Una vergogna italiana:
non che ci siano medici obiettori (che nel caso dell'aborto crediamo
accettabile il caso di coscienza, anche se poi ci sono obiettori nel
pubblico abortisti in privato), ma che lo Stato (laico e non
confessionale) non garantisca comunque i diritti sanciti per legge di
tutte le cittadine.
Massimo Gramellini
Obiezione di
incoscienza
Non sappiamo ancora cosa
sia veramente successo nel reparto di ginecologia dell’ospedale
Cannizzaro di Catania, dove una donna incinta di due gemelli è morta
dopo l’estrazione dei feti senza vita. I genitori e il marito
giurano che il medico di turno, obiettore di coscienza, si sarebbe
rifiutato di intervenire, nonostante la paziente si dibattesse tra
sofferenze atroci. Avrebbe sostenuto di non potere fare nulla per lei
«finché i cuori dei bambini non avessero smesso di battere». Ma
ciò che sappiamo per certo è che in quel reparto lavorano dodici
medici e tutti e dodici si dichiarano obiettori. Il dato nazionale
non è molto inferiore: ottantacinque su cento. Se la società
vantasse una simile percentuale di cattolici infervorati, le chiese
sarebbero stracolme di fedeli e le messe domenicali si celebrerebbero
negli stadi.
Invece la coscienza di molti di questi obiettori risulta essere ispirata a più prosaiche considerazioni economiche. Prova ne è che una primaria di ginecologia del San Camillo di Roma raccontò che quattro di loro, per prenderne il posto durante una sua malattia, si affrettarono a firmare un foglio in cui rinunciavano all’obiezione. Ma non solo la coscienza è elastica. Anche la memoria. Quando una donna viene ricoverata dopo una violenza si ricordano di sottoporla all’esame per l’Aids, ma si dimenticano quasi sempre di somministrarle la pillola del giorno dopo. Sarebbe piacevole vivere in un Paese dove una donna che entra in un ospedale pubblico non fosse costretta a preoccuparsi della fedina morale del medico che ha di fronte.
La Stampa – 22 ottobre
2016
Nessun commento:
Posta un commento