura, «Samandal», alle cittadinanze nomadi di autori come Hamid Ziarati, Helena Janeczek, Ornela Vorpsi), un laboratorio in cui la parola «migrazione», cifra del nostro tempo, possa diventarne chiave di lettura, parola da proiettare verso un futuro comune.
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Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la collaborazione della scrittrice Paola Caridi esperta in questioni mediorientali (responsabile del programma Teatro Cinema Arti), dell’anglista ed esperta in letterature africane Alessandra Di Maio, dell’anglista Alessandra Rizzo, delle ispaniste Assunta Polizzi (curatrice della sezione Arti Visive) e Floriana Di Gesù, dell’italianista Domenica Perrone e di Vincenzo Ceruso impegnato sul fronte del dialogo interreligioso e dell’accoglienza. La direzione artistica è di Davide Camarrone.

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