Masolino da Panicale, Miracolo della neve
Il 5 agosto del 352
d.C. Una fitta nevicata coprì Roma. Il fenomeno colpì tanto i romani
che papa Liberio fece edificare una grande chiesa (Santa Maria Maggiore) e istituì la festa della
Madonna della neve. Visto il caldo di questi giorni, una ripetizione del miracolo sarebbe benvenuta anche per i laici.
Guido Araldo
Nostra Signora delle
Nevi (Madonna della Neve)
Il 5 agosto dell’anno
352 nevicò a Roma e i suoi abitanti trovarono imbiancati, all’alba,
i sette colli: testimonianza di un’annata sicuramente
straordinaria, con gravissime conseguenze per l’agricoltura.
Ovviamente a tale impressionante anomalia meteorologica furono
collegati vari sogni premonitori, miracolosi. Un patrizio romano di
nome Johannes senza prole, in sintonia con la moglie fervida
credente, aveva deciso di dedicare una chiesa alla Vergine Maria e la
Madonna, apparsagli in sogno, gli disse che sarebbe nevicato sul
luogo dove avrebbe dovuto costruire la nuova chiesa. Anche papa
Liberio fece lo stesso sogno e il giorno seguente, recatosi
sull’Esquilino incredibilmente ammantato di neve all’inizio di
agosto, tracciò il perimetro della nuova chiesa che prese nome di
Santa Maria “Liberiana”, popolarmente “ad Nives”; ora
basilica di Santa Maria Maggiore. Un culto risalente agli albori del
cristianesimo. Chissà cosa accadrebbe oggi se nevicasse a Roma e in
tutta Italia all’inizio di agosto. Chissà, forse gli speaker
televisivi salirebbero sulle sedie.
Presso i Greci, e prima
ancora presso i Minoici e i Micenei, la dea delle nevi era Chione,
che finì per identificarsi in Diana - Artemide presso i Romani: la
divinità della notte e, anche, della stagione invernale
profondamente radicata nell’archetipo dei popoli sulla sponda
settentrionale del Mediterraneo. Chione, in greco, significa neve e,
considerato il culto che la riguardava, forse non fu un caso se nel
Medioevo figurava tra le regine delle streghe.
Il mito vuole che fosse
nipote di Borea, il terribile vento del Nord: la tramontana che porta
l’inverno e ghiaccia i torrenti. Sposò dapprima il dio del Sole,
poteva essere diversamente? Con il trionfo del sole-Apollo nel cielo
il nonno Borea si ritira, lasciando il campo allo Zefiro. In seguito
Chione andò in sposa a Hermes, l’araldo degli Dei che, appena la
vide, sedotto da tanta nivea bellezza, l’addormentò con la
bacchetta magica in grado d’infondere il sonno e con lei si
accoppiò. L’unica colpa di Chione, dai candidi capelli, fu proprio
quella d’essere bellissima poiché un giorno, incauta, si vantò
d’esser più avvenente della stessa dea Artemide che, furente, la
trafisse con una freccia. Tale fu il dolore di suo padre che si gettò
dalla cima del Parnaso, ma Apollo accorse a sorreggerlo e lo
trasformò in uno sparviero e Chione finì per identificarsi con la
dea delle nevi.
Il culto di Nostra
Signora delle Nevi o più semplicemente la Madonna della Neve era
particolarmente diffuso in tutta l’Europa e per certi versi è
straordinario che non esistano, a quanto mi è noto, raffigurazioni
della Madonna tra la neve.
Jacopo Zucchi, Miracolo della neve
A Saliceto, la festa
della Madonna della Neve ricorreva la prima domenica di agosto e
chiudeva il ciclo del grano, ormai sicuro nei granai o nelle burle:
covoni disposti in cerchio uno sull’altro a formare un alto e tozzo
cono, simili a pagliai, in attesa della trebbiatura. In occasione di
questa festa l’intero paese si trasferiva sulla collina a
meridione, attorno alla bella chiesa barocca della Madonna della
Neve, poggiante su fondamenta antichissime poiché situata lungo
l’antica strada “della Riviera”. I festeggiamenti si
concentravano in due momenti: la messa solenne mattutina e un grande
pasto collettivo nei prati circostanti. Gli osti del borgo vi si
trasferivano con padelle e marmitte su grandi carri trainati da buoi
dalle lunghe corna (qualcosa di atavico, che personalmente ho
assaporato).
Prima della santa Messa,
vi si teneva un rito antico che si portò via la “grande guerra”:
quella del ’15-’18 che cambiò il mondo, com’era solito dire
mio padre. Si trattava di un rito pagano: la pesatura dei bambini nel
piccolo coro e la corresponsione all’arciprete, in sacchetti
depositati davanti all’altare, del grano appena mietuto, in base al
loro peso. La pesatura dei bambini con le stadere usate per i sacchi
di grano era, in realtà, un rito propiziatorio pagano, durante il
quale venivano recitate preghiere che invocavano la protezione della
Madonna sui pargoli, in cambio dell’offerta del prezioso grano,
come avveniva un tempo con le divinità pagane, a cominciare da
Annona. Un rito antichissimo di cui si ha testimonianza in area
mesopotamica ai tempi di Babilonia.
A raccontarmi “la
storia” della pesatura dei bambini fu il cugino di mio padre, noto
con il soprannome di Pinu Maìen, derivante da Pinu mäch-ìen ovvero
Giuseppe soltanto uno, poiché figlio unico: situazione rara a
cavallo tra i secoli XIX e XX. E ancora oggi i suoi discendenti sono
soprannominati ‘d maìen. Veniva sempre a farci visita in occasione
delle feste più importanti: i dì d’ märca (i giorni di marca).
Pinu scendeva dal Mu, l’antico Mororum (dei gelsi) attestato da una
pergamena del 1442, in compagnia della moglie Neta, che aveva sempre
un pensiero gentile per me bambino, portandomi qualche dolce
casereccio, cotto al forno del “Quartiere del Mor”.
(Da: Guido Araldo, Mesi
Miti Mysteria)
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