13 ottobre 2016

OMAGGIO A DARIO FO 1 e 2


"Il riso è sacro. Quando un popolo non sa più ridere diventa pericoloso."
Dario Fo



Molte cose di Dario Fo non ci convincevano (come l'infatuazione maoista degli anni '70 o la passione senile per i 5 Stelle), ma gli abbiamo sempre voluto bene. E' stato prima di tutto un uomo libero che ha messo la sua voce e la sua arte al servizio della lotta degli operai, dei giovani, dei carcerati rischiando e pagando, lui e la sua compagna, anche di persona. Con lui se ne va un pezzo importante della nostra vita. Restano le sue opere che hanno, anche le più scanzonate, sempre una forte valenza politica. Come il Preludio di Morte accidentale di un anarchico che riprendiamo.

Dario Fo

Morte accidentale di un anarchico
Prologo

Entra in scena Dario Fo

Come ci è venuto in mente di allestire uno spettacolo legato al tema della strage di Stato? Anche in questo caso siamo stati spinti da una situazione di necessità. Durante la primavera del '70 gran parte del pubblico che assisteva ai nostri spettacoli - compagne e compagni operai, studenti, democratici progressisti - ci sollecitavano a scrivere un intero testo sulla strage alla Banca dell'Agricoltura di Milano e sull'assassinio di Pinelli, che ne discutesse le cause e le conseguenze politiche. La ragione di questa richiesta era costituita dal pauroso vuoto d'informazione attorno al problema.

Passato lo shock iniziale, la stampa taceva: i giornali della sinistra ufficiale, «l'Unità» in testa, non si sbilanciavano e non andavano oltre sporadici commenti del tipo: «Il fatto è sconcertante», «Come oscura è la morte di Pinelli, così rimane avvolta nel mistero la strage alle banche». Si aspettava che «luce venisse fatta». Aspettare, purché non si facesse caciara...

E invece no. Bisognava far caciara, con ogni mezzo: perché la gente che è sempre distratta, che legge poco e male e solo quel che gli passa il convento, sapesse come lo Stato può organizzare il massacro e gestire il pianto, lo sdegno, le medaglie alle vedove e agli orfani, e i funerali con i carabinieri sull'attenti che fanno il presentat'arm.

All'inizio dell'estate (sempre del '78) esce da Samonà-Savelli (apparso anonimo ma in realtà a cura di Marco Ligini e di altri compagni) il libro La strage di Stato: un documento straordinariamente preciso, ricco di materiale, e soprattutto scritto con grande decisione e coraggio. In autunno «Lotta Continua» e il suo direttore Pio Baldelli - Docente della facoltà di lettere all’Università di Firenze - vengono denunciati dal Commissario Calabresi. È a questo punto che anche noi comprendiamo la necessità di muoverci al piú presto.

A nostra volta iniziamo il lavoro d'inchiesta. Un gruppo di avvocati e giornalisti ci fa avere le fotocopie di alcuni servizi condotti da giornali democratici e da alcuni fogli della sinistra - ma non pubblicati; abbiamo la fortuna di mettere il naso in documenti riguardanti inchieste giudiziarie, ci è dato perfino di leggere il decreto di archiviazione dell'affare Pinelli. (Com'è noto, i processi che secondo alcuni avrebbero definitivamente dovuto «far luce» sull'episodio verranno successivamente rinviati e definitivamente sospesi.

Stendemmo una prima bozza di commedia. Farsa, addirittura: tanto penosamente grotteschi risultavano gli atti delle istruttorie, le contraddizioni delle dichiarazioni ufficiali. Ci viene fatto presente che potremmo correre il rischio di denunce, incriminazioni, processi: decidiamo comunque che valga la pena di tentare, che anzi, l'andar giù a piedi giunti sia necessario, è il nostro dovere di militanti politici. L'importante è fare in fretta, intervenire a caldo. Il debutto, al Capannone di via Colletta, coincide con i giorni in cui si celebra il processo a Pio Baldelli, direttore di «Lotta Continua».

È un successo di massa straordinario: ogni sera la sala è esaurita mezz'ora prima dell'inizio dello spettacolo; ci troviamo a recitare con la gente sul palcoscenico, fra le quinte, nonostante le provocazioni, come la telefonata del solito ignoto che denuncia la presenza di una bomba in sala, l'intervento della Volante, il rilievo dato all'«incidente» dalla stampa padronale. Nonostante tutto ciò, sollecitati a tener duro dai compagni avvocati del processo Calabresi-Baldelli, le repliche proseguono a platee esaurite per oltre duecento serate.

Le difficoltà cominciano con la partenza per la tournée. In via Colletta siamo a casa nostra: fuori, i compagni che ci organizzano sono costretti ad affittare teatri, cinema, sale da ballo. C'è più d'un gestore che si rifiuta di accordarci la sala, all'ultimo momento, nonostante un contratto firmato. Spesso, però, le apparenti sconfitte diventano nostre vittorie. A Bologna, per esempio, ci vengono negati i millecinquecento posti del Teatro Duse: riusciamo a ottenere i settemila del Palazzetto dello Sport, e la gente lo affolla.

