06 agosto 2018

LA MADONNA DELLA NEVE






Masolino da Panicale, Miracolo della neve

Il 5 agosto del 352 d.C. Una fitta nevicata coprì Roma. Il fenomeno colpì tanto i romani che papa Liberio fece edificare una grande chiesa (Santa Maria Maggiore) e istituì la festa della Madonna della neve. Visto il caldo di questi giorni, una ripetizione del miracolo sarebbe benvenuta anche per i laici.
Guido Araldo
Nostra Signora delle Nevi (Madonna della Neve)
Il 5 agosto dell’anno 352 nevicò a Roma e i suoi abitanti trovarono imbiancati, all’alba, i sette colli: testimonianza di un’annata sicuramente straordinaria, con gravissime conseguenze per l’agricoltura. Ovviamente a tale impressionante anomalia meteorologica furono collegati vari sogni premonitori, miracolosi. Un patrizio romano di nome Johannes senza prole, in sintonia con la moglie fervida credente, aveva deciso di dedicare una chiesa alla Vergine Maria e la Madonna, apparsagli in sogno, gli disse che sarebbe nevicato sul luogo dove avrebbe dovuto costruire la nuova chiesa. Anche papa Liberio fece lo stesso sogno e il giorno seguente, recatosi sull’Esquilino incredibilmente ammantato di neve all’inizio di agosto, tracciò il perimetro della nuova chiesa che prese nome di Santa Maria “Liberiana”, popolarmente “ad Nives”; ora basilica di Santa Maria Maggiore. Un culto risalente agli albori del cristianesimo. Chissà cosa accadrebbe oggi se nevicasse a Roma e in tutta Italia all’inizio di agosto. Chissà, forse gli speaker televisivi salirebbero sulle sedie.
Presso i Greci, e prima ancora presso i Minoici e i Micenei, la dea delle nevi era Chione, che finì per identificarsi in Diana - Artemide presso i Romani: la divinità della notte e, anche, della stagione invernale profondamente radicata nell’archetipo dei popoli sulla sponda settentrionale del Mediterraneo. Chione, in greco, significa neve e, considerato il culto che la riguardava, forse non fu un caso se nel Medioevo figurava tra le regine delle streghe.
Il mito vuole che fosse nipote di Borea, il terribile vento del Nord: la tramontana che porta l’inverno e ghiaccia i torrenti. Sposò dapprima il dio del Sole, poteva essere diversamente? Con il trionfo del sole-Apollo nel cielo il nonno Borea si ritira, lasciando il campo allo Zefiro. In seguito Chione andò in sposa a Hermes, l’araldo degli Dei che, appena la vide, sedotto da tanta nivea bellezza, l’addormentò con la bacchetta magica in grado d’infondere il sonno e con lei si accoppiò. L’unica colpa di Chione, dai candidi capelli, fu proprio quella d’essere bellissima poiché un giorno, incauta, si vantò d’esser più avvenente della stessa dea Artemide che, furente, la trafisse con una freccia. Tale fu il dolore di suo padre che si gettò dalla cima del Parnaso, ma Apollo accorse a sorreggerlo e lo trasformò in uno sparviero e Chione finì per identificarsi con la dea delle nevi.
Il culto di Nostra Signora delle Nevi o più semplicemente la Madonna della Neve era particolarmente diffuso in tutta l’Europa e per certi versi è straordinario che non esistano, a quanto mi è noto, raffigurazioni della Madonna tra la neve.
    Jacopo Zucchi, Miracolo della neve
A Saliceto, la festa della Madonna della Neve ricorreva la prima domenica di agosto e chiudeva il ciclo del grano, ormai sicuro nei granai o nelle burle: covoni disposti in cerchio uno sull’altro a formare un alto e tozzo cono, simili a pagliai, in attesa della trebbiatura. In occasione di questa festa l’intero paese si trasferiva sulla collina a meridione, attorno alla bella chiesa barocca della Madonna della Neve, poggiante su fondamenta antichissime poiché situata lungo l’antica strada “della Riviera”. I festeggiamenti si concentravano in due momenti: la messa solenne mattutina e un grande pasto collettivo nei prati circostanti. Gli osti del borgo vi si trasferivano con padelle e marmitte su grandi carri trainati da buoi dalle lunghe corna (qualcosa di atavico, che personalmente ho assaporato).
Prima della santa Messa, vi si teneva un rito antico che si portò via la “grande guerra”: quella del ’15-’18 che cambiò il mondo, com’era solito dire mio padre. Si trattava di un rito pagano: la pesatura dei bambini nel piccolo coro e la corresponsione all’arciprete, in sacchetti depositati davanti all’altare, del grano appena mietuto, in base al loro peso. La pesatura dei bambini con le stadere usate per i sacchi di grano era, in realtà, un rito propiziatorio pagano, durante il quale venivano recitate preghiere che invocavano la protezione della Madonna sui pargoli, in cambio dell’offerta del prezioso grano, come avveniva un tempo con le divinità pagane, a cominciare da Annona. Un rito antichissimo di cui si ha testimonianza in area mesopotamica ai tempi di Babilonia.
A raccontarmi “la storia” della pesatura dei bambini fu il cugino di mio padre, noto con il soprannome di Pinu Maìen, derivante da Pinu mäch-ìen ovvero Giuseppe soltanto uno, poiché figlio unico: situazione rara a cavallo tra i secoli XIX e XX. E ancora oggi i suoi discendenti sono soprannominati ‘d maìen. Veniva sempre a farci visita in occasione delle feste più importanti: i dì d’ märca (i giorni di marca). Pinu scendeva dal Mu, l’antico Mororum (dei gelsi) attestato da una pergamena del 1442, in compagnia della moglie Neta, che aveva sempre un pensiero gentile per me bambino, portandomi qualche dolce casereccio, cotto al forno del “Quartiere del Mor”.
(Da: Guido Araldo, Mesi Miti Mysteria)

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