02 marzo 2017

R. PANZIERI, VECCHIA E NUOVA CINA

Pechino, La Città Proibita

Tra il settembre e l'ottobre del 1955 una piccola, ma importante delegazione del Partito Socialista Italiano si recò in visita in Cina. C'erano il segretario, Pietro Nenni, con la moglie Carmen e la figlia Luciana, Raniero Panzieri, responsabile della commissione culturale del partito, e Vincenzo Ansarelli in qualità d'interprete. Benché Nenni viaggiasse a titolo personale c'era in quella visita qualche segnale di disgelo anche da parte della Repubblica Italiana. Prima della partenza egli aveva incontrato il presidente della Repubblica Gronchi, il presidente del consiglio Segni e il ministro degli Esteri Martino, il che aveva suscitato polemiche da parte della destra. In Cina ebbe peraltro incontri politici al più alto livello, con il presidente Mao Tse Tung e con il primo ministro Chou En Lai. Tredici anni più tardi, da ministro degli Esteri nel governo Rumor, Pietro Nenni avrebbe aperto trattative formali per l'apertura di relazioni diplomatiche con la Cina comunista, che si conclusero positivamente nel 1970. L'Italia svolse nell'occasione un ruolo di battistrada rispetto alle altre nazioni occidentali.
Sul viaggio, oltre ai preziosi appunti nei diari di Pietro Nenni, fornisce notizie un articolo di Raniero Panzieri, pubblicato sul numero di novembre 1955 di Mondo Operaio (Note di un viaggio in Cina). Panzieri, peraltro, vergava nel corso della visita appunti personali, che furono pubblicati postumi con il titolo Diario cinese, del quale è già presente in questo blog un brano dedicato a Chou En Lai (http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2013/01/cel-comunista-moderno-giovane-forse-un.html). Qui riprendo il breve, ma molto sugoso, resoconto della visita della delegazione italiana alla cosiddetta Città Proibita, già sede del potere imperiale. (S.L.L.) 

Il miracoloso legame tra la vecchia e la nuova Cina

 Raniero Panzieri, 1955

Giovedì 6 ottobre.


Visita alla Città proibita, immensa, ora in parte sede del governo popolare, in parte museo, in parte bellissimo parco. Il direttore che ci accompagna è un tipo di intellettuale raffinato, vecchio stile, che a noi richiama l’immagine banale del mandarino. Alla fine della visita, quando ci spiegherà che cosa ha dovuto fare il governo per mettere in ordine la Città e il museo, quando ci dirà con lunghissime pause la depredazione e la devastazione compiute da Chiang Kai-shek, rivelando nello stesso tempo una forte e fine cultura storica e artistica, un gusto appassionato per l’arte cinese classica, ci rappresenterà ancora una volta il miracoloso legame della vecchia e della nuova Cina.



Purtroppo le opere di pittura, i bronzi, le porcellane, le giade, gli avori, quasi tutto è stato portato via da C. K. S. Il governo popolare sta ricomprando le opere quando e dove può, in America soprattutto. Vi sono tuttavia cose molto belle, una pittura soprattutto su seta, della dinastia Chang, lunghissima, con scene della vita in campagna e in città, che rivela una specie di fortissimo Bruegel. E dovunque, nella pittura in particolare, senti anche nelle opere di corte più stilizzate un’arte forte, piena di carica intellettuale e satirica, un’arte la cui raffinatezza non è quasi mai astratto bizantinismo. Ritrovi dappertutto nell’arte cinese il segreto dell’opera di Pechino, di uno spettacolo sviluppatosi all'ombra della Città proibita, sotto la protezione della corte, e tuttavia profondamente legato all’anima della nazione, impregnatissimo, e talora quasi apertamente espressivo di un atteggiamento di ribellione popolare ( gli eroi, la giustizia, la vendetta). E il profondo legame dell’arte figurativa, anche nelle arti minori, della decorazione, e dell’architettura con il paesaggio cinese, con la natura, è la conferma del suo carattere profondamente realistico.



Pomeriggio, visita nella via degli antiquari e ovvie scoperte. Liang è un amatore e ci spiega come questo sia il momento migliore per comprare cose antiche.



Visita alla stamperia d’arte. Ancora un simbolo della ricerca del governo popolare di riportare alla luce tutte le tradizioni artistiche e culturali, ma una ricerca in cui non c’è nulla di sforzato, di retorico, di propagandistico. In questo caso non ha fatto che fornire un aiuto e soprattutto valorizzare un artigianato artistico che stava per perire.

In Raniero Panzieri, L'alternativa socialista, Scritti scelti 1944-1956, Einaudi 1982

 

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