22 gennaio 2021

PIETRO CLEMENTE RICORDA GRAMSCI

 







Mi ha particolarmente colpito e commosso questo straordinario ritratto che il prof. Pietro Clemente ha fatto oggi di Antonio Gramsci. (fv)


BUON COMPLEANNO GRAMSCI
Buon compleanno Nino
Così penso gli abbiano detto i suoi compagni a Livorno, dove Nino era stato tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia. Aveva compiuto trent’anni il giorno dopo. Penso a lui in questi giorni perché lo leggo e rileggo, in occasione di due incontri che gli dedichiamo il 23 gennaio alle 14, e il 29 gennaio alle 17 sulla pagina face book “Distanti ma uniti. Casa Sardegna on line”. Tra circoli dei sardi e Istituto storico della resistenza senese ( ho allegato le locandine). Oggi Gramsci compie 130 anni. Ed è giusto ricordarli perché la sua memoria va ben oltre la vita che finì a 46 anni. Sono i suoi scritti e le sue vicende che rendono la sua vita più lunga dei due secoli che traversò. Viva come non mai nel nuovo millennio. Forse perché non si è lasciato mai imbalsamare.
Per chi come me è stato un giovane militante sardo, Gramsci è un pezzo di biografia. Nella età operaista amavamo il Gramsci dei Consigli di fabbrica, ma non quello dei Quaderni. Quando poi si fece in Sardegna una specie di compromesso storico che aveva al centro un ‘Gramsci sardo’ , io me ne scostai, quasi inorridito.
Ma da antropologo lo studiai nella lezione di Alberto Mario Cirese con al centro i Quaderni dal carcere. Anni a riflettere sul folklore, la cultura popolare, il senso comune e l’egemonia. Il libro più studiato in Italia per gli esami di antropologia e tradizioni popolari era ‘Cultura egemone e culture subalterne’: un omaggio a Gramsci. Con Cirese in Messico nei primi anni ’80 si parlò di Gramsci a giovani colleghi e studenti che lo trovavano adatto alla loro lotta contro il dominio culturale dei ‘gringos’. Poi Gramsci decadde dal nostro mondo di studi. Forse per eccesso d’uso, per essere stato usato come un collante per ogni frattura o un solvente per ogni nodo. Ce lo riportò a casa il mondo. Tornò, riletto e rilanciato dalla cultura filosofica francese, da quella sociologica inglese, da dove era poi schizzato ad influenzare gli studi indiani e quelli degli USA (Edward Said, un palestinese americano e gramsciano a modo suo) mentre in America latina era già presente da tempo anche in chiave politica. Nel 1997 e nel 2007, due decennali della morte, Nino fu accolto nella sua terra come un trionfatore dimenticato che torna. Nel 2007 a Nuoro lo ricordammo con Cirese e Baratta, all’insegna di ‘Gramsci ritrovato’. La sua opera di scrittura, felicemente salvata dalla cognata Tatiana, ma fatta conoscere pezzo a pezzo, con una certa dose di occhiuto governo del dicibile , sembra ormai in continua ebollizione. Ed è in questo tempo ultimo che, dopo avere vissuto Gramsci come una mente, un pensiero, una scrittura, ho scoperto Gramsci come un corpo, una storia di sofferenza e di amore. Grazie anche al lavoro “Gramsciart” di Francesco Del Casino scultore e muralista, ai libri di Noemi Ghetti, ricchi di inedite tracce biografiche, e tornando alla “Vita di Gramsci” di Fiori, che tanti anni fa avevo un po’ snobbato.
Così leggo e rileggo le sue lettere ora quasi tutte disponibili per iniziativa della Fondazione Gramsci. Mi colpisce la forza di quest’uomo che racconta le catene con le quali lo trascinavano negli spostamenti carcerari, che si trova a vivere il ‘mondo grande terribile’- che aveva affrontato da politico a viso aperto- ormai chiuso in un carcere, dove la malattia, i conflitti politici nel PCd’I clandestino, le difficoltà a comunicare con la fragile moglie, la distanza dei figli (uno dei quali non vide mai), il timore che qualcuno a fin di bene chiedesse per lui la grazia a Mussolini, lo isolano e minacciano. Oppresso da tutto questo e sempre più gracile fisicamente Antonio rivendica la forza che ha sempre avuto, in compagnia di una solitudine cui si è lungamente addestrato da ragazzo, e costruisce trame di un significato complesso che rilegge la storia d’Italia tra esperienza politica e conoscenza storica. Un Gramsci solo e malato che scrive alla sorella, ai fratelli, alla moglie, alla cognata - che sarà per lui sorella, amica, ‘segretaria di produzione’ di ogni necessità e conforto affettivo - e che ha la forza di ricostruire la storia della modernità e al tempo stesso tessere le trame di una paternità negata, che per lui è solo di desiderio. Nella tempesta del mondo e della sua condizione umana sembra quasi che la sua penna governi i flutti, e che il dramma dell'Europa oppressa taccia quando Antonio scrive a suo figlio, ai suoi figli, creando con la scrittura un’isola che non c’è. L’isola sognata in cui Nino è padre, ed insegna ai suoi bimbi ad affrontare il mondo e la vita. Un’isola che Francesco Del Casino ha fatto esistere in alcune sculture di ceramica ricomponendo la triade spezzata di una famiglia che non ebbe modo di esistere ma la cui forza di relazione è viva nelle lettere di Gramsci.
Così conoscendo e riconoscendo questo Gramsci ‘persona’, essere umano, scrittore nella tempesta, me la sono sentita di chiamarlo Nino, come fossi un suo familiare. Come di fatto sono stato perché la sua alata e amichevole compagnia ha contrassegnato praticamente la mia vita adulta dai 20 ai quasi 80 anni. Buon compleanno Nino. E grazie

Pietro Clemente, 22 gennaio 2021

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