Si comincia a intuire che se la polizia e qualche sindaco piú o meno governativo si danno tanto da fare perché certe cose non si sappiano... ebbene, certe cose vanno assolutamente sapute. Ma qual è la vera ragione del grande successo di questo spettacolo? Non tanto lo sghignazzo che provocano le ipocrisie, le menzogne organizzate - a dir poco - in modo becero e grossolano dagli organi costituiti e dalle autorità ad essi preposte (giudici, commissari, questori, prefetti, sottosegretari e ministri), quanto soprattutto il discorso sulla socialdemocrazia e le sue lacrime da coccodrillo, l'indignazione che si placa attraverso il ruttino dello scandalo, lo scandalo come catarsi liberatoria del sistema. Il rutto liberatorio che esplode spandendosi nell'aria quando si viene a scoprire che massacri, truffe, assassini sono organizzati e messi in atto proprio dallo Stato e dagli organi che ci dovrebbero proteggere. Lo scandalo è come l'Alcaselzer che libera lo stomaco offeso dalla cattiva coscienza.
   Fotografie della folla assiepata davanti alla Palazzina Liberty per uno spettacolo 
   di Dario Fo, Franca Rame e Enzo Jannacci.

Così la grande catarsi si realizza nello scoprire che sono proprio le stesse istituzioni, gli organi che hanno progettato e realizzato crimini orrendi contro la popolazione, a puntare il dito accusatore contro se stessi, al grido: «Siamo una democrazia civile, la giustizia farà il suo corso!» Lo spettacolo è stato replicato per altri tre anni (e ripreso nell'86 a Milano) che hanno visto la morte di Feltrinelli, altre bombe, altri massacri.

Evidentemente il testo è via via aggiornato, il discorso si è fatto più esplicito. Lo scopo immediato è quello di far comprendere come la strage di Stato continui imperterrita, e i mandanti siano sempre gli stessi. Gli stessi che hanno tenuto in carcere Valpreda e i suoi compagni per tre anni, sperando che crepassero, gli stessi che ammazzano a bastonate un ragazzo per le strade e nel carcere di Pisa. Gli stessi che preparano trappole e sceneggiate orrende, che preparano colpi di Stato e poi, scoperti, assicurano: «Ma io scherzavo!»


Come diceva Bertold Brecht: «Nei tempi bui cantiamo dei tempi bui, poi verrà anche per noi il tempo delle rose». Ma non illudiamoci, vedremo tornare ancora l'arroganza e la ferocia del potere. Un potere rivestito con costumi nuovi, volti mascherati con sotto le stesse facce. E vedremo anche nostri compagni passati sotto le file loro per pochi o tanti quattrini. L'importante per noi è avere la forza di tornare da capo, con la stessa rabbia e la stessa determinazione di mostrare di nuovo al pubblico il deretano nudo e orrendo dell'ipocrisia. 


                                                                      *****


Se ne va un irregolare di genio. Se ne va nel giorno in cui il premio Nobel per la letteratura che pure gli fu assegnato tocca a un altro irregolare, Bob Dylan. Dario Fo è stato molte cose nella sua vita, attore, drammaturgo, pittore, illustratore, politico e intellettuale di rilievo. L'incontro con Franca Rame ha significato molto per lui. Nella sua attività artistica è rimasto dall'inizio alla fine un uomo del popolo. Non un uomo qualsiasi. Una figura capace di esprimere al meglio l'intreccio dell'arte con la vita nei suoi più vari aspetti, dalla commedia alla tragedia e alla poesia. 



Fo⟩, Dario. - Attore, autore e regista teatrale italiano (Sangiano 1926 - Milano 2016). Ha innovato il teatro comico italiano attraverso spettacoli, realizzati spesso insieme alla moglie F. Rame. Sintesi dei motivi ispiratori del suo teatro è Mistero buffo (1969), rielaborazione di antichi testi popolari padani con continue allusioni al presente. Nel 1997 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura.
Opere Fin dagli esordi negli anni Cinquanta, come attore e autore di riviste e atti unici farseschi, ha rivelato spiccate doti mimiche e intelligenza scenica, mettendole al servizio di un progetto di rinnovamento integrale del teatro comico italiano. Tale progetto, cui ha dato un notevole contributo, come coautrice e prima attrice, la moglie F. Rame, si è espresso in una ricca produzione di spettacoli, che, dalle brillanti commedie della prima fase (Gli arcangeli non giocano a flipper, 1959; Aveva due pistole dagli occhi bianchi e neri, 1960; Chi ruba un piede è fortunato in amore, 1961), passando attraverso l'esperimento brechtiano di Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963), la satira politica di Settimo, ruba un po' meno (1964) e La signora è da buttare (1967), e la scoperta del ricco patrimonio di canti popolari tradizionali (Ci ragiono e canto, 1966), è giunto alle farse degli anni Settanta, di ispirazione apertamente protestataria e militante, anche nella scelta di un pubblico popolare e nella ricerca di luoghi e circuiti di rappresentazione alternativi a quelli ufficiali (Morte accidentale di un anarchico, 1970; Tutti uniti, tutti insieme, ma scusa quello non è il padrone?, 1971; Guerra di popolo in Cile, 1973; Il Fanfani rapito, 1975; La marijuana della mamma è sempre più bella, 1976; ecc.), e, nella fase successiva, alla satira più divertita di Clacson, trombette e pernacchi (1980), Coppia aperta (1983), Il papa e la strega (1990), Zitti, stiamo precipitando (1990), Johan Padan a la descoverta de le Americhe (1991). Coerente testimonianza della sua opzione estetica per la creatività giullaresca dei ceti più bassi, può essere considerato Mistero buffo, più volte ripreso e modificato dopo la prima rappresentazione (1969). Nel 1997 è stato insignito del premio Nobel per la letteratura. Dopo il riconoscimento, si è impegnato soprattutto in campagne politiche e democratiche. Con lo spettacolo Marino libero! Marino è innocente! (1998), sorta di monologo con mimi e pupazzi in forma di arringa, ha proposto una lettura polemica del processo ad Adriano Sofri e ad altri esponenti di Lotta Continua per l'omicidio del commissario L. Calabresi. Nel 1999 ha creato Lu santo jullare Francesco, monologo sulla figura del santo di Assisi. Del 2003 è l'opera satirica L'anomalo bicefalo, e del 2007 Sotto paga, non si paga, rielaborazione di un testo degli anni Settanta. La sua decennale inventività figurativa, oltre a pupazzi e bozzetti di costumi per i suoi spettacoli, ha prodotto disegni, caricature, acquerelli, ritratti, tavole e fumetti, dal segno personalissimo e di beffarda e sgargiante incisività. Da ricordare è anche la presenza di F. in spettacoli televisivi come per esempio Canzonissima nel 1962. Oltre a Le commedie (6 voll., 1974-84), ha pubblicato anche il Manuale minimo dell'attore (1987). Gli è stata assegnata la laurea honoris causa dall'università della Sorbona di Parigi (2005) e dall'università La Sapienza di Roma (2006). F. ha inoltre continuato a essere molto attivo in campo politico e sociale: nel 2006 alle elezioni comunali di Milano ha presentato una propria lista (Uniti con Dario Fo), venendo eletto consigliere comunale; tuttavia dopo pochi mesi ha rinunciato al mandato. Negli ultimi anni F. ha portato in scena diversi spettacoli, come l’inedito Sant’Ambrogio e l’Invenzione di Milano (2009) e Monologhi di Franca Rame e Dario Fo (2011); nel 2011 ha curato la regia de Il barbiere di Siviglia (Teatro Massimo Bellini di Catania). Cospicua anche la produzione letteraria; tra le pubblicazioni più recenti si ricordano: Il mondo secondo Fo. Conversazione con Giuseppina Manin (2007), Giotto o non Giotto (2009), L’osceno è sacro (2010), Arlecchino (2011), Dio è nero! Il fantastico racconto dell'evoluzione (2011), Il paese dei misteri buffi (con G. Manin, 2012); i suoi primi romanzi, entrambi del 2014, La figlia del papa, sulla vita di Lucrezia Borgia, e Ciulla, il grande malfattore (con P. Sciotto), storia di Paolo Ciulla, il pittore anarchico siciliano che produsse le sue banconote da 500 lire, beffando la Banca d’Italia. Nel 2012 è stata allestita al Palazzo Reale di Milano la mostra Dario Fo a Milano. Lazzi, sberleffi, dipinti, in cui l'artista fa della pittura un veicolo alternativo di satira politica, mentre è del 2014 la riscrittura in una nuova versione dal titolo Lu santo jullàre Françesco del lavoro del 1999, portata sulla scena teatrale ed edita nel volume omonimo nello stesso anno, e dell'anno successivo il romanzo storico su Cristiano VII C'è un re pazzo in Danimarca. Nel 2015 ha pubblicato il Nuovo manuale minimo dell'attore e Storia proibita dell'America, e sono dell'anno successivo il romanzo Razza di zingaro, tratto dalla vera storia del pugile sinti Trollmann, e Dario e Dio (con G. Manin), in cui affronta i temi della fede e della religiosità. Per i suoi 90 anni l'Archivio di Stato di Verona ha aperto un museo-laboratorio, il Musalab, dedicato al premio Nobel e a F. Rame. (Treccani)

1 commento:

  1. Grazie a Dario Fo ho capito la differenza tra demagogia e populismo. Dario Fo era un populista e ogni politico che si rispetti dovrebbe esserlo. Quale altro pensiero dovrebbe avere un politico se non le ragioni del popolo? Grazie a Dario Fo ho scoperto che non mi devo vergognare di essere un populista, pur non essendo io un politico.

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